Fabio Scacciavillani, Il Fatto Quotidiano 5/3/2014, 5 marzo 2014
L’ILLUSIONE DI BITCOIN, MONETA TROPPO VIRTUALE – CON NOTIZIE SU ALTRI FURTI E FALLIMENTI
Una moneta solida che sia mezzo di scambio e riserva di valore affidabile si può reggere su due pilastri: uno materiale, il legame a un bene (ad esempio un metallo prezioso), l’altro immateriale, vale a dire l’insieme di credibilità politica, efficienza economica, forza militare, protezione legale garantite dall’entità che la emette. Bitcoin contravviene questa regola millenaria e pertanto non potrà mai assolvere entrambe le funzioni.
Il fragile mito di libertari e anarchici monetari
Bitcoin non ha alcun valore intrinseco. È “creato” ex nihilo da un algoritmo open source, geniale e complesso, che accumula nel tempo uno stock virtuale fino a un massimo prestabilito di 21 milioni. Una volta raggiunto questo limite l’offerta (la base monetaria) del Bitcoin rimarrà costante in eterno. “Forgiare” Bitcoin falsi è ritenuto (finora) impossibile.
La mistica della cripto-moneta diffusa attraverso la Rete, scevra da legami con autorità costituite e autoregolamentata, ha eccitato sia le pulsioni anarcoidi (a sinistra) che quelle libertarie (a destra). Ma a contatto con il mondo reale ogni mito si infrange. Cosa ha determinato il successo e di conseguenza il valore del Bitcoin? Due elementi: (a) l’accettazione crescente negli acquisti, leciti o illeciti, in Rete; (b) l’anonimato nelle transazioni.
Il primo elemento risolve un problema pratico senza (in teoria) commissioni salate e rischi insiti nell’uso di carte di credito o sistemi tipo Paypal. Il secondo attrae chi voglia sfuggire alla giustizia, al fisco, ai soci, ai complici, agli avvocati del coniuge. Non si sa bene quale elemento abbia impresso la spinta maggiore, ma il valore dei Bitcoin (in termini di dollari, yen, euro, yuan) ha assunto le caratteristiche tipiche delle bolle, evocando i bulbi di tulipani olandesi nel XVII secolo: oscillazioni violente (da pochi centesimi a oltre 1.000 dollari e poi in picchiata a 500 dollari) esacerbate dal fatto che il rapporto di cambio tra Bitcoin e valute reali varia enormemente tra cambiavalute online (gli exchanges): le differenze talora superano il 25 per cento, stracciando la ferrea legge del prezzo unico, architrave dei mercati finanziari.
In aggiunta, per le Autorità l’anonimato ha un grado di popolarità appena inferiore alla lebbra, ergo tendenzialmente ostacolano qualsiasi moneta alternativa (ad esempio in Cina è proibito al settore finanziario di operare in bitcoins). Ma lo scontro tra reale e virtuale è deflagrato negli Usa dove l’Fbi ha nel mirino la sordida dark (o deep) Internet (l’equivalente web dei bassifondi) – resa inaccessibile ai babbani del Pc da barriere crittografiche military grade. Lì con i Bitcoin si compra di tutto, dalle identità clonate alle armi. La cause célèbre è Silk Road, un sito assurto, secondo le accuse, a eBay di droga, documenti falsi, software. Il suo guru, Dread Pirate Roberts, al secolo Ross Ulbricht, è finito in galera, in ottobre, ma il sito è ripartito in versione ridotta sotto la denominazione Silk Road 2.0. Da allora si è verificata una catena di eventi inquietanti. Utopia, un sito che aspirava all’eredità di Silk Road è stato smantellato in Olanda e Germania dopo nove giorni di attività. Il ventiquattrenne Charlie Shrem, fondatore di Bi tInstant.com uno dei maggiori Bitcoin exchanges è stato ammanettato per aver aiutato Robert Faiella, detto BTCKing, ad acquistare Bitcoin utilizzati da utenti di Silk Road con un debole per gli stupefacenti.
Neppure l’Fbi può sapre la verità sui furti
Poi vari siti legati alla cripto-moneta sono stati “svaligiati”. La lista comprende Sheep Marketplace, un narco-bazar tosato di 6 milioni di dollari (altri forniscono stime molto maggiori); Black Market Reloaded che a un certo punto ha chiuso a nuovi membri e ha subìto un piccolo furto da 200 Bitcoin; infine è stato il turno di Silk Road 2.0 dove il bottino è stimato tra i 2 e i 6 milioni di dollari. Le cifre sono terribilmente imprecise perché l’entità dei conti sui server non è facilmente ricostruibile. Ma la stangata clamorosa, sparata sui media di mezzo mondo qualche giorno fa è Mt.Gox, la maggiore piattaforma di scambio tra moneta virtuale e monete reali. Il sito è stato bloccato senza spiegazioni per una settimana prima che l’amministratore delegato Mark Karpeles si presentasse in Tv ad annunciare il colpo da mezzo miliardo di dollari. Visto che i Bitcoin sono anonimi, i crimini rimarranno quasi sicuramente impuniti.
Che lezioni trarre dalla meteora Bitcoin? Innanzitutto che una valuta senza istituzioni alle spalle diventa una terra di nessuno dove prevale la legge del più lesto. I furti di Bitcoin potrebbero benissimo essere stati perpetrati dagli amministratori dei siti (come molti insinuano): nessuno avrebbe potuto impedirlo e tantomeno assodarlo.
Quando manca una Banca centrale mancano anche i controlli che essa esercita e la politica monetaria che àncora la cifra scritta sulla banconota alle quantità di beni e servizi acquistati. Persino una moneta aurea necessita di un’autorità che certifichi peso e qualità del metallo. Il Bitcoin poi non assolve funzioni necessarie, ad esempio il pagamento delle tasse, non ha corso legale e un contratto denominato in Bitcoin probabilmente non ha tutele giuridiche. Il Bitcoin è un’unità di conto per la Rete, ma il suo valore reale è legato in modo imprevedibile a fattori erratici. In definitiva non sarà l’untorello Bitcoin, né i vari tentativi di imitazione, a spiantar Banche centrali.