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 2014  marzo 04 Martedì calendario

RISCHIA DI INCEPPARSI LA CORSA ALL’EXPORT DELLE IMPRESE ITALIANE


MILANO «La correggo: perché è vero che nel 2013 valeva il 20% dei ricavi ma questo è già il passato, nel presente bisogna vedere cosa accade». Riccardo Rosa è pragmatico, e del resto gli ultimi segnali in arrivo dell’est europeo per la sua azienda non sono entusiasmanti. Per la Pmi lombarda di macchinari, 12 milioni di ricavi e 60 addetti, fino allo scorso anno la Russia rappresentava oltre un quinto del giro d’affari ma la crisi Ucraina rischia di cambiare drasticamente il quadro, come in parte sta già accadendo. «Alcuni progetti per 2-3 milioni di euro in Russia e Ucraina sono stati messi in stand-by fino ad aprile – spiega Rosa – per ora è un rinvio, si vedrà».
L’apprensione dell’imprenditore non è affatto isolata: con 2,9 miliardi di export è infatti proprio l’industria italiana dei beni strumentali la più esposta verso Mosca davanti ad abbigliamento, mezzi di trasporto, calzature e mobili. E in un anno mediamente poco brillante per i ricavi italiani oltreconfine, giù dello 0,1% nel 2013, il balzo di oltre otto punti dell’export verso la Russia con il nuovo record storico a 10,8 miliardi ha rappresentato un toccasana determinante per molte nostre aziende.
Le stesse categorie italiane "vincenti" in Russia (robot, abbigliamento, mobili e calzature) sono al top tra le voci di export anche in Ucraina, dove però l’impatto globale di un rallentamento degli acquisti sarebbe di molto inferiore: verso Kiev abbiamo spedito lo scorso anno merci per un controvalore di due miliardi, lo 0,5% del nostro export globale. Diverso invece il quadro in Russia, dove rispetto ai minimi del 2009 le nostre vendite sono quasi raddoppiate spingendo il Paese all’ottavo posto tra i mercati di sbocco per la nostra manifattura: 30 milioni di vendite ogni giorno, sabati e domeniche inclusi, grazie in particolare alla spinta di robot e macchinari.
«Difficile al momento fare valutazioni – spiega il presidente di Federmacchine Giancarlo Losma – certo è che questo è un mercato su cui contiamo, il quinto per i macchinari, capace negli ultimi anni di darci grandi soddisfazioni. La preoccupazione immediata è legata al crollo del rublo, svalutazione che rende sempre più costosi in valuta locale i prodotti importati: quota 50 euro non si era mai vista e questo è un serio problema».
Altro settore fortemente proiettato verso Mosca è il legno-arredo, capace di esportare quasi 700 milioni di euro lo scorso anno, con la Russia quarto mercato di sbocco. «Spero, anzitutto per le persone coinvolte, che la situazione si normalizzi – commenta il presidente di Federlegno–Arredo Roberto Snaidero – certo se la Russia rallentasse gli acquisti sarebbe un guaio. I timori maggiori sono però per l’Ucraina, la fiera chiave del settore è stata rimandata di tre mesi e questo non è certo un bel segnale». «Mi sembra di rivedere quello che è accaduto in Nord Africa un paio di anni fa – spiega l’ad di Poliform Giovanni Anzani – con i mercati che crollano per motivi "politici" proprio mentre sono in una fase di sviluppo. Questa situazione è preoccupante perché rischia di rallentare o spostare in avanti progetti di investimento».
Alle preoccupazioni di chi esporta si aggiungono le apprensioni di quanti hanno investito direttamente nel Paese: sono poco meno di 500 le partecipazioni italiane in imprese russe, forti di 38mila addetti e ricavi per 41 miliardi. «Eravamo già in una fase complicata – spiega il presidente di Sigit Pierangelo Decisi, imprenditore della componentistica presente in Russia dal 2007 – con il mercato interno in frenata e il rublo in caduta libera. Siamo molto preoccupati perché ora questa crisi non può che aggravare la situazione: per chi ha investito in Russia il quadro complessivo in questo momento è drammatico». La bresciana Camozzi è invece presente direttamente nel "cuore" della crisi in Crimea, a Simferopoli, con un’unità produttiva da 80 addetti dedicata alla componentistica per automazione industriale. «Speriamo in un’evoluzione positiva della crisi – racconta il direttore generale di Camozzi spa Marco Camozzi – anche se rispetto a quello che è accaduto a Kiev lì mi segnalano per ora una situazione tranquilla. Certo, è pieno di truppe e vedere in giro soldati e carri armati non è il massimo, la preoccupazione ovviamente rimane».