Lorenzo Dilena, pagina99 5/3/2014, 5 marzo 2014
POLITICA, GIORNALI, ENERGIA, GIOCO DI LOBBY SU SORGENIA
Per un editore che per vent’anni ha rivolto all’eterno rivale Berlusconi l’accusa di fare affari con la politica il momento è più che imbarazzante. Quell’accusa oggi viene ritorta contro la Cir di Carlo De Benedetti, che un anno fa ha trasferito le quote di controllo del gruppo ai tre figli. Di mezzo, c’è anzitutto il negoziato con le banche per la ristrutturazione del debito della Sorgenia, società elettrica controllata al 52% dal gruppo che pubblica l’Espresso e la Repubblica. La società ha ancora liquidità residua fino a fine mese e deve 1,8 miliardi di euro alle banche, con Mps che da sola rischia 600 milioni, praticamente un quinto dell’aumento di capitale ancora da lanciare.
La vicenda si incrocia con il pressing di un’intera categoria, i produttori di elettricità, per la definizione di «un sistema di remunerazione della capacità produttiva» per garantire la sicurezza del sistema elettrico. Lo Stato versa un obolo ai produttori per il fatto stesso di avere impianti flessibili che potrebbero entrare in funzione quando la domanda sale: una sorta di polizza contro il rischio di una carenza di offerta elettrica. Conosciuto in gergo tecnico come capacity payment, il meccanismo è previsto nella Legge di stabilità 2014 e riguarda il periodo di transizione da oggi al 2016 incluso, dopodiché diventare stabile. Condizioni e modalità di applicazioni (in sostanza quanti soldi per quali tipologie di impianti) devono essere decise entro fine mese con decreto del ministro dello Sviluppo economico. Dicastero guidato da quella che è ritenuta la più “berlusconiana” dei ministri del governo Renzi, ovvero Federica Guidi, ex presidente dei Giovani confindustriali. E se a tutto questo si aggiunge la telefonata-scherzo della Zanzara a Fabrizio Barca, che in uno sfogo con un finto Nichi Vendola parlava di pressioni subite dall’Ingegnere, e il sostegno dato da Repubblica all’ascesa di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, la miscela diventa esplosiva.
E riapre la vecchia questione dell’editore con interessi rilevanti in altri settori, tali da condizionare il suo indirizzo editorial-politico. Anche se poi, a ben vedere i numeri, Sorgenia non sarebbe certo fra i maggiori beneficiari del provvedimento sul capacity payment, visto che ha una quota diretta del 4,5% del mercato di produzione con gas naturale, dominato da Eni (19,6%), Edison (14,l%) e Enel (10,2%).
In risposta a una ricostruzione della vicenda pubblicata dal Corriere della Sera.
Rodolfo De Benedetti, che dal 2009 guida il gruppo Cir, ha lamentato che «si cerchi in tutti i modi di creare un “caso politico” su quello che, nei fatti, è unicamente un problema aziendale che coinvolge azionisti e istituti finanziatori». Separare le questioni, in effetti, non è agevole. Tanto più che, proprio fra le banche creditrici, circolano anche ipotesi di salvataggio che prevedono un’acquisizione di Sorgenia da parte dell’Eni di Paolo Scaroni. Una soluzione che metterebbe i loro crediti in sicurezza e che avrebbe come contropartita la riconferma di manager ritenuti graditi a Berlusconi. A cominciare dallo stesso Scaroni.
Sul fronte della famiglia De Benedetti la situazione è meno compatta di quello che sembra dall’esterno. Se non c’è dubbio che l’Ingegnere sia più che mai appassionato alla politica italiana e che abbia seguito passo passo la gestazione e i primi passi del governo Renzi, è altrettanto certo che la questione Sorgenia, e più in generale la gestione del portafoglio investimenti della holding Cir, abbia determinato una spaccatura fra il padre e il figlio Rodolfo, i cui rapporti sono ridotti al lumicino. Differenze di vedute che, alla resa dei conti, danno ragione al padre e non al figlio. Il primo deciso a rimanere nell’editoria e ad accettare le sfide del digitale, anche quando l’industria dei giornali ha cominciato a prendere una brutta piega. Il secondo intenzionato a uscire dai media (e l’avrebbe fatto se non fosse stato un torto troppo grande verso il padre) e determinato a diversificare nell’energia, nelle cliniche e residenze per anziani (Kos), e nella finanza (Jupiter Finance). I fatti di oggi danno ragione al vecchio. E nella lettera scritta al Corriere, c’è un passaggio, che è stato notato poco ma non è secondario, in cui Rodolfo si copre il capo di cenere e si assume la responsabilità del disastro di Sorgenia, che ha investito troppo e troppo in un singola tipologia di impianti (gas). Tanto più che qualche anno fa, prima che scoppiasse la crisi, il socio tedesco Verbund era disposto a rilevare la quota di Cir, valutando la società elettrica tre miliardi. Il padre disse di accettare, ma il figlio si oppose.
E oggi, dopo che i tedeschi si sono defilati e non sono più disposti a metterci un solo euro, Rodolfo è rimasto con il cerino in mano e, per perdere la faccia di fronte alle banche, gli tocca mettere sul tavolo fra 100 e 150 milioni, in cambio della disponibilità dei banchieri a convertire parte dei crediti in azioni. Consapevole che, su questa vicenda, che per lui è una sconfitta imprenditoriale e manageriale, stanno convergendo gli interessi di lobby più ramificate di quella dell’Ingegnere.