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 2014  marzo 02 Domenica calendario

VIVA L’ITALIA CHE RESISTE A SELFIE, SNEAKER E MAKE-UP


NON siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi. Così disse Vittorio Emanuele II il 10 gennaio 1859. Analogamente e collettivamente, senza plurale maiestatico, non siamo insensibili al grido che si leva da una pagina dell’ultimo Venerdì. L’Accademia della Crusca chiede che l’italiano sia riconosciuto lingua ufficiale nella nostra Carta costituzionale. Nicoletta Maraschio, presidente dell’Accademia, dichiara: «Siamo la quarta lingua più studiata nel mondo e crediamo che darne un riconoscimento ufficiale sia il primo passo verso la valorizzazione dell’italiano, perché una cosa è certa: dobbiamo smetterla di sentirci subalterni, per esempio, nei confronti dell’inglese». D’accordo: già quando leggo o sento in tv spending review o red carpet rimpiango di non avere a disposizione il classico camion di cachi maturi. Si tratta però di stabilire quale può essere la dose minima sopportabile di termini stranieri, anzi diciamo pure inglesi, perché il francese è nettamente secondo (giusto le sfilate di moda), il tedesco quasi non compare e per altre lingue (russo, arabo) è questione di carattere.

Non insensibile, ho spulciato tutte le pagine di Repubblica e Corsera di ieri (regionali escluse) contando le parole inglesi nei titoli e sottotitoli. Corsera: leader, software, web tax, spread, jobs act (ma per chiarire che jobs è acronimo di jumpstart pur business startups: thank you), welfare, under, premier, di nuovo leader, popcorn, tour operator, piercing, privacy, software, sneaker, selfie, make-up, container, design, teenager, ancora make-up. Totale 21. Repubblica: jobs act, austerity, ancora jobs act, gay, meet up, community, reality, escort, baby, app, steelcard, manager, talk, tweet, multitasking, startup, show, pop, technicolor, made in Italy, make-up, total black, tilt, flipper, relax, wags. Totale 26. Nel bel paese dove l’okay suona la battaglia è incerta, e la stessa lingua italiana crea incertezze. Per esempio, il Messaggero dà conto del concerto tenuto da Francesco De Gregori (mai meno di 8) al Chinese Theatre di Los Angeles (mai più di 4): “Quando intona Viva l’Italia scatta la standing ovation”. Etteparéva. Ma qual è oggi l’Italia che resiste? «Quella che si sforza di non perdere il senso di appartenenza e l’orgoglio per questo Paese di grande e sterminata bellezza». Sterminata nel senso di infinita oppure che la stanno facendo fuori? Ai posteri la sentenza.