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 2014  marzo 04 Martedì calendario

LA MIA ROMA CAFONA SENZA PIÙ DOLCE VITA


Nessuno, più di me, può gioire alla vittoria del film di Sorrentino all’Oscar. Perché è un riconoscimento vero a tutti quelli che hanno raccontato quella Roma lì, che non c’è più. «La grande bellezza» è nata e cresciuta anche sulle pagine de Il Tempo, dove ho lavorato per molti anni. Sorrentino si è ispirato alle immagini che pubblicava questo giornale e Dagospia. Quando stava girando il film Paolo sfogliava spesso i libri che ho scritto con Roberto D’Agostino, «Cafonal» e «Ultracafonal», pieni di fotografie di feste e personaggi di questa capitale decadente. Proprio in quelle pagine abbiamo immortalato il cardinale, contornato dal «generone» romano, che si ritrova anche nella pellicola di Sorrentino. Nelle mie foto il porporato si buttava sul buffet con la porchetta, e questo è l’unico particolare che il film non ha ripreso. Del resto il regista ha costruito una narrazione per il grande pubblico, andando sullo stesso piano del grande Fellini. Credo che andrà ancora raccontato, forse per una platea più ristretta, il cambiamento antropologico di quel mondo. Io ho cercato di farlo con le mie fotografie. Per questo penso che la «grande bellezza» sia, in realtà, una «grande tristezza». Insomma, direi agli americani, e non solo a loro: «Non sognatevi che esista ancora la dolce vita»....
Non ci sono più i grandi personaggi, i Mastroianni, le Loren, gli Onassis. Non c’è più quella via Veneto. Ormai sulla scena ci sono solo meteore. Frequento ancora le feste ma non vedo altro che mezze calzette. Una piccola, non so neanche quanto dolce, vita, in cui i protagonisti sono banchieri, manager e politici. Un ricordo sbiadito del passato. Vince la nostalgia: le donne invecchiano e provano a restare a galla andando a rifarsi la faccia. Facce che cadono e distruggono le signore. Nella mondanità romana non ci sono più i giovani ma solo i nostalgici. Mi diverto a raccontare questo mondo ma mi rattristo se penso a come sia diventato. Altro che «grande bellezza».