Sergio Romano, Corriere della Sera 5/3/2014, 5 marzo 2014
Ritengo che l’unica risposta seria dell’Europa alla crisi ucraina e all’iniziativa russa in Crimea sia l’annuncio di un’azione comune dell’Unione Europea che metta finalmente in atto la difesa comune, in pari tempo concordando con gli Stati Uniti, se non il futuro scioglimento della Nato, almeno una sua configurazione che non risulti a priori ostile o minacciosa verso la Russia
Ritengo che l’unica risposta seria dell’Europa alla crisi ucraina e all’iniziativa russa in Crimea sia l’annuncio di un’azione comune dell’Unione Europea che metta finalmente in atto la difesa comune, in pari tempo concordando con gli Stati Uniti, se non il futuro scioglimento della Nato, almeno una sua configurazione che non risulti a priori ostile o minacciosa verso la Russia. Putin ha dalla sua la ragion di Stato, vanta forse non a torto ragioni di sicurezza nazionale; e temo che non si fermerà. E gli Usa, si spera, non reagiranno militarmente per non scatenare una guerra che potrebbe dilatarsi e diventare estremamente pericolosa a livello mondiale (la ricorrenza del centenario del 1914 non ha insegnato nulla?). Le considerazioni della Merkel sono verosimilmente sincere ma inadeguate. Qui bisogna dare sicurezza alla Russia e non la sola Germania ma soltanto un’Europa politica, alleata ma indipendente dagli Usa, lo può fare. E bisogna in pari tempo garantire all’Ucraina un concreto sostegno (i mezzi e le risorse certamente ci sarebbero a livello europeo): un progetto non di ingresso nell’Ue ma di associazione all’Unione, che non precluda i rapporti ad oriente sia dell’Ue che dell’Ucraina. Se fallisce questa sfida scatenata dalla crisi ucraina, che interessa non solo l’Europa ma il mondo, temo che il sogno di un’Europa politicamente unita svanirà. Antonio Padoa Schioppa antonio.padoaschioppa@ unimi.it Caro Padoa Schioppa, N ella crisi ucraina, come in quella georgiana del 2008, la Nato ha molte responsabilità. Secondo le dichiarazioni del suo segretario generale e di alcuni leader occidentali, l’organizzazione si sarebbe ulteriormente allargata sino a comprendere, dopo le tre repubbliche del Baltico, la Georgia e l’Ucraina. Quelle dichiarazioni e il sostegno di alcuni autorevoli protagonisti della vita politica americana come il vicepresidente Dick Cheney e il senatore John McCain, crearono nel presidente georgiano Mikheil Saakashvili un pericoloso senso di sicurezza. Quando decise di riconquistare l’Ossezia nella tarda estate del 2008, Saakashvili credette di potere contare sugli Stati Uniti. Era convinto che Washington, se la Russia avesse reagito con le armi, avrebbe difeso la piccola repubblica caucasica. Vi erano allora in Georgia 900 istruttori militari americani. È possibile che non fossero informati, direttamente o indirettamente, dell’operazione che i georgiani stavano organizzando per la notte tra il 7 e l’8 agosto? È possibile che Washington non fosse al corrente? Se era al corrente e non fece alcunché per convincere Saakashvili a desistere, non è difficile immaginare quali conclusioni Mosca abbia tratto dall’intera vicenda. I russi reagirono duramente, l’America decise che era meglio stare a guardare e lasciò volentieri al presidente francese Nicolas Sarkozy il compito del mediatore. Torniamo all’Ucraina. È probabile che Putin abbia visto nel trattato d’associazione offerto a Kiev dall’Ue il primo atto di una vicenda destinata a concludersi, prima o dopo, con l’ingresso del Paese nell’Alleanza Atlantica. Lei ha quindi ragione, caro Padoa Schioppa, quando sostiene che una riforma della Nato, se non addirittura la sua scomparsa, avrebbe l’effetto di sdrammatizzare l’intera vicenda. Se l’Unione Europea avesse potuto dimostrare che la sua politica non era quella degli Stati Uniti e se avesse dato prova della propria indipendenza creando il proprio strumento militare, sarebbe stato molto più facile fare comprendere a Mosca che il trattato d’associazione avrebbe giovato all’Ucraina e, in ultima analisi, persino alla Russia. Finché il vertice della Nato continuerà ad affermare che le porte dell’organizzazione sono aperte a chiunque ne condivida valori e principi, la Russia, dal canto suo, continuerà a pensare che queste dichiarazioni sono la prosecuzione della Guerra fredda con altri mezzi.