Egidio Bandini, Giovannino Guareschi, Libero 5/3/2014, 5 marzo 2014
PEPPONE ALLE PRESE CON LA FIGLIA DEL RE
È andato in onda ieri sera su Rete 4 Don Camillo Monsignore… ma non troppo, il quarto film della saga guareschiana con Fernandel nei panni del pretone della Bassa e Gino Cervi in quelli del grosso sindaco comunista. A detta dei critici, non è certo il migliore dei cinque film (sarebbero sette, ma gli ultimi due, senza Cervi e Fernandel difficilmente vengono messi nel novero), ma soprattutto è quello che fece definitivamente perdere le staffe a Giovannino Guareschi che, proprio a causa di quel film, si dimise dal Candido, prestando il destro al “Commenda” per chiudere surrettiziamente il settimanale.
Guareschi era stato durissimo con Andrea Rizzoli: «Così castrato e presentando un Monsignore così ridicolizzato, questo quarto film di don Camillo, se possedesse qualche pregio artistico o, almeno, avesse una fotografia decente e non fosse un pasticcio di immagini e di melensaggini, potrebbe essere tranquillamente presentato in Russia col compiaciuto beneplacito della superiore autorità sovietica. Monsignore è un film che mi danneggia enormemente anche sul piano politico perché, falsando lo spirito dei miei personaggi e della loro vicenda, mi presenta come un normale e banale “distensivo”. Uno spregevole “pacifista” che, per far divertire i compagni, fa parlare il Cristo con le parole di due “puzzoni” romani. È un film che mi squalifica come sceneggiatore, come scrittore, come umorista e come giornalista politico».
Insomma, niente a che vedere con la sceneggiatura originale scritta da Giovannino, di cui pubblichiamo, per gentile concessione di Alberto e Carlotta Guareschi, una scena inedita: l’arrivo in paese della figlia del re.
Egidio Bandini
SCENA INEDITA –
Officina Peppone
Arriva una staffetta con un foglio che consegna a Peppone.
Staffetta: «Urgente da parte del sindaco ».
Peppone legge e sbarra incredulo gli occhi.
Peppone:«No!». (...)
Staffetta: «Sì, capo: ho visto anche io».
Peppone: «E dove sarebbe avvenuto questo sbarco?».
Staffetta: «Al Traghetto Vecchio. È una barca con motore fuoribordo». Arriva ansimando il sindaco nuovo.
Peppone: «Ma tu, sei sicuro di non aver sbagliato?».
Sindaco:«Il collo, ci metto!».
Peppone: «È chiaro: è una pagliacciata provocatoria organizzata dagli agrari per creare qualche incidente e turbare l’andamento dello sciopero!».
Sindaco (grave): «Capo, per me la cosa è più seria! Le forze di polizia sono sparse per la campagna, l’autorità comunale è impegnata nello sciopero assieme alle forze popolari: il paese è praticamente indifeso. È il momento giusto per una invasione morale! Compagni: la Repubblica è in pericolo!».
Peppone: «Bloccate l’argine e circondate la zona dello sbarco! Bisogna impedire ogni contatto con la popolazione. Nessuno in paese deve sapere niente di niente. Nessuno! E se qualcuno sa, glielo faremo dimenticare!».
Chiesa Don Camillo è indaffarato e cerca di sgattaiolare di fianco all’altare, ma la voce del Cristo lo blocca.
Voce Cristo: «Don Camillo, perché tanta fretta?».
Don Camillo (sulle spine): «Signore, qualcuno, a causa d’una stolta bravata provocatoria corre un rischio mortale. Io debbo essere là per cercare di salvare l’imprudente o per benedire quella povera carne umana calpestata dalla folla scatenata!». Fila via cercando di assestare il manganello che ha nascosto sotto la tonaca.
Voce Cristo: «Ah, è dunque per questo che porti con te un aspersorio dal manico così lungo?». Don Camillo è ormai sulla porta.
Don Camillo: «No, Signore: questo servirà, se del caso, a benedire la folla scatenata... Deo gratias...».
Strada dell’argine Il camioncino di Peppone arranca lungo la strada dell’argine. Al volante Peppone sempre in tuta da meccanico. Al suo fianco il Bigio. Lo Smilzo e il Brusco, dietro, sul cassone, nascosti sotto un tendone. All’inizio della stradetta che discende dall’argine e porta al fiume, Peppone arresta la macchina. Smonta dal camioncino, guarda verso il fiume e ha un sussulto.
