Viktor Erofeev, la Repubblica 6/3/2014, 6 marzo 2014
IL MAR NERO DEGLI SCRITTORI
Benché si guardi alla Russia come a un paese freddo, connotato da inverni lunghissimi e fatali bufere di neve, la sua cultura, a differenza di quella finlandese o norvegese, è una cultura calda, affine a quella mediterranea. Questo grazie soprattutto al Mar Nero che bagna le rive meridionali della Russia, e in particolare della Crimea.
La costa subtropica della Crimea assomiglia a un bikini d’uva con il quale, un tempo, l’Impero copriva le proprie nudità. Lo splendido palazzo di Livadija, nei mesi più caldi dell’anno, fu residenza di Alessandro III e Nicola II, l’ultimo zar. Poco lontano dal palazzo degli zar c’era Yalta, località di villeggiatura allegra e decadente, piena di case in stile liberty e di fanciulle e giovani spensierati. Una cittadina assai perversa in cui spesso soggiornò un amante appunto di raffinate perversioni, Anton Cechov: vi ambientò La signora col cagnolino, uno dei suoi racconti migliori. Oltre a Cechov, a Yalta vissero Tolstoj, Gorkij, Stanislavskij e le attrici e gli attori del suo teatro.
Agli inizi del ’900, poi, si assiste a una corsa alla Crimea. Il villaggio preferito tra gli scrittori russi modernisti era un paesino bulgaro dal nome tataro Koktebel’, una sorta di Saint-Tropez dell’età d’argento della cultura russa. Come disse Andrej Belyj, veniva a visitare Koktebel’ il venticinque per cento di tutta l’élite culturale russa delle due capitali. I suoi esponenti abitavano nella dacia (o nei dintorni) di Maksimil’jan Vološin, un uomo grasso e barbuto, poeta, filosofo e primo nudista russo. A Koktebel’ la cultura russa si scatenava. Tra le celebrità qui si potevano incontrare Anna Achmatova, Michail Bulgakov, Marina Cvetaeva, Osip Mandel’štam e Aleksej Tolstoj.
Quando iniziò la Guerra Civile e il nudismo passò di moda, Maksimiljan Vološin si offrì di nascondere nella sua dacia Rossi e Bianchi, a turno, a seconda di chi fosse al potere. Quando la guerra ebbe fine, dopo che il poeta ne aveva denunciato gli orrori, la accolse a braccia aperte come il più ospitale dei padroni di casa. Negli anni ’20 del ’900, nel clima moderato degli anni sovietici della Nep, a Koktebel’ comparvero di nuovo le star della letteratura. La Russia tornava a scaldarsi, come un cane bagnato, sotto il sole di Koktebel’.
La tomba di Vološin si trova sulle montagne di Koktebel’, con vista sul Mar Nero. Il poeta non fu fucilato, ma all’inizio degli anni ’30 la collettivizzazione e altre nefandezze del potere sovietico lo influenzarono a tal punto da portarlo alla morte: ci ha lasciato una bellissima casa museo. Quando, morì anche Stalin, Koktebel’ cominciò a rinascere. In un bellissimo parco sempreverde fu costruita la Casa degli scrittori, che ospitò le star della nuova generazione di scrittori, i cosiddetti “sessantini”: Evegenij Evtušenko, Andrej Voznesenskij, Vasilij Aksenov. Anche per me diventò un luogo di culto.
Molti intellettuali russi hanno vissuto con preoccupazione la perdita della Crimea. Per un po’ a Koktebel’, Yalta e Sebastopoli, c’è stato il solito andirivieni di artisti, ma poi tutto è finito, senza un perché. Continuo a essere convinto che prima o poi ci potremo incontrare a Koktebel’ come i francesi e i tedeschi si incontrano in Alsazia. Ma i tempi non sono ancora maturi. Finché regnerà la mentalità militare di Putin, questo è impossibile. Abbiamo appena rischiato di precipitare in una guerra come in un lago di sangue proprio a causa dell’arretrata mentalità sovietica. E in Russia un’altra mentalità deve ancora nascere. A Kiev, come ha mostrato la recente rivoluzione ucraina, è già nata. Da noi, invece, c’è ancora un lungo inverno da superare.
Traduzione di Marco Dinelli