Carlo Antini, Il Tempo 6/3/2014, 6 marzo 2014
AL VALLE OKKUPATO PAGANO I ROMANI
Quasi tre anni di occupazione e circa tre milioni di euro di danni. A tanto ammontano i mancati incassi che il Teatro Valle ha accumulato dal 14 giugno 2011, da quando cioè è cominciata l’occupazione dello stabile da parte dei lavoratori precari dello spettacolo.
Oltre alla mancata vendita dei biglietti, però, c’è da considerare il danno provocato al cosiddetto indotto: diritti d’autore Siae, mancati pagamenti alle compagnie teatrali e ai vigili del fuoco. Solo per fare qualche esempio. E oltre al danno c’è la beffa. Da quasi tre anni il Comune di Roma continua a pagare le bollette della luce per consentire agli occupanti di proseguire le loro attività. Il tutto per un conto finale di circa 90 mila euro all’anno. «Il danno alla Siae è di 100 mila euro – spiega Salvatore Aricò, ex direttore del Teatro Valle ai tempi dell’Eti – Poi ci sono i 500 mila euro non dati alle compagnie teatrali e i 70 mila euro all’anno che venivano dati ai vigili del fuoco per garantire la sicurezza degli spettacoli».
Nonostante le mancanze, il Comune continua a spendere per le bollette della luce. Ma il pareggio di bilancio è una chimera che il Valle è riuscito perfino a onorare. «Tra costi e incassi qui si era quasi al pareggio – assicura l’ex direttore del Valle – In ogni caso, ogni eventuale disavanzo era una sorta di investimento. Erano soldi stanziati per la salvaguardia della cultura. Senza dimenticare che il Teatro Valle ha bisogno di essere pulito con prodotti particolari e tenuto a una temperatura ben precisa».
A lamentarsi è la Siae che rincara la dose sottolineando che «a parte il mancato pagamento del diritto d’autore – precisa la Società degli autori – agli occupanti del Teatro Valle si deve la totale “evasione fiscale, il mancato pagamento dei contributi previdenziali Enpals, la totale e assoluta mancanza di qualsivoglia misura di sicurezza per autori, tecnici e spettatori». Ogni volta che si mette in scena uno spettacolo, la legge prevede la presenza di un certo numero di vigili del fuoco, proporzionato alla quantità di pubblico presente in sala.
Com’è stato possibile tutto questo? Gli occupanti del teatro si sono inseriti in uno dei più classici e italici vuoti di potere. L’Eti era stato appena soppresso, quando Ministero e Comune di Roma stavano contrattando il passaggio dei poteri in favore del Campidoglio. Qualche incertezza di troppo, qualche fuga di notizie su un’ipotetica privatizzazione dello stabile e la frittata è fatta. L’occupazione dei precari doveva durare pochi giorni. E invece, dopo quasi mille giorni, sono ancora lì. Nonostante ne siano successe di tutti i colori: neonate e sperimentali Fondazioni, «benedizioni» di illustri giuristi, trasmissioni televisive in streaming, ordini del giorno alla Camera dei deputati e marchesi in causa che reclamano decine di migliaia di euro di arretrati per canoni d’affitto mai pagati.
giorni. Il prefetto di Roma Pecoraro decreta l’illegittimità della «Fondazione Teatro Valle Bene Comune» e la Digos non riesce a entrare nello stabile perché respinta da un gruppo di occupanti.
Cosa fanno Comune e Ministero? Il vecchio ministro Bray faceva il pesce in barile e il nuovo Franceschini non si è ancora espresso. In compenso lo ha fatto il suo premier Renzi parlando della virtuosa esperienza del Teatro La Pergola di Firenze. Qualche tempo fa abbiamo raccolto il parere dell’assessore alle Politiche culturali del Comune di Roma, Flavia Barca, che sembrava andare dritta verso la soluzione del problema. Sembrava. «Innanzitutto va ristabilita la legalità diceva la Barca Su questo punto sono già stata molto chiara. Il percorso degli occupanti verso la Fondazione non è un passo sufficiente a ristabilire la legalità. Incontreremo anche loro, come faremo con tutti gli altri operatori che ritengono il Teatro Valle uno spazio sottratto ad altre iniziative. Finora gli occupanti hanno fatto un’esperienza importante ma quel teatro va riportato al decoro e alla legalità».
Da quell’intervista sono passati altri cinque mesi. In quale altro Paese sarebbe possibile tutto questo?