Riva del fiume A piè dell’argine una densa folla vista di spalle. È come un muro che impedisce di scorgere il fiume. C’è tutto il paese. Gente d’ogni ceto e d’ogni età. Anche un impotente con la sua carrozzella. Peppone avanza fendendo la folla. Peppone in prima fila. Si scorge l’ampio spazio vuoto fra la gente e il bagnasciuga. Sul bagnasciuga una barca con motore fuoribordo. La poppa è verso il fiume e qualcuno, che non si può distinguere bene perché dentro la barca, sta armeggiando attorno al motore.
Folla Primo piano di Peppone e Stato maggiore. Cupi, in prima fila. Dietro e alato i visi cupi,minacciosi della folla. Facendosi largo a spallate, entra in campo Don Camillo che si ferma alle spalle di Peppone.
Smilzo (sottovoce a Peppone): «Capo, io direi d’andare avanti».
Peppone: «Calma. I provocatori sono loro. Lasciamo che l’azione parta da loro».
Don Camillo: «Il signor senatore ha ragione. Ci vuole prudenza: il nemico è in forze preponderanti».
Peppone gli risponde con una smorfia di disgusto, senza voltarsi.
Peppone:«La quantità non conta. È più pericolosa una vipera di 30 cm che una biscia di 3 metri».
Don Camillo:«È esatto».
Peppone: «come, del resto, può essere più dannoso un piccolo prete di campagna che un grande Papa».
Don Camillo: «È esatto. Specialmente se il piccolo prete di campagna porta scarpe del numero 45».
Un fremito percorre la folla. Tutti spingono avanti lo sguardo.
Bagnasciuga barca vista dalla folla Gli “invasori” sono un’unica ragazza alta, snella, bionda. Esce dalla barca abbandonando il motore e si volge verso la folla.
Folla (mormorio): «È lei... È lei...». Principessa: «Per favore, dove potrei trovare un meccanico?».
Riva fiume La folla immobile, sempre cupa. L’ampio spazio vuoto fra la folla e la barca. Un istante di silenzio. Peppone fa un passo avanti. Peppone di spalle, mentre con passo fatale marcia sull’obiettivo. Peppone raggiunge la barca. La sposta portando la poppa sul bagnasciuga. Osserva il motore. Manovra il volano del motore.
Peppone:«Bronzina fusa».
La gente osserva interessata. Primo piano di Don Camillo. Con indifferenza si libera del bastone. Primo piano di una ragazza che sciorina davanti a sé una copia di “Novella”: donne e uomini si protendono a guardare dietro le spalle della ragazza. Primissimo piano foto della principessa. Folla che si apre. La principessa, vista di spalle, avanza mentre la folla fa alla punto. Peppone la segue col motore fra le braccia. Giunto all’altezza di Don Camillo si ferma.
Smilzo:«Capo, cosa si fa?».
Peppone:«Quello che faccio io: la si ignora! Una cliente qualsiasi per me, una turista qualsiasi per il paese».
Bigio: «Ha chiesto di telefonare: dice che ha fatto una scappata e vuol tranquillizzare il Marchese: è ospite sua».
Peppone: «Siamo un paese democratico fornito di telefono pubblico. La signorina vuol telefonare? Si accomodi, signorina... Signorina!».
Smilzo e soci fanno cenno che hanno capito perfettamente. Folla che si chiude. Folla che si addensa lungo la salita dell’argine. Barca abbandonata in riva al fiume.
Speaker: «Peppone era un uomo che sapeva il fatto suo e, subito, comprese che la tattica migliore era quella di sottrarre astutamente la straniera alla morbosa curiosità della folla, evitando così ogni eventuale speculazione politica da parte della reazione sempre in agguato».
Dal fiume all’argine. Peppone al volante del camioncino. La Principessa seduta al suo fianco. La macchina da presa segue a fianco il camioncino, poi con una rapida virata indietro scopre la folla che, in bicicletta, moto, motoretta scorta e il camioncino. È un vero corteo trionfale e, in testa al corteo, Don Camillo pedala sulla sua bici da corsa.
