Tonia Mastrobuoni, La Stampa 6/3/2014, 6 marzo 2014
“LA DEUTSCHE VITA” STORIE DI ITALIANI A BERLINO
Ci sono quelle finte, ma dichiarate, la pizzeria «italo-azera», «italo-turca», persino quella «italo-cinese», e quelle che strillano «Bella Italia» dall’insegna ma il proprietario ammette ridendo di non sapere una parola di italiano. Poi ci sono le pizzerie vere, dove c’è l’italiano che ti racconta che tanti anni fa Berlino è stata una meta casuale, che lui in realtà puntava a Parigi. Oppure c’è n’è un altro che ti spiega che «è come la carta per le mosche», ci resti appiccicato e spesso non sai neanche come ci sei finito. Ma cos’è che ci attira davvero nella capitale tedesca ormai da decenni, soprattutto dallo scoppiare della Grande crisi? Alessandro Cassigoli e Tania Masi hanno provato a dare una risposta assolutamente personale a questo interrogativo con un documentario interessante che esce domani nei cinema della capitale, La Deutsche Vita.
Il viaggio erratico e divertente in quella che è ormai la terza comunità più grande di stranieri – 20mila italiani vivono ufficialmente qui, più altri 10mila secondo alcune stime - «non vuole essere assolutamente rappresentativo», ci tiene a sottolineare Alessandro. Ma ci sono alcune chicche che spiegano moltissimo del flair berlinese. Come uno strepitoso dialogo rubato in un negozio di dischi che è una sorta di ritrovo ufficioso degli italiani, «Piatto forte». Lei che con passione quasi strilla che Berlino «è la città dove è ancora possibile fare qualcosa» mentre l’Italia non riesce più a dare prospettive di vita, lui che filosofeggia, sintetizzando egregiamente un’idea diffusissima, che «qua è più semplice non fare un cazzo».
L’impulso per il documentario, racconta Alessandro, «è stata un po’ la mia “crisi del settimo anno”. Sono venuto qui per lavoro e poi ci sono rimasto - non so neanche bene il perché. Poi mi era presa una grande nostalgia e mi sono chiesto, “voglio stare qui per sempre?”. Da lì è nata l’idea di andare a vedere cosa fanno gli altri italiani a Berlino». Non è un documentario a tesi, ed è ovvio che girando tra connazionali che vivono nella capitale, c’è spesso chi tenta una spiegazione delle differenze tra italiani e tedeschi che sembra alimentare qualche luogo comune. Che però esiste, come sa chiunque abbia vissuto nei due Paesi. I registi scovano anche delle storie stupende come la fabbrica di mozzarelle del centro della città che esporta in Italia. O il meccanico che dopo tanti anni di Germania è più tedesco dei tedeschi e non vuole più avere a che fare con clienti italiani. E c’è anche una sorta di Virgilio che ci guida attraverso le strade, i luoghi e anche la vita notturna berlinese e racconta un archetipo, quello dell’artista italiano che viene a Berlino sognando una carriera, l’attore quarantenne che nella città degli artisti per eccellenza si tiene a galla con i lavoretti, in attesa dell’occasione giusta.
Non può mancare, in questo documentario che serve anche a smorzare qualche entusiasmo eccessivo, il capitolo case. E non è più vero, conferma anche Tania Masi che vive qui da ben 15 anni, che la capitale costa poco. «Almeno, non è economica come negli anni passati; le stanze o gli appartamenti ormai sono cari e non è neanche facile trovarli». Così come ci si illude troppo spesso di approdare nel bengodi delle opportunità. Ovvio che Berlino non ha mai alimentato illusioni di carriere «dal lavapiatti al milionario», ma «molti venivano qui almeno con l’idea di poter fare più facilmente la loro arte». E invece «finiscono a fare i lavapiatti». Ma un pregio del documentario è anche il tono da commedia, e Tania ci tiene: «da fiorentina sono abituata a non prendermi troppo sul serio, vale anche per le cose che abbiamo cercato di raccontare nella Deutsche Vita». E il risultato è bello.