Claudio Antonelli, Libero 5/3/2014, 5 marzo 2014
IL GRANDE SACCHEGGIO DELLE AZIENDE ITALIANE
Il made in Italy non muore. Cambia pelle e soprattutto proprietà. Dal primo gennaio 2008 a oggi sono passate in mani straniere ben 830 aziende italiane per una valore complessivo di poco superiore ai 101 miliardi di euro. Cifra che arriva tranquillamente a 115 miliardi, dal momento che nelle operazioni più piccole gli importi della cessione non sono dichiarati. Nello stesso periodo (tabelle e approfondimenti domani su Libero) lo shopping italiano all’estero si è fermato a circa 340 prede per un capitale più o meno di 65 miliardi. Nel primo caso l’attenzione è concentrata soprattutto sul lusso e sul settore retail, nel secondo caso, quando siamo noi a investire, c’è molta chimica, farmaceutica e industria connessa alle automobili. Un caso su tutti Fiat a Detroit.
Vi proponiamo l’elenco nominativo di tutte le acquisizioni, fatto esclusione per il mondo delle Pmi. Una lista che meglio di tanti racconti e articoli permette di individuare i settori interessati e anche le strategie sottostanti. Si tratta di un lavoro giornalistico (nell’elenco ci sono anche acquirenti con capitale misto italiano ed estero) e non di una dettagliata analisi di mercato. Abbiamo la consapevolezza di non proporre una ricostruzione da laboratorio scientifico, ma tanto basta - a nostro avviso - per comprendere quali effetti il nuovo made in Italy avrà sulla nostra economia e quali ripercussioni la maggior parte delle operazioni avranno - o potranno avere - sul nostro Pil.
Da un lato l’impoverimento della capacità industriale del Paese è frutto di mala politica, troppi sussidi, zero infrastrutture e alte tasse assieme a una scarsa lungimiranza di imprenditori che non hanno saputo capitalizzare le proprie creazioni, ma dall’altro va sottolineato che su 830 poco più di una ottantina sono acquisizioni di natura finanziaria: le altre sono legate a imprese con Dna prettamente industriale e quindi, generalmente, con progetti di crescita. Con la trasformazione dell’export e l’unificazione -sotto questo profilo - dell’Europa la crescita industriale passa ormai quasi esclusivamente attraverso le acquisizioni. E il made in Italy frammentato non avrebbe più avuto speranza non solo di crescere, ma spesso anche di vivere. L’Italia, dunque, nella globalizzazione ci mette la conoscenza, gli stranieri la distribuzione.E sempre più spesso i soldi. Si può notare che negli ultimi anni lo shopping straniero lungo la penisola è aumentato. Al contrario si è assistito a una diminuzione delle acquisizioni Italia su Italia. Perché, come detto sopra, si è aggiunto un terzo pilastro fondamentale: la liquidità che a noi manca. I Paesi che più stanno scommettendo sull’Italia sono Francia, Usa, Germania, Russia, Corea del Sud e la galassia emiratina.
In generale si può dire che più del 40% delle acquisizioni ha toccato il mondo del retail. Lusso, moda, design, alimentari, grande distribuzione. A seguire il manifatturiero e solo in fondo le partecipazioni in banche e nel mondo dei servizi finanziari. La moda risulta la più pagata. Bulgari è stata acquistata da Lvmhper 4,4 miliardi di euro. Per l’83% di Parmalat, con 4,3 miliardi il giro d’affari, la francese Lactalis ha stanziato 3,7 miliardi. Per l’80% di Loro Piana (630 milioni di fatturato) Lvmh ha investito due miliardi. Poi 1,9 miliardi stanziati da General Electric per Avio, 1,6 miliardi da Edf per Edison, oltre un miliardo dall’americana First Reserve per la minoranza di Ansaldo Energia. A seguire Valentino, Pomellato, Krizia, Pal Zilieri. Per tutti c’è stato o si prospetta un rilancio. Ovviamente non finisce qui. Il perdurare della crisi espone sempre più l’Italia allo shopping estero. Il 2014 ci riserverà molte novità nel bancario, con Alitalia e con alcuni asset in perdita delle big di Stato.