Strada principale Brescello Gente alla finestra e ai lati della strada. Passa il corteo trionfale. Il camioncino si ferma davanti all’officina di Peppone. La folla si addensa tutta attorno al camioncino.
Officina Peppone Peppone sta lavorando attorno al motore fuoribordo. Entra il Bigio.
Bigio:«Ha telefonato, poi ha bevuto un’aranciata».
Peppone: «Niente pagliacciate dei nostalgici?».
Bigio: «Niente: tutti i tipi sospetti sono sotto controllo». Entra il Brusco.
Brusco: «Capo, è davanti alla Casa del popolo: gliela facciamo visitare?».
Peppone:«No!!!». Entra lo Smilzo.
Smilzo:«Capo, il prete sta cercando di rimorchiarla in chiesa!».
Peppone: «Dirottarla immediatamente verso la Casa del popolo!». Brusco parte di corsa.
Smilzo: «La popolazione si comporta ottimamente. La segue, chiede l’autografo, magari - se si tratta di donne - batte le mani, però sempre con la dovuta distanza, senza mai darle confidenza... ».
Arriva di corsa il sindaco.
Sindaco (eccitatissimo): «Capo! Una cosa straordinaria! Appena si è sparsa la notizia in campagna, tutti sono piombati qui! Capo: tutti! Padroni, spesati e crumiri! In questo momento nessuno lavora e lo sciopero è totale!».
Peppone: «Magnifico! A saperci fare, anche le figlie dei re possono servire alla causa del popolo!».
Entra indaffaratissima la moglie di Peppone. È carica di pacchetti di biscotti e dolciumi.
Moglie Peppone: «Per quanto tempo ne hai?».
Peppone:«Due ore».
Moglie Peppone:«Bene: le ho detto che il motore sarà pronto fra un’ora».
Peppone:«A chi l’hai detto?».
Moglie Peppone: «Alla Principessa. Così, mentre aspetta, noi donne le offriamo il tè... (Rivolta allo Smilzo) Tu fila dalla Celestina e porta qui subito la roba che ti darà. Vedi di non rompere niente!».
Peppone smette di lavorare.
Peppone: «E io, un senatore della Repubblica dovrei permettere che in casa mia...».
Moglie Peppone (interrompendolo): «Se un senatore della Repubblica ripara il motore della figlia del re, perché la moglie del senatore non potrebbe offrirle il tè?».
Peppone:«Io qui agisco come semplice meccanico».
Moglie Peppone: «E io come semplice moglie del meccanico. (Rivolta allo Smilzo) Fila, tu!».
La moglie di Peppone afferra una scopa e la brandisce minacciosamente.
Smilzo (andandosene): «La moglie del meccanico ha sempre ragione...».
Argine. Spiaggetta Peppone che arriva presso la barca e riavvita il motore alla poppa. È solo nella spiaggetta vuota. Si vede la spiaggetta vuota, poi mano a mano che l’obiettivo si alza, un primo cordone di sicurezza composto da uomini di Peppone. Poi la stradetta in salita, poi un secondo cordone di sicurezza, poi la folla sulla strada dell’argine. La folla immobile e silenziosa. Su questo sfondo:
Speaker: «Il meccanico ce la mise tutta e puntualmente, come aveva promesso, dopo due ore il motore era pronto. L’invasione era stata vittoriosamente respinta...».
Peppone ha finito di sistemare il motore. Si risolleva.
Peppone:«Fatto». Entra in campo la Principessa.
Principessa (mette mano alla borsetta): «Quanto le debbo?».
Peppone: «Non c’è fretta, signorina... È sufficiente che lei mi lasci il suo nome... (si fruga in tasca, trae il portafogli e ne cava una tessera)... Ecco, me lo scriva qui».
Primo piano della mano della Principessa che firma la tessera del Pci di Peppone. Gli restituisce la tessera autografata.
Principessa: «Lei è molto gentile e vorrei sapere il suo nome».
Peppone: «Non ha importanza, signorina... Comunque: mi chiamano Peppone, ma il mio nome è Bottazzi Giuseppe».
La Principessa sale sulla barca. Peppone la spinge in acqua e avvia con uno strappo il motore. La barca si stacca dalla riva.
Principessa: «Grazie, signor Bottazzi».
Peppone scatta sull’attenti.
Peppone: «Agli ordini, Altezza Reale!».
Giovannino Guareschi