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 2014  marzo 02 Domenica calendario

ERA DONNA , VESTIVA DA UOMO . E AMAVA LE DONNE


In morte, come in vita, Caterina Vizzani fu creduta da molti quella che non era. E quando nel luglio del 1743 si diffuse la notizia del suo decesso, a Siena, il suo corpo dovette essere esposto in chiesa per accontentare la «folla del popolo, il quale da tutta la Città accorreva per vederla», convinto che la ragazza «fosse Santa» per la «tanta costanza» con cui si era mantenuta pura. Caterina infatti era morta a 25 anni con «un imene bellissimo e intatto», dopo averne vissuti otto facendosi passare per uomo. Solo in punto di morte aveva rivelato chi era e chiesto di venire sepolta «in abito femminile».
Conosciamo la sua storia grazie alla biografia che le ha dedicato il chirurgo dell’epoca Giovanni Bianchi: chiamato a esaminare il suo corpo, scoprì che l’aveva conosciuta anni prima quando Caterina si spacciava per il servitore Giovanni Bordoni. Il medico, a differenza degli altri, non credeva affatto alla sua santità: era anzi certo «della follia grande della Giovane», che consisteva «nell’amare solamente quelle del medesimo sesso». Bianchi, da scienziato, era però deciso a sbrogliare la matassa della sua esistenza e a trovare le ragioni dei suoi appetiti «strani veramente e incredibili». A ricostruire la vicenda della ragazza è ora Marzio Barbagli, in Storia di Caterina , appena uscito per Il Mulino. Il sociologo documenta così uno dei casi di omosessualità che precedono la nascita dell’identità gay (di solito fatta risalire a fine Ottocento).
Sulla passione di Caterina per le fanciulle non ci sono dubbi. Romana, figlia di un «legnajuolo», già a 14 anni era finita nei guai per essersi innamorata (ricambiata) della giovane che le dava lezioni di ricamo. Per poter stare di notte sotto le sue finestre, Caterina aveva preso a travestirsi da maschio ed era poi dovuta fuggire quando il padre dell’amata l’aveva scoperta. Assunto il nome di Giovanni Bordoni, Caterina si era conquistata la fiducia del canonico di Santa Maria in Trastevere, che l’aveva aiutata a trovare lavoro come cameriere del governatore di Anghiari. Lì era riuscita a crearsi la fama di grande donnaiolo, arrivando a infastidire il religioso che l’aveva raccomandata. Tanto che il canonico se ne era lamentato con suo padre Pietro Vizzani. E qui si registra il fatto forse più sorprendente della storia di Caterina/Giovanni: l’uomo aveva tranquillizzato il prete, spiegando con aria sorniona che non c’era niente da temere perché il giovane, in realtà, era «femmina». Il religioso «stupefatto» non ne fece mai parola con nessuno.
Forse anche per questa impunità Giovanni/Caterina andò incontro alla rovina. Divenne infatti così audace da convincere la nipote di un parroco di Ripafratta, vicino Pisa, a fuggire per sposarsi. Scoperta e inseguita dai servitori del prete, fu bloccata alle porte di Siena e punita con il colpo di archibugio che la uccise, svelando chi era. Tornata Caterina, finì sul tavolo per le autopsie del suo futuro biografo: Giovanni Bianchi. Il medico, convinto assertore del metodo sperimentale, non si fermò alle teorie dell’epoca che volevano l’attrazione omosessuale frutto di anomalie anatomiche o di corruzione morale. E teorizzò che era attratta dalle donne semplicemente perché apparteneva alla stirpe di Saffo. Anticipando di molti anni — fa notare Barbagli — la «scoperta» dell’identità gay.