Fabio Monti, Corriere della Sera 5/3/2014, 5 marzo 2014
DUE ANNI DI EUROMERCATO AI RAGGI X
Le parole e i fatti. Anzi i numeri. L’associazione dei club europei (213 società dei 53 Paesi iscritti all’Uefa prima dell’ingresso di Gibilterra), presieduta da Karl Heinz Rummenigge (Bayern), ha chiesto a Ernesto Paolillo, già amministratore delegato dell’Inter e ora consulente dell’Eca e a Emanuele Grasso, partner di PricewaterhouseCoopers, di realizzare uno studio per capire gli orientamenti delle società nell’era del Financial Fairplay. Ne è uscita una relazione sullo stato di salute del calcio europeo, in rapporto al sistema di trasferimenti di 132 pagine, che è stata illustrata ieri a Barcellona, presente il segretario dell’Uefa, Gianni Infantino, durante la 12ª assemblea dell’Eca. Sono state prese in esame due stagioni: il 2011-2012 e il 2012-2013, quando sono stati conclusi 14.322 trasferimenti da parte dei club continentali. Di questi, 9.511 sono rimasti all’interno dell’Uefa, 2.366 sono avvenuti in uscita verso Paesi non europei e 2.445 in entrata. E ancora 5.491 trasferimenti sono stati conclusi dalle società delle cinque principali Leghe europe: Inghilterra, Germania, Spagna, Francia e Italia; 2.935 sono avvenuti in uscita verso altri campionati e 1.446 in entrata, mentre 1.110 trasferimenti si sono concretizzati dentro il perimetro delle cinque grandi Leghe. Il movimento in denaro è stato di 4.853 milioni di euro: 641 milioni di euro sono stati incassati dai club delle cinque Leghe più influenti e provenienti da quelli di altre Leghe; 1.551 sono i milioni di euro versati dai club delle cinque Leghe verso altri Paesi, mentre il movimento all’interno delle potenze calcistiche europee è stato di 2.661 milioni di euro.
Dallo studio esce l’immagine di un calcio vivo e propositivo, ma che ha dato vita a un sistema non equilibrato, con alcuni punti di criticità, che danno l’occasione per tre tipi di osservazioni. La prima: il 73% dei trasferimenti avviene su giocatori liberi da contratto, dunque a costo zero (i parametri Uefa non esistono più dall’estate 1996, come conseguenza della sentenza Bosman). Soltanto il 13% dei trasferimenti è avvenuto per giocatori sotto contratto (tipo quello di Bale dal Tottenham al Real Madrid, per 85,3 milioni di sterline, 100 milioni di euro, anche se è un trasferimento fuori dal periodo preso in esame, come quello «caldissimo» di Neymar dal Santos al Barcellona), mentre per il 14% si è ricorso ai prestiti. Questo ha provocato una doppia conseguenza: nel bilancio delle società, è diminuito il costo per l’acquisizione dei giocatori (dal 28% del 2007 al 22% del 2013), ma è aumentata la voce relativa agli stipendi, con un incremento dell’8,5% rispetto al 2007. Ora la voce legata agli ingaggi incide per il 65% sui bilanci delle società, mentre nel 2007 pesava per il 59%. Questa risulta essere la vera anomalia, che rende sempre difficile la vita delle società, soprattutto in tempi di fairplay finanziario, così come lo ha studiato e sta cercando di farlo applicare l’Uefa.
La seconda osservazione: in questo quadro, è sempre meno efficace il principio del contributi di solidarietà, in base al quale (art. 21 del regolamento Fifa) è necessario riconoscere una quota al club che ha cresciuto il giocatore, in caso di trasferimento entro il 23° anno di età. Negli ultimi due anni, il contributo di solidarietà versato dai club è sceso all’1,15%, con un gran numero di società che ne avrebbero diritto, ma nemmeno lo chiedono (soprattutto in Africa), mentre il passaggio dei giocatori a fine contratto non comporta questo tipo di pagamento. Il contributo di solidarietà nel biennio 2011-2013 avrebbe dovuto essere di 199 milioni di dollari, mentre ne sono stati versati solo 57,9.
La terza osservazione è legata a quello che anche durante l’assemblea di Barcellona di questi due giorni è stato giudicato come l’elemento più preoccupante da parte dei dirigenti. Nelle due stagioni prese in esame, le società hanno speso 254 milioni di dollari (184 milioni di euro) per le commissioni agli agenti (in Italia i procuratori), che riscuotono il 13% di quanto corrisposto al giocatore e che incidono per il 14,6%. C’è poi una questione legata ai prestiti. Solo l’11% delle cessioni temporanee di contratto viene pagato dall’altra società (ma non in Germania, dove la percentuale è molto più alta). Questo significa che i club non operano con razionalità: rose troppo numerose, eccedenza di giocatori nel medesimo reparto, valutazioni affrettate. E alla fine, pur di non averli a carico o di non dover pagare l’ingaggio, le società scelgono la soluzione del prestito gratuito. Non il massimo. Anche su questo l’Eca dovrà lavorare.
Fabio Monti