Diego Perugini, l’Unità 5/3/2014, 5 marzo 2014
L’ALTRO VASCO: LA MUSICA È UN ANTICORPO
LO INCONTRIAMO IN UN BAR RISTORANTE GESTITO DA CINESI NELLA ZONA PIÙ MULTIETNICA DI MILANO, DOVE VASCO BRONDI SI È TRASFERITO DA QUALCHE TEMPO. «Vengo qui a far colazione, vivo a due passi, a casa di amici. Per la prima volta ho anche la tv, per la gioia di mia mamma. Per lei era strano che potessi farne senza, più del fatto che scrivessi canzoni di un certo tipo» ci spiega col sorriso sulle labbra. Per chi non fosse addentro alle questioni dell’indie italiano, ricorderemo che il ferrarese Vasco è in realtà Le luci della centrale elettrica, progetto d’autore molto sui generis, che ha diviso pubblico e critica col suo stile fatto di sonorità scarne e fiumi di parole, tra rabbia e poesia. Su di lui s’è scritto e detto di tutto, fra deliri entusiastici e stroncature feroci, insulti inclusi. «Ma ci sono abituato, la Rete è anche questo. I social li frequento, ma con moderazione. E certe cose non le leggo più, fanno male, quindi ci passo sopra. Però sono lieto di essere uno di quegli artisti che fanno discutere, è la categoria che ho sempre amato di più. I miei idoli? Tanti. Bob Dylan, per esempio. O Roberto Rossellini: mi ha stupito sapere che passava un sacco del suo tempo a scrivere lettere ai critici che non lo capivano».
E, probabilmente, ulteriore dibattito scatenerà il nuovo cd, Costellazioni, che mostra un altro lato di Vasco, più solare e meno esacerbato. «È un disco positivo, liberatorio e meno straziante. Si respira il soffio della vita, un po’ di leggerezza in più» conferma. Non si pensi a innocue canzonette pop, comunque, perché Vasco non ha perso il gusto per i testi fluviali e i tratti spigolosi, però il clima è meno pesante, forse più maturo. Perché, come scrive lui fra il serio e il faceto, «avverto con uno strano sospiro di sollievo l’inizio della fine della gioventù, con la strana impressione che sia sempre stata sopravvalutata».
«Ho 30 anni, ma più che al passato voglio guardare al futuro. Queste canzoni hanno come filo conduttore la voglia di fare luce nei nostri tempi di crisi. È come entrare nel buio e con un accendino cercare di rischiarare il mondo. Provo un’insofferenza verso il clima di melodramma, lamentela e rassegnazione che ci circonda: come se il futuro fosse una brutta parola, quasi pericolosa. Si dice che il futuro non c’è, che non arriverà, ma è una scusa per non agire. Invece il mio disco è pieno di futuro e di lampi che segnalano un qualche assurdo lieto fine. Mi piace pensare alla musica come anticorpo alla deriva del pensiero comune».
Costellazioni è ricco di canzoni, rimandi, giochi di parole. E musica: «Quella è venuta prima. I testi sono nati dalle suggestioni sonore» precisa. Le citazioni sono tante, anzi il cd comincia proprio con un «Madonna che silenzio c’è stasera», preso pari pari dal celebre film con Francesco Nuti, che s’adatta benissimo al clima notturno dell’iniziale La Terra, l’Emilia, la Luna.
Tra i brani colpisce Padre nostro dei satelliti, venata d’ironia: «È una preghiera tecnologica sul presente, ho rubacchiato frasi che sento dire in giro. C’è chi chiede “password indimenticabili” o “un lavoro qualunque”. Ma perché un lavoro qualunque? Oggi si gioca al ribasso, invece bisognerebbe osare di più. Perché nessuno ti dà tanto se chiedi poco». Incuriosisce Ti vendi bene, con l’Italia vista come «terra di santi, di poeti, di navigatori satellitari, di fiori solo dai fiorai». E dove «Bandiera rossa trionferà ma solo sulla costa del mare in tempesta». Il tutto sullo sfondo di un elettropop dai tratti ballabili: «È molto anni 80, un pezzo tragicomico, urlato ma non rabbioso, venato d’illogica allegria. Stile Battiato e Cccp anche nel modo di cantare».
I destini generali, primo singolo, racconta di «deriva economica» e «poverissima patria». Ma anche, nel ritornello speranzoso, di “crisi di passaggio”: «È una specie di inno, un festeggiamento insensato, che racchiude l’idea del disco». E, ancora, i due ritratti femminili in parallelo di Le ragazze stanno bene, l’irruenza rock di Firmamento, la dolcezza pianistica di I Sonic Youth, le riflessioni amorose di Punk Sentimentale, Quaranta km e Una cosa spirituale.
Tutto questo (e anche di più) troverà spazio nel tour che partirà a metà marzo, preceduto nei prossimi giorni da alcuni incontri nelle librerie Feltrinelli e Fnac. «Sarà qualcosa a metà fra il rave e la balera con Le luci della centrale elettrica come un’orchestrina spaziale. Con percussioni e beat elettronici, chitarre distorte e violoncello, moog e pianoforte. Suoni organici e suoni elettronici. Il palco sarà come un bar che si trova tra la via Emilia e la via Lattea».