Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 4/3/2014, 4 marzo 2014
NUOVA INCHIESTA SUI DEBITI DELLA FONDAZIONE MPS
MILANO — Si sposta sulla Fondazione Mps il faro della procura di Siena che indaga su Mps e sull’acquisizione di Antonveneta per 9 miliardi a fine 2007 e su come l’operazione fu finanziata. Mentre l’indagine principale a carico degli ex vertici e manager a cominciare da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni per ostacolo alla vigilanza, manipolazione del mercato, insider trading e falso in prospetto approda giovedì in udienza preliminare, i pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso hanno avviato un’inchiesta-stralcio, sembra per ostacolo alla vigilanza, su come la Fondazione Mps abbia potuto accumulare fino a 1,1 miliardi di debiti nei due aumenti di capitale di Mps del 2008 e del 2011, sottoscritti integralmente per non diluirsi sotto il 50%. I due aumenti hanno messo a rischio il patrimonio dell’ente di Palazzo Sansedoni allora presieduta da Gabriello Mancini e contemporaneamente hanno fatto concentrare in maniera eccessiva il patrimonio della Fondazione sulla banca conferitaria. Per questo motivo ieri sono stati sentiti come persone informate sui fatti l’ex ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, e Giovanni Sabatini, ex dirigente generale (dg) della direzione IV, quella sui servizi bancari e finanziari, e dal 2009 dg dell’Abi, alla presenza anche del comandante del nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza, il generale Giuseppe Bottillo e del colonnello Pietro Bianchi, cui l’indagine è affidata.
I pm in particolare vogliono approfondire come la Fondazione sia stata autorizzata a sottoscrivere 490 milioni di obbligazioni Fresh nel 2008: l’ente, non disponendo di liquidità, scelse di sottoscrivere dei titoli derivati, cosiddetti Tror, di fatto prendendo a prestito il capitale ma rimanendo esposto alle oscillazioni di valore del Fresh stesso. Nel 2011 invece l’ente sottoscrisse un prestito da 600 milioni dando in pegno le sue azioni Mps.
Uno dei punti centrali di questa nuova indagine sono le dichiarazioni dell’ex ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, che ai tempi degli aumenti di capitale era direttore generale del ministero, sentito a Roma a settembre 2012. Grilli allora non seguì direttamente l’autorizzazione ma si informò sul tema: «Il ministero aveva chiesto informazioni quanto ai Fresh. Mi sembra ci capire che da questa autorizzazione non fosse chiarito completamente la portata finanziaria dell’operazione Fresh». Esistono agli atti delle note scritte dell’allora direttore generale in cui sarebbe indicato di «non procedere»: Agli atti c’è una nota manoscritta da Grilli, che i pm mostrano all’ex dg, in cui è scritto tra le altre cose «non procedere». L’annotazione, sottolineano i pm, recita «mi pare cosa rilevante per non essere passata da me». Il documento risale a luglio 2008, mentre — dice Grilli — «l’autorizzazione era stata già data sin da febbraio. Sabatini però non c’era più. Rivera (Alessandro, successore di Sabatini alla direzione IV, ndr ) probabilmente mi diede delle spiegazioni che non ricordo esattamente. ... La mia eventuale preoccupazione era relativa all’aumento della concentrazione di rischio e che fossero state valutate tutte le conseguenze… Peraltro come ministero sul punto non disponiamo di poteri pregnanti come Bankitalia: disponiamo solo di una moral suasion verso i vigilati». E continua: «Quando io restituii il carteggio (a Rivera, ndr ) gli dissi che cose così rilevanti dovevano passare da me, come accadde quella successiva, cioè in occasione del successivo aumento di capitale». L’operazione del 2011, spiega sempre Grilli, «era dovuta ad una fase correttiva ... tenuto conto del portafoglio di titoli di Stato detenuto da Mps. ... Quanto alla Fondazione, l’autorizzazione è stata data per l’importanza di finalizzare un aumento di capitale a salvaguardia dell’integrità della banca stessa e quindi dell’investimento stesso della Fondazione. Non essendo contra legem era poi nel giudizio della Fondazione considerare bene i rischi. ... La preoccupazione del Tesoro era anche quella di salvaguardare il sistema finanziario italiano».