Claudio Antonelli, Libero 6/3/2014, 6 marzo 2014
ECCO LE NOSTRE AZIENDE CHE COMPRANO ALL’ESTERO
È una lotta impari e la bilancia è costantemente a sfavore dell’Italia. Per fortuna la capacità delle nostre aziende di fare shopping all’estero resta viva. Dal primo gennaio 2008 a oggi le prede del tricolore sono state 340: eccole qui a fianco. Il valore complessivo è di 65 miliardi di euro scarsi. Quasi un rapporto di uno a due se si considera, come abbiamo visto nella puntata di ieri di questa inchiesta, che le aziende italiane acquisite da quelle straniere sono state 840, per una cifra di 101 miliardi. A spanne si arriva a 115, se si aggiungono i valori non dichiarati. I circa 65 miliardi di «spesa» oltreconfine sono tanti, ma nel 2001 il peso dell’Italia nel Mergers and acquisitions, l’indice che monitora le operazioni di finanza straordinaria (e quindi anche le acquisizioni) era del 3 per cento. Nel 2013 è sceso di due punti. A tenere ferma la barra restano dunque, come è ovvio sotto le spinte della globalizzazione, le big e le aziende che costantemente riescono a inglobare nuovi mercati esteri e ad assumere la taglia necessaria per passare da prede a conquistatrici.
SERIAL BUYER
Se venti anni fa il panorama delle acquisizioni era molto frastagliato, si è col tempo incanalato verso quelle aziende che in gergo si chiamano «serial buyer». Sono i compratori seriali, che riescono ad approfittare delle crisi di mercato per mettere mano sui concorrenti. Campari, ad esempio, ha preso nel 2009 in Giamaica la Lascelles de Mercado e nel 2012 negli Usa la Wild Turkey. Eni è stata la più attiva con una decina di acquisizioni. Luxottica e Recordati ne hanno portate a casa sette, investendo 276 milioni e 358 milioni. Amplifon, Gitech, Beretta sono altri gioiellini che all’estero macinano di anno in anno nuove posizioni. Marcolin (di proprietà del fondo PAI) ha comprato Viva (Usa) creando di fatto il terzo polo mondiale dell’occhialeria. Autogrill, il gruppo della famiglia Benetton, ha in passato conquistato Host Marriott Services (Hms), che gestisce Pizza Hut, Burger King e Starbucks. Con i risultati ottenuti, Gianmario Tondato Da Ruos ha consolidato la poltrona di ad e soprattutto ha dato il via a una delle più sostanziose operazioni nel settore del food & beverage. A marzo del 2008 Autogrill ha acquisito dalla spagnola Altadis. il restante 49,95% di Aldeasa portando al 99,9% la partecipazione nel capitale della società. Il valore complessivo riconosciuto alla controparte iberica è stato di circa 1 miliardo di euro. La singola operazione ha di fatto inglobato nella bandiera tricolore 3.000 dipendenti legati a 273 punti vendita in 44 aeroporti e 50 musei e spazi culturali in giro per il mondo.
Non stiamo parlando di casi isolati. La lista per fortuna non finisce qui. Nei giochi, Lottomatica si conferma leader di un mercato che vale 140 miliardi di euro anche grazie all’inglobamento di Gtech che a sua volta ha portato in dote o comunque consentito di accedere alla lotteria dell’Illinois.
Nel 2011 Brasile e Cile, grazie anche a un accordo con Acciona, sono entrati nel mirino di Atlantia, la cassaforte della famiglia Benetton.
I SETTORI FORTI
In generale, l’Italia resta forte nella chimica, nella farmaceutica e nell’industria connessa alle automobili. Un caso su tutti Fiat a Detroit. L’operazione, guidata da Sergio Marchionne e criticata da parte del mondo politico perché ha portato il baricentro dell’ex Lingotto fuori dall’Ita lia, ha anche fatto da leva per altre operazioni. Decisamente più piccole, ma in grado di creare una nuova filiera. Il numero di acquisizioni nel settore automotive è infatti costante nel tempo.
Da segnalare altri due comparti nei quali la bandiera tricolore è stata più volte issata all’estero. In quello dei media e dell’energia. Nel primo, il player anche se fuori dal periodo in considerazione è stato Mediaset. Da Endemol, la casa olandese di produzione di format, fino alle ultime acquisizioni, Digital e Cuatro, che, con Telecinco, hanno fatto del gruppo il principale operatore televisivo in Spagna. La storia di Endemol ha più bassi che alti, ma qui siamo a elencare semplicemente le conquiste. Dunque possiamo aggiungere all’elenco lo shopping francese (territorio molto chiuso agli investitori italiani) di Mondadori e Rcs. I conti di quest’ultima sono ormai di dominio pubblico, ma non stiamo a entrare nel merito e nella validità delle operazioni. Il discorso, infatti, meriterebbe almeno un altro articolo.
IL NODO ENERGIA
Diverso invece è l’andazzo del secondo comparto; quello dell’energia. Qui nel 2011 l’Italia ha vinto più di una partita a scacchi. Enel con Endesa ed Eni (già citata prima) con i francesi di Altergas e i belgi di Distrigas. Passando alla Difesa, non va dimenticata nel 2008 l’operazione che per 5,2 miliardi di dollari ha permesso a Finmeccanica di acquisire l’americana Drs Technologies, sebbene ancora oggi se ne portino le conseguenze a livello di indebitamento. Nello stesso periodo si può segnalare lo strappo di Prysmian, già Pirelli cavi, con il quale ha sottratto la olandese Draka ai cinesi.
A parte i picchi in valore del 2011 appare chiaro che a partire dal 2008 il numero di acquisizioni italiane all’estero è andato diminuendo. Tra il 2000 e il 2007 la media dello shopping tricolore è stata di circa 100 miliardi di euro all’anno. Negli anni successivi è scesa di cinque volte. Ecco perché adesso ci stupiamo quando le cronache portano alla ribalta le nostre conquiste. Nel 2012, Datalogic di Bologna che già nel 2010 aveva comprato la Evolution Robotiscs Retail, società di Los Angeles è diventata proprietaria della Accu-Sort system sempre battente bandiera Usa. Buzzi Unicem ha incorporato la tedesca Dyckerhoff. Recordati la russa Zao Akvion. È tornata a casa Mv Augusta, prima venduta ad azienda straniera e poi riacquistata da un’impresa italiana. Speriamo che, sapendo aspettare, non sia un caso isolato e sempre più holding possano riportare sul territorio aziende cedute agli stranieri. Ci vorrà, però, molta pazienza.