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 2014  marzo 04 Martedì calendario

PIZZAROTTI, SINDACO EMANCIPATO CHE FA INFURIARE GRILLO

L’atto d’accusa parte da Grillo: «L’incontro con sindaci e candidati M5s organizzato da Pizzarotti a Parma non è stato in alcun modo concordato con lo staff nè con me». Non un sms privato, ma un editto pubblico sui social network. Segno che in ballo non c’è solo il summit in questione, peraltro svoltosi anche un anno fa senza problemi. Un workshop in cui candidati e amministratori locali si scambiano consigli su campagna elettorale ed esperienze di governo. L’iniziativa ha raccolto entusiasmo, utile testimonianza dell’attivismo che a livello locale è fiorito prima che il Movimento diventasse la corazzata dei 150 parlamentari. Anche per questo Pizzarotti sfida il leader confermando l’appuntamento. Dell’edizione 2013 ne ha parlato con Linkiesta Laura Gamba, ieri candidata sindaco di Brescia in quota M5s e oggi consigliere comunale: «Non siamo andati a lezione da Pizzarotti, ma a scambiare esperienze. Eravamo una cinquantina di candidati provenienti dalle città di nord e sud. Federico è molto pragmatico, ci ha raccontato la sua corsa elettorale e la fase di governo a Parma, poi ci ha dato qualche dritta sul funzionamento della macchina comunale».
Pizzarotti è voce ascoltata nei ranghi stellati: il mite project manager informatico classe 1973 è sindaco di Parma dal 2012, portato in trionfo dallo stesso Grillo e diventato il condottiero della prima Stalingrado a Cinque Stelle. Lo tsunami nella città del prosciutto è arrivato prima del boom alle regionali siciliane, dello sbarco in Parlamento e dei sindaci conquistati a Pomezia, Assemini e Ragusa. Anche Pizzarotti è partito con banchetti e volantini, individuato tra i protagonisti di quel Movimento emiliano-romagnolo che è stato incubatore del progetto Cinque Stelle e apripista nazionale. Le prime liste per le amministrative, i meetup e gli eventi sul territorio sono passati dall’Emilia Romagna. Croce e delizia della marcia stellata, la regione è stata la prima a conoscere le espulsioni dei Favia e dei Tavolazzi cacciati dopo guerre intestine che scatenano tossine tra dossieraggi, violazione di mail e capibastone locali. Proprio Valentino Tavolazzi era in pole position per la poltrona di direttore generale del comune di Parma, poi arrivò lo stop di Grillo a “suggerire” un cambio di rotta.
Il nuovo intervento dell’ex comico pesa come un macigno, soprattutto se si guarda all’irritualità del richiamo. È prassi consolidata che i due fondatori del Movimento restino defilati sulle questioni locali, dove le maglie sono tenute larghe per favorire l’attivismo che meglio conosce le problematiche del territorio. Lo staff entra in gioco per certificare le liste e nei casi di emergenza, il resto del lavoro lo sbrigano Meetup e cittadini eletti. Nel caso dell’incontro organizzato da Pizzarotti, già andato in scena un anno fa, Grillo non ha alzato la cornetta nè mandato un sms al sindaco: una questione archiviabile privatamente diventa occasione per redigere una scomunica che fa il giro del web. L’intervento a gamba tesa nasce da un’incrinatura di rapporti che viene da lontano, molto prima delle critiche di Pizzarotti all’espulsione dei dissidenti: «Dateci elementi sulle colpe dei quattro senatori espulsi, convincetemi su quest’azione così forte che non concede appello, perché io non l’ho capita. Perdere tempo in spaccature e dissidi interni ci indebolisce e delude tante persone che ci sono vicine».
Con buona pace di chi lo pensava immortale nel pantheon dell’ortodossia stellata, il primo cittadino di Parma vive un periodo lungo e silenzioso intessuto di equilibri gelidi con il bivio Milano-Genova. «Federico è nella black list da tempo, prima o poi ci sarà il divorzio» avverte Giovanni Favia, che a Linkiesta spiega: «Al momento della mia espulsione non mi accoltellò alle spalle come fecero molti altri che prima mi avevano portato sul piedistallo. Da lì nacque tutto». Secondo il consigliere regionale ex M5s, «Grillo ha voluto dare un segnale forte e pubblico per cui nessuno nel Movimento è intoccabile, nemmeno il sindaco Pizzarotti». La paura dei diarchi, incalza Favia, «è che da incontri come quello organizzato a Parma si intessano relazioni non controllate e al di fuori del verticalismo Grillo-Casaleggio».
