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 2014  marzo 02 Domenica calendario

BARRACCIU: IO INDAGATA? IL MIO PARTITO È GARANTISTA


Francesca Barracciu, subentrata poco più di un anno fa per il Pd al Parlamento europeo quando Rosario Crocetta è diventato presidente della Regione Sicilia, racconta che sapeva in anticipo che «c’era la possibilità di diventare sottosegretario». Così l’altro ieri mattina aspettava serenamente, «perché poteva succedere o non succedere».
È successo che ha avuto la Cultura. E si parla di un risarcimento per aver rinunciato — dopo un avviso di garanzia per peculato — a correre come presidente della Regione sarda. Nell’inchiesta «spese pazze» le è stato contestato l’uso di 33 mila euro durante il mandato da consigliera regionale nel triennio 2006-2008; lei dice che si è trattato di rimborsi chilometrici «come da tabella Aci», spostamenti in auto «per attività politico-istituzionali».
«Risarcimento è un’espressione che proprio non mi piace. Io ho esperienza politica e istituzionale, titoli di studio adeguatissimi e resistenza al lavoro molto alta. Ho iniziato a fare la gavetta a 28 anni, mi sono conquistata tutto senza fare sgambetti né ricevere regali. Alle ultime Europee ho avuto 117 mila preferenze, un risultato storico per la Sardegna».
Chi l’aveva informata della possibilità di un incarico di governo?
«Moltissimi compagni di partito speravano che accadesse».
Avrà avuto contatti con Renzi, no?
«Sì, ho avuto qualche contatto con la segreteria nazionale e sapevo che poteva esistere una possibilità del genere».
A dicembre lei era la candidata del Pd per la presidenza della Sardegna e, anche dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, dichiarava «non farò alcun passo indietro». Poi, invece, lo ha fatto.
«Renzi non mi ha mai chiesto di rinunciare alla candidatura, quindi non c’è stata alcuna trattativa su una contropartita. L’ho fatto perché metà del Pd sardo mi diceva che ero indebolita politicamente e che questo avrebbe potuto causare una sconfitta. E anche alcuni alleati mi dicevano che, in caso di futura condanna, sarebbe decaduto tutto il Consiglio. Quindi ho deciso di ritirarmi. Matteo Renzi mi ha riconosciuto responsabilità e generosità per questo».
Si è chiusa una porta, ma poi si è spalancato un portone. Quando ha ricevuto l’avviso di garanzia non ha pensato che fosse opportuno ritirarsi?
«Il Pd è un partito garantista, il suo codice etico non esclude che ci si possa candidare in caso di avviso di garanzia. Neppure per rinvio a giudizio. Inoltre, il 22 dicembre i sondaggi, che conservo, mi davano due punti avanti a Cappellacci. E poi, quando abbiamo fatto le primarie che ho vinto, io non avevo nessun avviso di garanzia mentre il mio avversario Gianfranco Ganau ne aveva uno e anche un rinvio a giudizio. Però nessuno ha fatto il cancan che dopo hanno organizzato su di me».
Perché? Come se lo spiega?
«…Un mistero della fede…».
Dicono che questa sua nomina sia anche servita a bypassare la sua richiesta dell’assessorato alla Sanità nella nuova giunta regionale sarda. Una cosa che avrebbe creato imbarazzi al nuovo presidente, Francesco Pìgliaru.
«Non ho mai chiesto alcun assessorato. Non credo neppure che sarebbe opportuno un mio ingresso in Giunta, sarei potuta essere una presenza ingombrante».
Conosce Renzi da molto tempo?
«No, solo dalle ultime primarie del partito. E ho pensato subito che avrebbe potuto rappresentare la svolta per il Pd e per il Paese».
Non crede che, in un clima di crisi e risparmi, i sottosegretari nominati siano troppi?
«Una squadra è grande o piccola a seconda di quanto produce. Lavoreremo con i ritmi dettati dal presidente del Consiglio e risparmieremo il tempo».
Pochissime donne in questa squadra.
«Credo che, in questo caso, abbia giocato il tasso di conservazione dei partiti».
Il suo primo obiettivo concreto?
«Cagliari capitale della cultura: per il bene della Sardegna e di tutto il Paese».
Si è subito dimessa da europarlamentare?
«Devo sistemare alcune cose, lo farò in tempi brevi».
Daria Gorodisky