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 2014  marzo 01 Sabato calendario

QUANDO IL PALLONE RIMBALZA A SINISTRA

Al Manifesto, da giovane, introdussi con il caporedattore, Giorgio Casadio, una controversa riforma, tener accesa la televisione nella stanza delle riunioni (che duravano dalle 9 alle 22, nell’azzurrino fumo da Gauloises) durante le partite di calcio. Gli intellettuali se ne sdegnarono, e venivano puntualmente a tifare contro la Nazionale. Noi li guardavamo storto, forti del sostegno dell’editorialista del Nouvel Observateur, K.S. Karol, marito della direttrice Rossana Rossanda, appassionato di pallone. «Che squadra tifi Karol?», chiedevamo e lui serafico, «Beh, Polonia dove sono nato, Russia, ho combattuto con l’Armata Rossa, Inghilterra, paese che mi ha dato asilo, Francia dove vivo, Italia per Rossana…».
Ho ripensato a quel clima, leggendo il libro di Quique Peinado, Calciatori di sinistra, la passione per lo sport sovrapposta alla politica innesca un’overdose di sentimenti. Imparerete di Nando Caimbra, fratello di Zico, campione con il Brasile e l’Udinese, minacciato dalla polizia perché, da calciatore promettente, collaborava con i cattolici di sinistra nelle scuole popolari. Di Carlos Caszély, attaccante cileno che rifiuta di stringere la mano al dittatore Pinochet, che lo fulmina velenoso a un ricevimento «Sempre con quella cravatta rossa lei, dovrei tagliargliela…». Alla vigilia del referendum sulla dittatura Caszély porta in tv la mamma, violentata e torturata, e commuove gli elettori. Sindelar, giocatore austriaco, protesta contro l’annessione dell’Austria alla Germania segnando nell’ultima partita tra le due nazionali ed esulta contro Hitler.
Peinado analizza con scrupolo le leggende del calcio, considerando l’episodio incerto: misteriosa resta però la morte di Sindelar, ucciso nel 1939 dal gas di una stufa. Miti anche sul Mondiale 1978, giocato in Argentina sotto la dittatura di Videla. I reporter esaltano la solidarietà dei giocatori olandesi alle mamme dei ragazzi uccisi dalla giunta, Peinado ne conferma uno solo, Wim Rijsbergen.
Vera è invece la vicenda dei due capitani delle squadre basche, Real Sociedad e Atletico Bilbao, Kortabarria e Iribar, che dopo aver consultato negli spogliatoi i compagni, scendono in campo nel derby del 5 dicembre 1976 con la bandiera basca fuorilegge sotto il regime di Franco, l’«ikurriña». Lo stadio esplode, il ministro degli Interni Fraga Iribarne cede: l’«ikurriña» è libera di sventolare. Altri episodi son più noti, da Sócrates, l’asso brasiliano del Mundial 1982, medico, filosofo, fedele al Che Guevara, fino ai pugni chiusi italiani di Sollier e Lucarelli e al laburista Sir Ferguson.
Ma le pagine più interessanti di Peinado sono quelle in cui – quasi a dispetto dell’autore - politica e calcio si fanno passioni sovrapposte. Menotti, allenatore dell’Argentina campione 1978, è comunista, odia Videla, ma vuol vincere, per dar gioia al paese infelice o per amore dello sport. I suoi giocatori passeranno anni a scusarsi con i familiari delle vittime, «Come potevate giocare mentre i nostri figli morivano?».
La chiave migliore del libro è nella storia di Claudio Tamburrini, portiere dell’Almagro, squadra di Seconda Divisione argentina. Arrestato perché di sinistra nel 1977, torturato («Sei portiere?» gli chiedono gli aguzzini «Allora para questo» e giù botte), Tamburrini evade dal duro carcere Mansión Seré e vive in clandestinità. Nei giorni del Mondiale ’78 non resiste «Vedevo le partite in televisione e tifavo perché la Nazionale vincesse. Com’era possibile, considerando l’esperienza che avevo appena vissuto?». Se Peinado avesse provato a rispondere alla domanda di Tamburrini - come può il calcio esser tanto avvincente da far tifare per la squadra di chi ci tortura?- il suo libro sarebbe un classico. Invece è un bel reportage. La sua idea di «sinistra» è vaga, comprende il cattolico Tommasi, Sollier di Avanguardia Operaia, i nazionalisti di qualunque minoranza, Vikash Dhorasoo, che apre ai gay, vuole tasse del 75% per i ricchi e filma per un documentario i segreti dello spogliatoio, perfino lo stalinista Agustín Gómez Pagola, calciatore e spia del Kgb che rompe con il partito comunista spagnolo di Carrillo, fedele all’Urss fino alla tomba, sepolto a Mosca.
Tutti i «giocatori di sinistra» esprimono gratitudine allo sport che li fa uscire dalla miseria o da una vita grigia, con serietà. Molti soffrono l’attrito Sport-Politica: Sócrates, che Peinado descrive con lirismo da saggio filosofo, muore di cirrosi, legata all’alcolismo, forse più tormentato di come lo ritraggono le figurine. Peinado sceglie lo stile da cronista sportivo anni ruggenti, Lucarelli è «duro come il metallo dei container del porto» di Livorno, e nei giudizi non si avventura. Un peccato, toccherà al lettore farlo, dopo la lettura.