Monica Guerzoni, Corriere della Sera 4/3/2014, 4 marzo 2014
GENTILE SI DIMETTE E LANCIA ACCUSE: «MANDANTI E ASCARI CONTRO DI ME»
ROMA — Aveva provato ad arroccarsi, ad abbarbicarsi con tutte le sue forze alla seggiola di sottosegretario alle Infrastrutture lottando contro la «macchina del fango». Ma alle otto di sera Antonio Gentile si è arreso e ha annunciato le dimissioni dal governo con una lettera indirizzata a Renzi, Napolitano e Alfano. Missiva a tinte forti, in cui si dipinge come un politico «senza alcuna macchia» e accusa «mandanti e ascari» di aver voluto «mascariare in modo indegno» la sua persona, espressione che in dialetto significa tingere con il carbone.
Si chiude così la «tragicomica vicenda» che ha messo in forte difficoltà Palazzo Chigi e che il protagonista, chiedendo che sia «fatta luce su tutto», ritiene architettata con «la volontà pervicace di colpire Renzi». Il premier ha scelto la via di una moral suasion soft, lasciando ad Angelino Alfano tutto il peso della decisione. E ieri, a dimissioni annunciate, ha fatto filtrare il suo sollievo per il passo indietro: una scelta che ha lasciato al leader del Nuovo centrodestra, ma che il capo dell’esecutivo ovviamente «rispetta e apprezza».
Per due giorni Alfano aveva provato a difendere il suo senatore, contando su un abbassamento della temperatura politica che invece non si è registrato. Sulla testa di Gentile incombeva la sfiducia individuale presentata dal M5S e poi da Sel. Una mozione che avrebbe lacerato la maggioranza, spaccato il Pd, costretto Gentile a lasciare sulla spinta di un voto favorevole e portato il governo sul baratro: sì, perché Renzi aveva fatto capire ad Alfano che avrebbe lasciato ai democratici libertà di voto, anche su eventuali mozioni contro altri esponenti del governo nel mirino.
Gentile è accusato di aver censurato il quotidiano l’Ora della Calabria per la notizia di un’indagine a carico del figlio Andrea e in Parlamento molti si aspettano che il senatore possa ricevere un avviso di garanzia. Ma la Procura di Cosenza — che ieri avrebbe iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di violenza privata Umberto De Rose, titolare della tipografia che stampa il quotidiano — ha precisato che Gentile non è indagato.
Eppure la pressione mediatica rischiava di salire ancora. E così ieri, dopo una giornata di contatti con Renzi, Alfano si è chiuso in una stanza con Gentile e i dirigenti del suo partito e insieme si è convenuto che il tempo di mollare era arrivato. Alfano ha convinto Gentile a «rifarsi una verginità» lasciando e rilanciando, poi gli ha reso pubblicamente l’onore delle armi per aver rassegnato le dimissioni «senza che alcuna comunicazione giudiziaria lo abbia raggiunto, per il bene comune e con grande generosità». Per il titolare del Viminale «viene prima l’Italia» e presto, si augura l’ex vicepremier, il tempo «darà ragione» al suo senatore. Quanto al posto da sottosegretario, l’idea è quella di non chiederlo per un altro esponente di Ncd, così da mettere agli atti che la resistenza dei primi giorni non era dovuta alla poltrona. Alfano e i suoi restano convinti che la ragione sia dalla parte di Gentile e che il senatore riuscirà a dimostrarlo. Lo dice a Porta a Porta Gaetano Quagliariello: «La verità gli renderà onore. Ora si apra una seria riflessione su stato di diritto, politica e informazione». E Renato Schifani: «Ncd non è il partito delle poltrone, ma della responsabilità e del coraggio».
Restano, di questo primo inciampo del governo Renzi, le cento drammatiche righe di addio vergate dal senatore calabrese: «Lo stillicidio, che ha trovato l’acme allorquando sono stato nominato sottosegretario, mi ha portato a una decisione sofferta, maturata nell’esclusivo interesse del mio Paese e nel rispetto del mio partito». Gentile si dice vittima di una «bufera mediatica» e del «medievalismo più opaco, fatto di congetture astruse e di mera cattiveria». Sottolinea di essere incensurato e di non avere alcuna indagine a suo carico. «Sono divenuto carne da macello per soddisfare la bulimica perversione di chi intende la lotta politica come mezzo di sopraffazione» scrive il coordinatore di Ncd in Calabria: «Aspetto che la magistratura smentisca le illazioni gratuite di cui sono vittima». Nella lunga missiva, con cui respinge le «accuse infamanti», c’è anche un passaggio dedicato ai direttori delle principali testate italiane, da de Bortoli a Mauro, da Calabresi a Napoletano, che avevano chiesto in coro a Renzi di costringere l’esponente del governo alle dimissioni. Gentile definisce la libertà di stampa «un bene supremo» e chiede ai giornali di dedicare alla sua «battaglia per la verità» lo stesso spazio che è stato dedicato a coloro che ritiene i suoi accusatori.