Ennio Caretto, Corriere della Sera 2/3/2014, 2 marzo 2014
DALLE CARTE SEGRETE UNA HILLARY «DAL VOLTO UMANO»
Se nel 2016 Hillary Clinton si candiderà e verrà eletta presidente, la prima donna presidente degli Stati Uniti, il merito non sarà soltanto suo e del marito, l’ex presidente Bill, a cui toccherà il titolo (senza precedenti nella storia americana) di first gentleman. Sarà anche merito del popolo di «Hillaryland», la schiera dei consiglieri e portavoce della ex first lady, in prevalenza donne, che hanno realizzato la più lunga campagna mediatica che la politica statunitense ricordi, intesa a umanizzare la figura di una leader così forte da essere chiamata «la leonessa» al suo esordio sulla scena nazionale. Nata alle elezioni del ’92, quando Hillary, allora una dei cento più noti avvocati del Paese, spiegò di non essere «una casalinga cucina-biscotti», questa campagna è tuttora in corso. Obiettivo: trasformare «la leonessa» da una forza che divise l’America in una forza che unisce.
È quanto si deduce dalle quattromila pagine dei documenti top secret della Presidenza di Bill Clinton, gennaio 1993 - gennaio 2001, resi pubblici l’altro ieri, a cui faranno seguito nelle prossime settimane altre ventimila. I documenti, in maggioranza comunicazioni interne della Casa Bianca, mostrano il progetto della metamorfosi di Hillary da political wife (moglie di un politico)a political leader . Di fatto, con due anni di anticipo, la pubblicazione dei documenti voluta da Bill Clinton segna l’inizio della campagna elettorale del 2016 per la Presidenza. E’ significativo che ai documenti sia stato tolto il segreto su autorizzazione del presidente Obama, che dopo avere sconfitto la ex first lady alle elezioni del 2008 la nominò segretaria di Stato. Sebbene non ufficiale, l’eventuale candidatura di Hillary, che non ha rivali nei sondaggi, avrebbe il suo appoggio implicito.
Il problema di conferire un volto umano a Hillary si presentò subito, nel 1993, aggravato dalla decisione di Bill di affidare alla moglie la riforma sanitaria. I repubblicani ebbero buon gioco a boicottare la riforma, e alle elezioni congressuali del 1994 «Billary» e i democratici subirono una batosta perdendo sia il Senato che la Camera. La portavoce, l’italo americana Liza Caputo, suggerì persino che Hillary prendesse parte a sitcom tv.
Il cambiamento inizia nel ’95, quando la signora assume le vesti di ambasciatrice itinerante con la figlia Chelsea, e di paladino delle donne («i loro diritti sono i diritti umani» dichiarerà a Pechino). E raggiunge l’apice nel ‘99, quando lei si candida a senatrice dello Stato di New York. La sua consigliera Mandy Grunwald la istruisce: «Sii molto informale. Sfoggia il tuo humor. Non essere sempre sulla difensiva, non alzare mai la voce». In parte, Hillary ha già riscosso la simpatia popolare con la sua dignitosa difesa del marito nel Monicagate, lo scandalo di Bill con la stagista Monica Lewinsky. Ma al popolo di «Hillaryland» ciò non basta. I suoi seguaci le propongono una «offensiva del sorriso» con i media, e lei la conduce fino in fondo. Viene eletta al Senato trionfalmente, e nel 2008 verrebbe eletta presidente non fosse per il carismatico Obama.
I documenti «desecretati» non riguardano il quadriennio di Hillary al Dipartimento di stato, gennaio 2009 - gennaio 2013. Ma alla guida della diplomazia l’America ha visto una nuova Hillary, non più saccente ma quasi umile, non più «nemica combattente» come l’aveva chiamata Donald Rumsfeld, bensì amica. Si può discutere se questo ennesimo cambiamento sia dovuto solo alla campagna mediatica o piuttosto a età ed esperienza. L’ottobre del 2016 la nuova Hillary «ammorbidita» (si dice voglia un nipote da Chelsea), compirà 69 anni. Se si presenterà davvero alle elezioni e se le vincerà, l’America potrebbe avere anche il primo presidente nonna.
Ennio Caretto