Sembra trascorso un secolo da quando Beppe Grillo prometteva: «Dovranno passare sul cadavere di Pizzarotti per fare il termovalorizzatore a Parma». Alla fine l’inceneritore è stato acceso e la sconfitta di un tema locale ma nazionale per il Movimento ha bruciato da più parti, con l’ex comico che adesso starebbe pensando di “disfarsi” del cadavere del suo primo sindaco Cinque Stelle. Da tempo Pizzarotti si è emancipato dal grande capo, con fatti e parole: «Grillo usa toni iperbolici, a volte ci sta anche un bel chissenefrega su quello che ha scritto sul blog, il suo pensiero non è il solo nel Movimento». Sindaco ed ex comico non si sentono da tempo, i bene informati giurano che «i rapporti con Milano e Genova sono ai minimi termini». All’ultimo V-Day il giovane Federico nemmeno c’era, perché impegnato a una fiera agroalimentare in Francia per promuovere i prodotti del territorio: «Tra il lavoro e un evento ho scelto il lavoro».
Il physique du role è quello del sindaco concreto ma moderato, lontano dagli eccessi verbali dei colleghi in Parlamento, «ma fa di testa sua e si prende troppe libertà» rimproverano gli ortodossi. In Comune ha ricevuto Stefano Rodotà, recentemente ha pubblicato un libro scritto a quattro mani con la giornalista del Corriere della Sera Marta Serafini, s’intitola “Il primo cittadino”. Tra le presentazioni in agenda fa discutere quella organizzata a Milano con Giuliano Pisapia e Pippo Civati. Appuntamento chiacchierato e criticato all’interno del Movimento, con il candidato governatore del Piemonte, l’ultra ortodosso Davide Bono, che rivolge agli attivisti una domanda tanto retorica quanto velenosa: «Se io a maggio fossi presidente del Piemonte e presentassi un mio libro con Maroni e Civati, cosa ne pensereste?».
Dal canto suo il sindaco si muove da «buon padre di famiglia»: abbigliamento sobrio, volto sorridente e toni mai sopra le righe. Se Grillo è in campagna elettorale permanente, lui guida un Comune piegato dai debiti dove bisogna alzare le tasse. Alla Casaleggio Associati si fanno strategie di consenso? A Parma si governa, d’altronde il blog parla agli attivisti mentre Pizzarotti ha più volte ribadito che deve rendere conto ai suoi cittadini, stellati o meno: «Quando prendo una decisione non mi chiedo cosa farebbe Grillo o come la pensa il Movimento, mi chiedo cosa serve ai cittadini». Da una parte il megafono e dall’altra le braccia operative, quelle del sindaco e della giunta monocolore che la Gazzetta di Parma ha ribattezzato «i Cinque Stelle della porta accanto». Circostanza che infastidisce gli uomini dello staff milanese. A differenza dei Di Maio e Di Battista infatti, la visibilità di Pizzarotti si declina anche al di fuori del sentiero tracciato dai cofondatori del Movimento. Ad esempio sulle dinamiche politiche nazionali.
Dismessi i panni dell’attivista, ragiona da uomo di governo: «È iniziata una nuova fase di cui noi abbiamo la responsabilità e non c’è più bisogno di toni che facciano indignare la gente perché la gente è già indignata. Prima bisognava provocare, adesso bisogna informare. Non è il momento di alzare i toni perché c’è il rischio che qualcuno perda la testa». Ad aprile, intervistato dalla Stampa alla vigilia delle larghe intese, Pizzarotti auspicava: «Da sindaco occorrono riforme, rivedere il patto di stabilità e ridurre la burocrazia. Se per ottenere questo risultato è necessario che ci sia un governo auspico che un governo venga fatto». Ad agosto conferma il sostegno “obbligato” al governo, questa volta dalle colonne del Fatto Quotidiano: «Ho una posizione istituzionale da difendere e per me un ritorno oggi al voto sarebbe disastroso, in questo momento se ragiono da sindaco serve stabilità». L’esatto contrario di quanto urlato da Grillo e dai parlamentari stellati durante questi mesi di opposizione.
Dopo la scomunica, il dilemma: qual è il destino di Pizzarotti? Se qualcuno già evoca nuove espulsioni, il quadro della situazione si conferma fluido parallelamente alle mosse dei senatori ex M5s che si stanno riorganizzando a palazzo Madama in un’operazione che potrebbe catturare l’attenzione del sindaco. Intanto a Parma assessori e consiglieri si cuciono le bocche. «Preferiamo non parlare, quando lo faremo sarà in maniera congiunta col resto del gruppo», spiega a Linkiesta Marco Bosi, capogruppo M5s in consiglio comunale. «Nessuno dei due, tra Grillo e Pizzarotti, guadagnerebbe qualcosa dall’eventuale divorzio», confida un insider del Movimento emiliano-romagnolo. «Sconfessando il sindaco, Grillo rischierebbe di spaccare la giunta monocolore perdendo la sua capitale a Cinque Stelle e pure per Pizzarotti sarebbe dura continuare». L’ipotesi più accreditata resta quella del proseguimento dell’esperienza «da separati in casa». Nell’attesa di capire se altri fulmini squarceranno il cielo pentastellato.