Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 05 Mercoledì calendario

Tanto per capire la passione di Zucchero: «Farò un tour di cinquanta città, in Canada e negli Stati Uniti, andando in posti dove nessun italiano ha mai suonato, e nessuno mi conosce

Tanto per capire la passione di Zucchero: «Farò un tour di cinquanta città, in Canada e negli Stati Uniti, andando in posti dove nessun italiano ha mai suonato, e nessuno mi conosce. Siccome affittare le sale tipo il Madison Square Garden costa un sacco, per risparmiare andremo in giro con uno sleeping bus. Viaggeremo per strada di tappa in tappa, e io dormirò dentro una stanzetta montata tipo camper, insieme agli altri colleghi». Fatichi a pensare che ti trovi davanti a uno dei musicisti italiani di maggior successo di sempre, quando senti Adelmo Fornaciari, detto Zucchero, che presenta la sua prossima impresa alla Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University. Pare di più un ragazzo di Roncocesi, provincia di Reggio Emilia, e lui non se ne vergogna: «Non mi saprei immaginare e nessun altro luogo del mondo, quella terra è la mia radice. Ho imparato a suonare l’organo nella parrocchia di Don Tagliatella, il prete che litigava ogni giorno con mio zio Guerino, detto Guerra, che era il più comunista al mondo. In cambio, dovevo fare il chierichetto la domenica. Poi zio Guerra invitava a pranzo don Tagliatella, perché pensava che si sentisse solo. Come Peppone e Don Camillo: si odiavano tutta la settimana, per motivi ideologici, ma si amavano sul piano umano, e la domenica c’era la tregua». Perché mettersi in gioco così, a quasi sessant’anni, è presto detto: «L’America è all’origine della mia carriera. Quando in Italia nessuno mi si filava, nel 1984 andai a trovare il mio amico chitarrista Corrado Rustici a San Francisco. Mise su una band straordinaria, e cominciammo a suonare. Non avevo neanche i versi delle canzoni, e li inventavo sul momento, usando un inglese maccheronico che faceva morire tutti dalle risate. Poi mandai la registrazione alle case discografiche, che fino ad allora mi avevano sempre detto: ma dove vuoi andare, con quella voce rasposa? Dov’è il bel canto? Beh, mi richiamarono, e così cominciò la mia avventura». C’era una ragione musicale profonda, per partire da lì: «Non so bene perché, ma il blues e il soul mi hanno subito preso. Ai miei tempi in Italia andavano Gianni Morandi e Rita Pavone, che cantavano canzoni romantiche. Niente di male, ma queste storie di persone che non sapevano come vivere una senza l’altra mi annoiavano. Invece tipi come Ray Charles, Otis Redding, cantavano roba vera. Pensai di imitarli, aggiungendo a quella musica un po’ di spirito mediterraneo». Come fece, in certo senso, quando convinse Luciano Pavarotti a cantare con lui Miserere: «Mi ero lasciato con mia moglie, ero depresso. Una mattina mi svegliai e scrissi questa canzone, ma dissi alla casa discografica che aveva senso farla solo con Pavarotti. Loro lo contattarono, e mi dissero che non voleva, Allora lo chiamai io: “Ciao Baciccio - mi rispose lui - perché non viene a cena e ne parliamo?” Si addormentò pure, mentre parlavamo dopo mangiato, ma poi sentì il pezzo e accettò. Ne sono nati quindici anni di collaborazione magnifici, in cui abbiamo raccolto soldi per beneficenza che hanno aiutato bambini in tutto il mondo». Del resto anche Miles Davis si era innamorato della sua musica: «Una volta mi fece chiamare, alle 4 del mattino, perché voleva che suonassi una canzone al suo concerto. Poi però mi cazziò, perché diceva che sbagliavo a farla, anche se l’avevo scritta io». Il suo pezzo che piace di più agli americani è Diamante, e anche qui Zucchero è generoso di particolari: «E’ la canzone dedicata a mia nonna, la persona più dolce della mia vita. Avevo scritto la musica, ma non pensavo di essere abbastanza profondo per i versi. Perciò chiamai il miglior poeta che conoscessi, Francesco De Gregori, e lui accettò di scriverli». Una roba del genere capitò anche con Bono: «Gli mandai la cassetta di una canzone, chiedendogli i testi in inglese. Lui si appassionò e scrisse una storia bellissima legata alla terra. Doveva essere una roba intima, legata al rapporto con suo padre, perché quando poi la sentì registrata per la prima volta, si mise a piangere». Si potrebbe andare avanti così per ore, perché Zucchero non si nega a nulla: «Mi fa piacere che Sorrentino abbia vinto l’Oscar: l’Italia ha un gran bisogno di notizie positive». C’è anche un nuovo governo, adesso: «Mi ha sorpreso come è venuto, però speriamo che funzioni, perché non abbiamo più molte occasioni». Lui è appena volato dall’altra parte dell’oceano a cercarsene una nuova, che comincerà il 13 marzo a Toronto: «La mia è un viaggio, non ci si può mai fermare».