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 2014  marzo 06 Giovedì calendario

BENTORNATO BONITTA “CACCIATO DALLE ATLETE ORA SARÒ PIÙ GENTILE”


Era ancora estate, quel giorno: 10 settembre 2006 a Reggio Calabria. Marco Bonitta è il ct delle ragazze del volley, ma ancora per poco. Non lo sopportano più le sue donne. La cosa è reciproca. Eppure insieme hanno vissuto quasi sei anni spericolati: l’unico oro mondiale nel 2002 a Berlino. Due argenti europei. Storia finita. Adesso i cuori bruciano. Per Piccinini e Lo Bianco è l’ultima guerra, battono Cuba 3-2 e si prendono il bronzo nel World Grand Prix. Poi mandano tutto all’aria, vogliono aria: licenziano l’allenatore. Chiedono la sua testa alla federazione, il presidente di allora Carlo Magri, lo stesso di adesso, accetta. A poche settimane dal mondiale in Giappone, sulla panchina arriva Massimo Barbolini. Otto anni dopo quel settembre rovente, Bonitta torna. Ha cinquant’anni, è di Ravenna. Sostituisce Marco Mencarelli, solo un anno in azzurro e un sesto posto agli europei.
Tutto dimenticato?
«Le storie dello sport sono come quelle tra le persone. Si sbaglia, si azzecca, si cresce, si matura. È la vita, no?».
Che a volte lascia amarezza.
«Fu un caso unico, è vero. Un gruppo che si solleva contro il proprio coach. E chiede ufficialmente che venga rimosso dal suo incarico. Richiesta che viene accettata. Esperienza eccezionale, ma necessaria».
Cosa intende?
«Che qualsiasi allenatore dopo tanto tempo nello stesso posto, con le medesime persone, perde stimoli. E anche il gruppo che guida non ne ha più. Io ero arrivato al capolinea e così loro. Nessuna ferita, tutto digerito e superato».
Davvero fu solo la stanchezza a separarvi?
«L’esaurimento reciproco. L’usura della fiducia. Eravamo tutti più giovani, meno formati. Avevamo bisogno di cambiare».
Un errore che si rimprovera, un episodio particolare?
«Forse con le donne bisogna parlare diversamente. Dopo il 2006 ho allenato i maschi: la nazionale juniores oro all’europeo 2012 e bronzo ai mondiali l’anno scorso. E nei club, come a Ravenna dove sto adesso e ringrazio. Se dici una cosa agli uomini, un appunto, un rimprovero, un consiglio, sai che viene interpretata in un certo modo. C’è forse meno metodo, ma più libertà. Con le ragazze devi trovare un altro linguaggio: più raffinato, sicuramente più gentile».
Fu accusato di essere un po’ brusco.
«Ho carattere, ma non ho mai voluto offendere nessuno. E comunque sono cresciuto anch’io e sono cambiato. Ripeto, per me è acqua passata. Anche il mio successore è andato via in Turchia con qualche attrito. Ma fa parte del gioco. Nessuna ruggine per quanto mi riguarda. All’epoca per me e per le ragazze che mi cacciarono fu un’occasione di rinascita».
Alcune della squadra di allora sarebbero ancora convocabili.
«Un’idea me la farò a partire dai prossimi giorni. La pallavolo femminile è molto cambiata, è più fisica, con giocatrici forti, alte, muscolari. Niente e nessuno è escluso, voglio un gruppo che sappia mischiarsi, per competenze, età, energie. Su alcuni nomi devo verificare, a partire dalla Lo Bianco, che aveva chiesto una pausa dalla nazionale. Devo capire quali sono i suoi accordi, come sta fisicamente, quali aspettative ha».
Mondiale in casa in autunno, i suoi obiettivi?
«Ambiziosi. Tornare in nazionale mi riporta indietro a molte emozioni. Mi mancano le sfide di alto livello, gli scenari importanti, le sfide stellari. A Berlino c’era molto pubblico nel 2002, ma sono un’altra cosa i nostri palazzetti pieni, i tricolori che sventolano. E poi ci sarà Rio 2016, un orizzonte che mi esalta. La mia terza Olimpiade, o dovrei dire sarebbe?».