Simonetta Scarane, ItaliaOggi 5/3/2014, 5 marzo 2014
APPLE CITY, CITTÀ DEI SENZA DIRITTI SONO 300 MILA GLI OPERAI CINESI NELLE FABBRICHE DELL’IPHONE
In Cina, Zhengzhou, la città delle fabbriche che sfornano gli i’Phone, è diventata un esempio di urbanizzazione selvaggia con i villaggi dormitorio che lambiscono i fabbricati industriali. Queste fabbriche che lavorano per Apple impiegano 300 mila persone. Qui le fabbrche sono cresciute ve hanno e hanno generato una esplosione urbana anarchica e a buon mercato.
La periferia della capitale della provincia di Henan è diventata un patchwork tra campagne sfigurate e aggregati urbani sovraffollati. L’installarsi, in atto da un paio d’anni, di officine che lavorano per il gigante americano dell’informatica, ha completamente ribaltato la geografia dell’area, spazzando via i villaggi. I vecchi borghi sono stati spazzati via dall’asfalto di strade a quattro corsie e i campi di mais sono stati inghiottiti dai cantieri. Tutt’intorno agli stabilimenti, immensi parallelepipedi, si cammina a zig zag sulla terra battuta, fra cumuli di spazzatura. Qui, nel villaggio-dormitorio al limitare della città ci sono alloggi per chi lavora in fabbrica ricavati in cubi di tre piani che offrono camere standard con acqua calda e Internet a 73 euro al mese. Le strade pullulano di giovani che vengono per lavorare, ma non bisogna lasciarsi ingannare: qui la vita è durissima. E l’unica legge che si conosce è quella della giungla. Chi vorrebbe portarci la famiglia non può perchè, dice, sarebbe impensabile nel dormitorio di Foxconn, il nuovo distretto di Zhengzhou, che ha visto aumentare la sua popolazione da 600 mila a 4 milioni di abitanti. «Apple City» come è stata ribattezzata, è il risultato dell’urbanizzazione selvaggia: qui niente è fatto per durare e le infrastrutture sono sottodimensionate. Qui la gente è in transito permanente. L’area adesso è oggetto di una vasta riorganizzazione amministrativa. E l’obiettivo degli urbanisti è di evitare una eccessiva dipendenza da Foxconn e puntare sulla diversificazione delle imprese. Di qui a cinque anni alcuni villaggi saranno rasi al suolo e assorbiti dai quartieri della città e la loro popolazione finirà per vivere nei condomini. E ci saranno anche le abitazioni sociali ma non per le maestranze di Foxconn che dovranno prima beneficiare dei diritti di cittadini. L’incompatibilità si spiega con il fatto che ora i lavoratori di Foxconn conservano la residenza della loro zona rurale di origine perchè in nessuna delle varie città industriali è possibile integrarsi velocemente. Per loro, i villaggi e le terre intorno alla fabbrica di Foxconn sono collettive e funzionano in autogestione. Gli abitanti si disinteressano dell’ambiente e di sviluppo urbano. Qui vale solo la legge del profitto. Questo ecosistema permette a Foxconn di fabbricare i suoi iPhones ad un costo invidiabile. La qualità dello sviluppo urbano, promossa dai nuovi dirigenti amministrativi, qui non si sa neppure cosa sia. E in questo luogo non esiste neppure la responsabilità. nel dormitorio, l’approccio è molto pragmatico e in Cina non c’è la parità di diritti. Nei saloni di karaoke creati nelle cantine sotto i palazzi-dormitorio, i giovani assicurano che non hanno nessuna intenzione di ammuffire a «Apple city» e non nascondono la loro ambizione di vivere a Zhengzhou, la capitale. Ottenere un passaporto interno è possibile soltanto a certe condizioni e non è la loro priorità perchè soffrono la disoccupazione e vogliono guadagnare dei soldi. E così devono accontentarsi dello stato di cittadini in transito.