Lanfranco Vaccari, SportWeek 1/3/2014, 1 marzo 2014
IL RE DEL BOB USA NASCE DA UN MANCATO SUICIDIO
Il caso e la fortuna hanno portato Steven Holcomb a eguagliare le tre medaglie olimpiche di Patrick Martin, fino a Sochi l’atleta più vincente nella storia del bob americano. Nasce a Park City, Utah, uno dei due posti negli Stati Uniti con una pista (l’altro è Lake Placid). Nel 1998 vede un bob su un pickup. Ha 18 anni e gli viene voglia di provare. Fa le selezioni e arriva ottavo, ultimo risultato buono per entrare nella nazionale B. Gli preferiscono il nono, ha più esperienza. Poi però uno dei laterali (quelli che spingono) si infortuna. Lo richiamano e si guadagna un posto nell’equipaggio di Usa II.
Un infortunio al tendine del polpaccio gli fa saltare i Giochi di Salt Lake City. Per partecipare in qualche modo all’evento organizzato nella sua città, impara a guidare un bob e diventa pilota collaudatore della pista.
Nello stesso periodo cominciano i problemi alla vista. Lo operano con il metodo lasik, ma le cose peggiorano. Impara a memoria la disposizione delle lettere per i test oculistici. Nessuno scopre l’imbroglio. «Riconoscevo le persone solo dal tono di voce», ha scritto nell’autobiografia, uscita un anno e mezzo fa.
Alla guida del bob, continua a migliorare. Lo conduce con istinto e sensibilità. A Torino 2006 è 6° nel bob a quattro e 14° in quello a due. In Coppa del Mondo, nelle due stagioni successive, ottiene 8 vittorie e 9 podi.
Ma quando non è in pista, sta chiuso in casa o in albergo. È depresso. Si sente colpevole di mettere in pericolo la vita di quelli che corrono con lui. Una notte, prima della stagione 2008-2009, ingurgita 73 pillole e mezza bottiglia di Jack Daniels. Contrariamente alle sue aspettative, si risveglia 12 ore dopo: «Non ero disperato, ma sorpreso», ha scritto. «Non sapevo per quale miracolo non avesse funzionato. Ma capivo che avevo una seconda possibilità». Finalmente gli diagnosticano un cheratocono, malattia degenerativa, a entrambi gli occhi. È legalmente cieco. Decine di specialisti gli consigliano un intervento alle cornee: anche se fosse riuscito, niente Vancouver 2010. Poi incappa nel dottor Brian Boxer Wachler. In 20 minuti, prima con una vitamina che reagisce a una certa lunghezza d’onda di luce e poi con l’impianto di lenti dietro gli iridi, gli ridà una vista di 20/20.
Curiosamente, però, le cose vanno peggio. Holcomb vede troppo: le linee degli altri piloti, la neve che cade, gli spettatori. Non si fa più guidare da sensibilità e istinto. È distratto. Ne viene fuori sporcandosi la visiera, in modo da percepire il meno possibile. Dal 2009 ha conquistato 5 ori e altrettanti bronzi ai Mondiali. Ma soprattutto l’oro nel bob a quattro a Vancouver, 62 anni dopo l’ultima vittoria americana. E il bronzo in quello a due a Sochi, 62 anni dopo l’ultima medaglia degli Stati Uniti nella specialità (oltre a un altro bronzo nel quattro). Ha detto: «Se c’è qualcosa che non riuscite a vincere da 62 anni, fatemelo sapere; magari vi posso aiutare».