Luca Cifoni, Il Messaggero 4/3/2014, 4 marzo 2014
TASI, PER ORA PAGA ANCHE LA CHIESA
ROMA Anche le chiese, gli edifici religiosi e quelli delle associazioni no profit pagheranno la Tasi, la nuova tassa sui servizi indivisibili dei Comuni. Almeno, questo è quanto dovrebbe prevedere il decreto legge che contiene le norme sugli enti locali, la cui pubblicazione in Gazzetta ufficiale attesa per la serata di ieri è slittata all’ultimo momento. Il testo non dovrebbe aver subito modificazioni rispetto alle bozze della scorsa settimana, anche se il ritardo nella formalizzazione potrebbe sottintendere che qualche forma di ripensamento è in corso nelle ultime ore.
I PATTI LATERANENSI
Se la scelta originaria sarà confermata, saranno esplicitamente esentati dal nuovo tributo solo i circa 25 edifici che in base ai Patti Lateranensi sono riconosciuti extraterritoriali o comunque esenti da ogni forma di prelievo. L’inserimento di quest’ultima clausola è stata una forma di prudenza da parte dell’esecutivo, visto che comunque il Concordato tra Stato e Chiesa è in vigore. Mancava invece un riferimento diretto agli edifici di culto, che con l’Ici e poi con l’Imu erano esplicitamente esclusi dall’applicazione dell’imposta.
L’orientamento del governo potrebbe comunque non essere definitivo. La rinuncia a definire il tema in forma specifica apre la strada a due possibilità. L’esecutivo potrebbe riservarsi la facoltà di farlo in un momento successivo, durante l’iter parlamentare del decreto. In questo modo ci sarebbe tempo per valutare tutte le implicazioni e apportare i necessari aggiustamenti. L’altra opzione è sfruttare la natura federale del tributo e lasciare la decisione finale ai singoli Comuni, che nell’ambito dei propri margini di manovra potrebbero decidere per un’esenzione piena agli immobili ecclesiastici ed eventualmente a quelli delle Onlus, oppure prevedere comunque detrazioni o trattamenti differenziati.
Qualora il governo tornasse sui suoi passi, la scelta potrebbe cadere su un regime simile a quello utilizzato attualmente per l’Imu, che nasce a sua volta da anni di ambiguità a proposito del campo di applicazione dell’Ici, la precedente imposta comunale sugli immobili. L’assetto definito per rispondere alle obiezioni dell’Unione europea, ma finora non ancora andato a regime, prevede accanto all’esenzione totale per i luoghi di culto propriamente detti un regime misto per gli altri immobili, che siano di proprietà della Chiesa cattolica oppure di altre confessioni religiose o ancora di associazioni no profit. Per ciascun immobile deve cioè essere verificato il tipo di utilizzo che ne viene fatto: per le parti in cui si tratta di un’attività commerciale (un negozio, una scuola con rette di iscrizione, una clinica e così via) l’imposta è dovuta, per le altre no.
PRIMA RATA A GIUGNO
Con la definizione di questo tassello le norme sulla tassazione degli immobili dovrebbero trovare la loro veste definitiva, dopo che quasi un anno fa il governo Letta aveva annunciato di voler rivedere l’intera materia. La prima rata dovrebbe andare in pagamento entro il 16 giugno, almeno nella maggior parte dei Comuni visto che anche su questo aspetto gli enti locali godono di margini di autonomia.
Per i sindaci non sarà comunque facile definire l’esatta griglia di aliquote e detrazioni. Lo stesso decreto di cui si attende la pubblicazione prevede infatti la possibilità di arrivare per l’abitazione principale ad un prelievo massimo del 3,3 per mille e per gli altri immobili dell’11,4 (insieme all’Imu), anche se non contemporaneamente: il maggior gettito rispetto ai tetti fissati rispettivamente al 2,5 e al 10,6 per mille dovrà finanziare detrazioni d’imposta per l’abitazione principale che sulla carta dovrebbero escludere un aumento del prelievo rispetto alla vecchia Imu. Ma potrebbe risultare complicato garantire questo effetto a livello di singolo contribuente.