Michele Bocci, la Repubblica 6/3/2014, 6 marzo 2014
VECCHI FARMACI TRAVESTITI DA NUOVI COSÌ LE MULTINAZIONALI ALZANO I PREZZI
A volte basta un piccolo particolare, un milligrammo appena e via, un vecchio farmaco sul punto di diventare generico si trasforma in un prodotto nuovo di zecca, da vendere ovviamente a un prezzo adeguato. Big Pharma spinge continuamente verso il profitto e non fa prigionieri. Mette sul mercato medicine nuove, in grado di combattere malattie un tempo incurabili, ma anche doppioni travestiti da novità grazie a trucchi ormai noti ma difficili da neutralizzare, perché quasi sempre vengono rispettate le leggi. Non c’è bisogno di arrivare agli estremi del caso Avastin-Lucentis, basta molto meno per aumentare la spesa farmaceutica e quindi i fatturati. E poco male se vecchi medicinali ancora utili escono di produzione o molecole davvero innovative perdono il loro reale valore nel calderone di false o mezze novità.
Quel milligrammo ha regalato mesi di nuova giovinezza al Procaptan della Stroder, un farmaco efficace contro l’ipertensione. Quando il brevetto è scaduto e sono entrati sul mercato i generici a base del principio attivo perindopril, il produttore ha avuto un’idea. Ha cambiato i dosaggi da 4 e 8 milligrammi a 5 e 10, di fatto creando un nuovo farmaco. Così quando il medico scrive sulla ricetta Procaptan il paziente non può chiedere al farmacista il generico, come avviene per altri medicinali di marca con il brevetto scaduto, e il sistema sanitario spende 20,69 euro invece di 7,14. Proprio in questo periodo stanno entrando in commercio versioni “low cost” con il nuovo dosaggio del prodotto di marca.
Cambiare il peso è solo uno dei sistemi per continuare a vendere un farmaco ormai vecchio a prezzo alto. Altre tecniche prevedono la combinazione tra molecole diverse, che solo in alcuni casi può essere davvero utile per il paziente, oppure il cambiamento dei tempi di assorbimento dell’organismo, creando magari un effetto “retard”. Anche qui il risultato può non dare alcun beneficio ma solo influire sui costi. Il sistema forse più utilizzato è quello di mettere in commercio un nuovo farmaco molto simile a quello per cui sta scadendo il brevetto. Per ricominciare da capo, promuovendo al massimo solo il prodotto più recente e spingendo i medici a prescriverlo. È quello che è successo per il gabapentin e il pregabalin. Si tratta di due principi attivi molto simili che si usano contro il dolore neuropatico. Il primo è più vecchio, e quando il brevetto è scaduto il produttore, la Pfizer, ha messo sul mercato il secondo, ben più caro, organizzando campagne pubblicitarie martellanti e mettendo pure in piedi un sito insieme a medici di famiglia e Cittadinanzattiva che oggi non è più in rete. Il risultato? Lo ha scritto l’Aifa nel suo rapporto sul consumo dei farmaci del 2011: «Il pregabalin, farmaco antiepilettico utilizzato quasi esclusivamente nel trattamento del dolore neuropatico cronico, registra un costante aumento della prescrizione (+13,5%) e della spesa (+13,8%) nonostante dagli studi clinici emerga un’efficacia limitata e comunque non superiore a quella di farmaci meno costosi, come il gabapentin, prescritto in quantità molto inferiori ». Le cose, insomma, sono andate piuttosto bene.
Lo stesso percorso ha fatto, ormai molti anni fa e con un certo successo chi produceva (più aziende farmaceutiche) l’omeprazolo contro i problemi gastrici e poi ha messo sul mercato l’esomeprazolo, una molecola molto simile. Ma i casi sono tanti. Nel campo della psichiatria, ad esempio, c’è quello degli antidepressivi citalopram, più vecchio, e escitalopram (venduto da Lundbeck Italia e Recordati) che hanno la stessa molecola ma una configurazione diversa. Simile la vicenda delle statine, che contrastano il colesterolo. Via via che perdevano i brevetti venivano rimpiazzate da prodotti nuovi. Il meccanismo sta per incepparsi, perché l’ultimo farmaco di questa classe ad essere in esclusiva, ancora per poco, è la Rosuvastatina. E se non è possibile creare un nuovo medicinale per sostituire quello troppo vecchio si fanno manovre per ritardare i generici. È successo sempre alla Pfizer, multata dall’Antitrust per 10,6 milioni di euro per abuso di posizione dominante. La decisione è stata confermata il mese scorso dal Consiglio di Stato. Aveva ostacolato l’ingresso dei prodotti a basso costo per continuare a vendere il suo Xalatan contro il glaucoma.
Nella ricerca del fatturato, Big Pharma lascia indietro medicine che sarebbero ancora efficaci, come alcuni vecchi chemioterapici. Gli oncologi li richiedono perché possono funzionare per alcuni pazienti ma non riescono a reperirli. La scarsa domanda ha interrotto la produzione. Più volte si è parlato di produrli in strutture pubbliche in Italia, come l’Istituto farmaceutico militare di Firenze, ma i progetti non sono andati in porto. Una situazione che rischia di far perdere di vista, per assurdo la potenza innovativa di certi nuovi farmaci biologici, che vengono messi in commercio dopo studi che li confrontano al placebo e non alle vecchie molecole. L’inseguimento del profitto ha i suoi effetti collaterali.