Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 4/3/2014, 4 marzo 2014
CIR E BANCHE DISTANTI, RESTA IL NODO GOVERNANCE
L’aumento di capitale porterebbe gli istituti in maggioranza GdF Suez muove su Tirreno Power
MILANO — Non è stato decisivo l’incontro di ieri mattina nella sede milanese di Mps tra la Cir della famiglia De Benedetti e le banche creditrici di Sorgenia: ci vorrà ancora del tempo perché si possa trovare una soluzione al problema del debito eccessivo della società elettrica controllata dalla Cir, schiacciata da un debito di 1,86 miliardi di cui 600 milioni in eccesso. Le trattative sono in corso da mesi e dovrebbero chiudersi a breve per evitare che Sorgenia si trovi costretta a portare i libri in Tribunale, visto che avrebbe liquidità fino a metà marzo e l’amministratore delegato Andrea Mangoni ha chiesto fin dallo scorso dicembre una moratoria (standstill) fino al prossimo luglio. Ma i due fronti sono ancora lontani sia sull’aumento di capitale sia sulla governance.
Il nodo è innanzitutto quello dell’esborso finanziario da parte dell’azionista di maggioranza di Sorgenia, la Cir presieduta da Rodolfo De Benedetti e guidata dall’amministratore delegato Monica Mondardini, l’unico socio (ha il 52%) al tavolo delle trattative visto che il partner austriaco al 46%, Verbund, si è tirato da parte svalutando a zero la partecipazione.
Le banche hanno proposto a Cir una soluzione 1 a 2: per ogni euro messo da Cir in aumento di capitale le banche ne metterebbero 2. Al gruppo di De Benedetti sono stati chiesti 150 milioni, a fronte dei quali le banche — un pool di 21 istituti tra i quali Mps (la più esposta), Unicredit, Banca Imi, Bpm, Banco Popolare, Ubi Banca — convertirebbero 300 milioni di debiti, stralciando o trasformando in bond convertendo i restanti 150 milioni. Cir però continua a non voler mettere sul piatto più di 100 milioni. In questo caso le banche potrebbero convertire solo 200 milioni di euro. In entrambe le ipotesi, gli istituti si ritroverebbero con i due terzi della società. Ma è qui l’altro nodo: la governance.
A fronte di un esborso maggiore Cir vorrebbe avere più peso nella gestione dell’azienda e non accetterebbe di rimanere in minoranza. Per questo motivo è sul tavolo anche l’ipotesi di convertire i crediti delle banche in «nuovi strumenti partecipativi», azioni privilegiate dal punto di vista del rendimento ma con minori poteri di governance. Saranno necessari ulteriori giorni di negoziati tra le parti, sapendo comunque che il tempo stringe: domani Sorgenia riunisce un consiglio di amministrazione per fare il punto sulla situazione.
Ieri pomeriggio intanto si sono incontrati anche i creditori di Sorgenia Power, la controllata che possiede tre delle quattro centrali termiche del gruppo. A questo livello la situazione del debito è meno problematica e si lavorerebbe esclusivamente a un allungamento delle scadenze. E circa l’altra partecipata (al 39% indiretto), Tirreno Power, ieri si è fatto sentire per la prima volta il socio di maggioranza, Gaz de France, aprendo a un intervento. «Il management di Tirreno Power sta analizzando, avviando e implementando una serie di iniziative per migliorare la situazione», ha detto Aldo Chiarini, ceo di GdF Suez Energia Italia e presidente di GdF Suez Energy South Europe, «e con gli azionisti e le banche stanno valutando ogni scenario potenziale e le relative conseguenze. Finora, nessuna decisione è stata presa. GdF Suez, per quanto la riguarda, conferma il suo impegno in Italia in generale e, sul caso specifico, a realizzare ogni tentativo, con gli altri azionisti, per preservare assets e valore di Tirreno Power».