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 2014  marzo 04 Martedì calendario

LA FOLLE CORSA DEL BRASILE TRA RITARDI, PROTESTE E PAURA


Gru, ponteggi, decine di ruspe e centinaia di operai al lavoro anche in questi giorni di vacanza nazionale, causa Carnevale. Visto dall’Itaquerao – il nuovo stadio in costruzione alla periferia est di San Paolo, dove tra 100 giorni Brasile e Croazia giocheranno la partita inaugurale – il Mondiale è un cantiere aperto. Circondato da proteste, polemiche e ritardi.
Bisognerà aspettare maggio per la consegna di questo impianto già costato 820 milioni di reals (oltre 250 milioni di euro) e due vite (gli operai morti a novembre, ma è di 6 il conto delle vittime del lavoro negli stadi) a cui mancano però metà degli spalti e gran parte delle infrastrutture. «Ci sono due impianti in ritardo», ha ammesso il segretario generale della Fifa Valcke. Oltre all’Itaquerao, ad allarmare la Fifa è lo stadio di Curitiba, record negativo («sarà un miracolo se lo completeremo per fine maggio», dice un responsabile del cantiere) e già quasi cancellato come sede, diventerà di proprietà dell’Atletico Paranaense che però non ha i soldi per pagarlo e «dimostra poca trasparenza nei bilanci», secondo le autorità. A Belo Horizonte invece il maltempo ha provocato (sabato, prima del match del Cruzeiro) il crollo di parte del tetto dell’impianto inaugurato un anno fa. A Porto Alegre, più semplicemente, mancano le opere di urbanizzazione: ovvero, lo stadio c’è, marciapiedi e strade no.
Insomma, un allarmante conto alla rovescia, con il governo di Dilma Rousseff costretto a pompare denaro in vista del traguardo: solo 8 stadi su 12 sono stati consegnati. «Nel 2007 l’allora presidente della Federazione aveva detto che questo Mondiale sarebbe stato pagato interamente dai privati», commenta Bernardo D’Itri, reporter della Folha de Sao Paulo. «Invece oggi sappiamo che, al 98%, saranno spesi soldi pubblici». E mentre si parla di «inflazione da Coppa» e si annunciano inchieste per corruzione, vengono meno i tempi necessari per i collaudi. Ma dal suo ufficio di Rio, Ricardo Trade, direttore operativo del Comitato organizzatore, parla di «situazione sotto controllo: siamo fiduciosi». Non lo sono altrettanto i brasiliani: un sondaggio della Folha de Sao Paulo rivela come solo il 52% (contro il 79% di 5 anni fa e il 65% del giugno scorso) si dichiari a favore del Mondiale.
Il ministro dello Sport, Aldo Rebelo, che ha confessato come una delle tante opere previste, la ferrovia per collegare aeroporto e centro città a Cuiabà, nel Mato Grosso, non sarà pronta («Un tratto verrà consegnato prima dei Mondiali, un altro dopo»), interrogato da Repubblica ostenta ottimismo: «Non posso negare i ritardi, ma saremo pronti per ospitare una grande edizione del Mondiale e il Paese intero ne trarrà vantaggi: il Brasile è la casa del calcio». Da San Paolo gli risponde Juca Kfouri, veterano del giornalismo sportivo: «Questa del Brasile casa del calcio è una bugia: nel nostro campionato la media è appena di 15mila spettatori a partita, meno che nella serie B tedesca. E i biglietti per gli incontri del Mondiale, da 150 reals (47 euro, ndr) in su, non sono alla portata della maggioranza dei brasiliani». La sintesi di Kfouri: «Il Brasile ha fatto il passo più lungo della gamba. E vivremo due Mondiali: uno sfavillante negli stadi, con la regia della Fifa; e un altro nelle nostre città, dove è impossibile prevedere il livello di tensione. Se sarà pari a quello della Confederations Cup, allora il disastro sarà totale».
«La crescita economica si è fermata, poi ci hanno detto che arrivava un altro padrone, la Fifa, a gestire l’evento che al Brasile non lascerà nulla», dice Leandro, studente universitario, 22 anni, che dieci giorni fa era in piazza con migliaia di persone qui a San Paolo per urlare “No vai a ter Copa” (Il Mondiale non si farà), slogan in cui si sono radicalizzate le proteste che lo scorso anno infiammarono il Brasile. Eccolo, l’altro incubo brasiliano: le manifestazioni di piazza e la violenza. «Il governo federale sarà responsabile della sicurezza all’esterno», replica Trade. «E all’interno ci saranno 1.200 nostri steward in ogni impianto: non succederà nulla». E allora l’unico punto fermo sembra essere la selecao del “conservatore” Scolari: anche per l’amichevole di domani contro il Sudafrica Felipao punta sul gruppo che ha vinto la Confederations ed evita le novità invocate da stampa e tifosi. Intanto, qui nella pancia dell’Itaquerao Roger si toglie il casco da lavoro e sorride: «Noi dobbiamo finire lo stadio in tempo, ma lui deve portarci in finale: non so cosa sia più difficile».