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 2014  marzo 04 Martedì calendario

1956, L’ANNO DEGLI INGANNI DA BUDAPEST AL CANALE DI SUEZ


Ho letto la sua risposta sulla rivoluzione ungherese del 1956 e ora vorrei da lei maggiori informazioni su quella rivolta. Durante la rivoluzione ungherese non ero ancora nato e i libri di testo di storia su cui ho studiato ancora non ne parlavano.
Severino Cazzani
Pavia

Caro Cassani,
La rivoluzione ungherese fu l’ultimo degli avvenimenti che scossero dalle fondamenta il blocco sovietico dopo la morte di Stalin il 5 marzo 1953. Il primo fu la grande manifestazione operaia di Berlino Est il 16 giugno dello stesso anno: 30.000 persone nelle vie della città per chiedere migliori condizioni di lavoro e invitare il Paese a uno sciopero generale. Il secondo fu la protesta dei cittadini di Praga, nello stesso mese, contro l’iniqua riforma monetaria dei giorni precedenti. I moti di Berlino furono soppressi con i carri armati dell’esercito sovietico e la manifestazione di Praga venne dispersa dalla polizia.
Ma il XX Congresso del Pcus (partito comunista dell’Unione Sovietica), nel febbraio del 1956, e il rapporto segreto di Kruscev contro gli orrori dello stalinismo offrirono ai polacchi e agli ungheresi occasioni per proteste molto più diffuse e radicali. In ambedue i Paesi i dimostranti, studenti e operai, chiedevano anzitutto il ritorno alla vita pubblica di leader comunisti riformatori che erano stati sospettati di «titoismo» ed epurati durante le ultime purghe staliniane: Wladislaw Gomulka in Polonia e Ferenc Nagy in Ungheria. Ma alle origini della protesta vi erano anche il disagio economico e il risveglio del sentimento nazionale.
I sovietici furono preoccupati soprattutto dagli avvenimenti della Polonia, una nazione che era già insorta contro la Russia zarista nel 1830 e nel 1863. Dopo un viaggio di Kruscev a Varsavia, permisero che Gomulka venisse «riabilitato», richiamarono a Mosca il loro proconsole (il maresciallo Konstantin Rokossowskij, un russo di origine polacca), autorizzarono la liberazione del cardinale Wyszynski e permisero agli agricoltori di conservare i quattro quinti della terra coltivabile.
In Ungheria, invece, la loro reazione fu molto meno conciliante. Fra gli scontri dei dimostranti con la polizia segreta durante la grande manifestazione popolare del 23 ottobre e l’ingresso dei carri armati sovietici a Budapest corrono soltanto poche ore. Seguì una sorta di stallo. Mentre i dimostranti strappavano al regime il ritorno di Nagy, i sovietici stettero a guardare e, anzi, ritirarono i carri armati dalla città. Ma non appena Nagy, alla testa di un nuovo governo, denunciò il patto di Varsavia (la Nato del blocco sovietico) e dichiarò che l’Ungheria voleva essere neutrale, i sovietici tornarono con un corpo di spedizione e spensero la rivoluzione nel sangue. Erano decisi a impedire che il successo della protesta ungherese ridesse fiato a quelle di Berlino, Praga e Varsavia.
L’Urss fu favorita dalla coincidenza di altri due avvenimenti. Il 31 ottobre, le truppe francesi e inglesi s’impadronirono del canale di Suez. Il 4 novembre, le truppe israeliane raggiunsero il Canale. Il 7 novembre, l’Assemblea delle Nazioni Unite ingiunse a Francia e Gran Bretagna di ritirare le proprie truppe; e nello stesso giorno Eisenhower fu eletto per la seconda volta alla presidenza degli Stati Uniti. L’azione anglo-francese ebbe un duplice effetto: dimostrò che il militarismo non era soltanto comunista e dette a Kruscev l’occasione di atteggiarsi a protettore dei Paesi arabi con dichiarazioni che allontanavano da Budapest gli sguardi della società internazionale.