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 2014  marzo 04 Martedì calendario

CONTI PUBBLICI, 10 VERITÀ DA SPIEGARE A BRUXELLES


ROMA Da molto tempo sostengo che il governo italiano deve impegnarsi a comunicare meglio ed in modo più sistematico ai cittadini, ai mercati ed alle istituzioni internazionali gli sforzi e i sacrifici che il nostro Paese sta facendo per stabilizzare le finanze pubbliche, oltre che per riposizionarsi in modo vincente nello scenario della competizione globale. Per la verità, il governo Letta aveva già cominciato ad attivarsi maggiormente sul fronte della comunicazione rispetto al passato. A Renzi e al nuovo ministro dell’economia Padoan, non fosse altro per l’irruenza con cui il nuovo esecutivo si è sostituito al precedente e per il carico di aspettative che lo stesso Renzi ha generato, spetta ora il compito di accelerare non solo sul piano delle riforme ma finalmente anche su quello comunicazionale.
SECONDA POTENZA INDUSTRIALE
Perché l’Italia non è solo – e comunque lo è in minima parte – quella del “triangolo dei fuochi”, degli sprechi dei consiglieri regionali del Piemonte, del Lazio o della Sicilia, della burocrazia opprimente e dell’evasione fiscale. L’Italia, nonostante la crisi della domanda interna causata dall’austerità e dal conseguente crollo della produzione e dell’occupazione, resta la seconda potenza industriale d’Europa dopo la Germania, con il quinto surplus manifatturiero con l’estero al mondo nel 2013, pari a 98 miliardi di euro; è il secondo Paese Ue per pernottamenti di turisti stranieri dopo la Spagna e il primo per pernottamenti di cinesi, americani e giapponesi; inoltre, è il secondo Paese Ue per valore aggiunto dell’agricoltura dopo la Francia. Ma soprattutto l’Italia è da anni il Paese che sta gestendo più virtuosamente di tutti le proprie finanze pubbliche. Sono gli interessi sul debito a metterci in difficoltà e a mortificare i nostri sforzi. Non sappiamo ancora che cosa il nostro governo intenda “contrattare” con Bruxelles, nel delicato equilibrio tra la ricerca di un rilancio della crescita e il rispetto dei vincoli comunitari. Sappiamo però ciò che il nostro Governo dovrebbe spiegare preliminarmente ed in modo chiaro alle istituzioni e ai mercati. Si tratta di 10 punti fondamentali che non sono abbastanza noti o addirittura non sono conosciuti per niente, sia in Italia che all’estero.
1) Il debito pubblico italiano è una pesante eredità del passato; si è formato soprattutto a seguito di prolungati e crescenti disavanzi statali primari negli anni ’80 fino agli inizi degli anni ‘90. Fu quella una delle grandi colpe della Prima Repubblica. Ma da allora le cose sono radicalmente cambiate. Infatti, dal 1992 ad oggi l’Italia ha sempre presentato tutti gli anni un avanzo statale primario (cioè al netto degli interessi), con la sola eccezione del 2009, in cui il nostro Paese ha fatto registrare un deficit primario pari allo 0,8% del Pil. Nessun altro Paese dell’Ue, né gli Usa o il Giappone, è stato capace di fare altrettanto negli ultimi ventidue anni, pur avendo molte economie goduto di entrate fiscali “gonfiate” dalla bolla immobiliare e finanziaria. Inoltre, per ben 14 anni il nostro surplus primario è stato superiore al 2% del Pil. Sia chiaro: ciò è stato merito principalmente delle famiglie e delle imprese italiane, che hanno pagato sempre più tasse, e ben poco dello Stato che non è riuscito a tagliare, se non marginalmente, spese improduttive e sprechi.
2) Dagli inizi degli anni ‘90 ad oggi la «quota di mercato» dell’Italia nel debito pubblico totale dell’Eurozona è costantemente calata, sia in valore sia come rapporto debito/Pil. In particolare, dal 3° trimestre 2008 al 3° trimestre 2013, cioè durante l’attuale crisi, il debito pubblico italiano è quello aumentato percentualmente di meno in valore monetario rispetto all’Ue, agli Usa e al Giappone, dopo il debito della Svezia.
3) Nel 2013, l’Italia dovrebbe presentare, secondo la Commissione Ue, un surplus pubblico primario di 36 miliardi di euro: un risultato davvero notevole, specie considerando che è stato ottenuto in un anno di recessione e che, per un confronto, l’avanzo statale primario più alto di un Paese come la Francia in tutta la sua storia è stato di soli 21 miliardi di euro (nell’ormai lontano 2001).
4) Nel quadriennio 2012-2015, a politiche invariate, il deficit/Pil dell’Italia sarà sempre sotto il 3% (ultime stime della Commissione Europea).
5) Nel quadriennio 2012-2015 l’Italia sarà costantemente il Paese dell’Ue con il più alto avanzo statale primario/Pil, mentre Francia, Spagna, UK ed anche USA e Giappone sono tuttora ampiamente in deficit primario e ci resteranno ancora per anni. Per un confronto, nel 2013 il surplus primario dell’Italia è stato pari al 2,3% del Pil contro il 2,2% della Germania. Entro il 2015, secondo la Commissione UE, dovremmo salire al 3,1%. Ma se ci fosse lasciato un po’ più di margine per la crescita e rimanessimo al 2,3% non sarebbe certo la fine del mondo.
6) Dal 1996 al 2013 l’Italia ha generato il più grande avanzo statale primario cumulato in valore dell’Occidente avanzato (poco meno di 600 miliardi di euro) e il secondo dell’Eurozona in punti percentuali di Pil, pari al 47%, dopo la Finlandia. La Germania, per un confronto, nello stesso periodo ha avuto un avanzo statale cumulato del 16%.
7) Dall’inizio della crisi dell’Eurozona l’Italia ha generosamente accresciuto il proprio debito pubblico di 55 miliardi per aiutare i Paesi più in difficoltà. Ma nessuno ci ha mai detto grazie con voce udibile.
8) Il debito pubblico estero italiano, in base a dati del 2012, è pari solo al 45% del Pil, un valore in linea con quelli di Paesi «virtuosi» come la Finlandia (44%) o la Germania (43%), ed inferiore a quello della Francia (50%).
9) Il debito pubblico interno italiano è indubbiamente alto rispetto al Pil, dunque va bloccato, ma è ampiamente gestibile se confrontato con l’ingente ricchezza finanziaria netta delle nostre famiglie (178% del Pil) che sorregge il sistema bancario-finanziario nazionale e lo Stato stesso. In ciò l’Italia si differenzia nettamente dalla Spagna, la cui ricchezza finanziaria netta delle famiglie è estremamente modesta (85% del Pil) e copre a malapena il debito pubblico interno.
10) La stessa Commissione europea riconosce che nel medio-lungo termine, grazie alle riforme pensionistiche già adottate, l’Italia presenta il più basso profilo di rischio finanziario del debito pubblico tra tutti i Paesi Ue. Sarebbe già un buon inizio per il governo Renzi se finalmente il nostro Paese spiegasse con chiarezza questi 10 punti agli italiani e ai commissari europei. Perché non ci sarà ripresa senza un po’ più di orgoglio nazionale e fiducia. E non ci sarà nemmeno capacità di contrattazione con l’Europa senza una migliore conoscenza dei fatti.