Simona Tobia, Panorama 6/3/2014, 6 marzo 2014
LA CURA CHE HA SPINTO LA SPAGNA A SUPERARCI
La scelta di austerità severa, in Spagna, sembra iniziare a dare i suoi frutti. Il pil è cresciuto, per quanto meno rispetto alle aspettative, per due trimestri consecutivi (+0,1 per cento nel terzo quarto del 2013, +0,2% nel quarto). Per i libri contabili (non per il paese, che ancora arranca) la recessione è terminata. Grazie a quali misure?
Finanze pubbliche. «Piccole e medie imprese hanno beneficiato del pagamento dei 2,7 miliardi di euro di debiti che lo stato aveva con loro» dice l’economista della Nebrija Business School Mario Cantalapiedra. Inoltre «le migliorie al sistema finanziario, alcune tiepide misure in appoggio agli imprenditori e un seppur debole controllo della spesa pubblica» si sono dimostrati fondamentali, ora che il debito pubblico spagnolo tocca il 93,4 per cento del pil.
Fisco. Sono aumentate alcune tasse, in particolare l’Iva, che è passata dal 18 al 21 per cento (dall’8 al 10 per cento quella ridotta), e l’imposta sul reddito delle persone, la stessa che il premier Mariano Rajoy dice di voler tagliare entro il 2015. Il controverso programma di amnistia fiscale ha fatto affiorare solo una minima parte dell’evasione.
Lavoro. Sono le misure più controverse: vanno dalla riduzione degli indennizzi per licenziamento all’introduzione di nuovi contratti per professionisti e per le piccole e medie imprese. Sono state snellite le procedure per cassa integrazione e licenziamenti. «Il costo del lavoro si sta riducendo» spiega Cantalapiedra «sia per effetto delle riforme sia perché le imprese stanno abbassando i salari»: una sorta di svalutazione interna, che ha un suo peso sociale ma che sta aumentando la competitività sui mercati esteri. Infatti le esportazioni, a dicembre, sono cresciute del 2,9 per cento.
Tagli alla spesa. Rajoy ha preso misure draconiane, che si sommano ai drastici tagli di 10 miliardi a sanità e istruzione: soppressione della paga extra natalizia ai funzionari (nel 2012), taglio di un terzo dei consiglieri comunali, riduzione del 20 per cento dei finanziamenti a partiti e sindacati, taglio di 600 milioni di euro alle spese ministeriali.
(Simona Tobia – da Madrid)