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 2014  marzo 04 Martedì calendario

PUTIN SOTTOVALUTA I MERCATI LA BANCA CENTRALE ALZA I TASSI


MOSCA — Dove non arriva la diplomazia, potrebbe riuscire l’economia. Ieri i mercati hanno reagito assai male all’aumento della tensione in Europa e ingenti capitali sono fuggiti dalla Russia, alla ricerca di ripari più sicuri. La borsa è scesa del 10,8 per cento, la Banca Centrale ha dovuto spendere 10 miliardi di dollari per difendere il rublo che ha raggiunto il minimo storico rispetto al dollaro e all’euro (oltre 50 rubli per un euro). La Banca di Russia ha anche aumentato di un punto e mezzo il tasso di sconto al 7 per cento. E Gazprom, il colosso del gas che pompa metano in Ucraina e in tutt’Europa, ha visto calare le sue quotazioni del 13 per cento in pochi minuti.
Le finanze sulle quali Vladimir Putin ha potuto contare fino ad oggi per i suoi programmi grandiosi di rilancio dell’immagine russa nel mondo (naturalmente prima dell’invasione della Crimea) rischiano di prosciugarsi, con la crescita che rallenta e il bilancio statale in difficoltà. Sanzioni, l’eventualità di una estromissione di Mosca dal G8, il congelamento dei capitali all’estero sono tutti strumenti da ultima spiaggia che potrebbero però avere effetti devastanti sull’economia russa. E sulla politica.
Non è forse un caso che ieri il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, un diplomatico generalmente assai compassato, abbia reagito in maniera quasi isterica alle voci di sanzioni o boicottaggio: «Coloro che ne parlano sono proprio quelli che hanno sistematicamente incoraggiato la negazione del dialogo e hanno alla fine favorito la polarizzazione della comunità ucraina».
Gli oligarchi che sembrano diventare sempre più ricchi, ma anche le grandi imprese statali sotto lo stretto controllo del Cremlino sono fortemente legati ai mercati occidentali. Negli ultimi tempi Putin ha aumentato la pressione per chiedere maggiori investimenti in patria, soprattutto nelle imprese che a lui stanno più a cuore. A cominciare dalle Olimpiadi di Sochi, dove tutte le maggiori aziende si sono impegnate in prima persona: Gazprom, il gruppo di Deripaska, quello di Potanin, eccetera. Ma di fronte a un forte aumento delle tensioni e a una rottura con Londra e New York, chi si azzarderà a mantenere in patria i propri capitali? O addirittura a riportare in Russia quelli conservati nei forzieri delle banche estere? Nel 2013 la fuga di capitali dalla Russia è ammontata a 80 miliardi di dollari, contro una previsione iniziale della banca centrale di 10 miliardi. Adesso la situazione potrebbe diventare assai più drammatica.
Da sempre Mosca conta sulle entrate legate alle esportazioni di gas e petrolio. Inoltre il metano è stato più volte usato come arma di ricatto nei confronti dei vicini assetati di energia. Gazprom ha già fatto sapere che probabilmente annullerà a partire dal prossimo trimestre gli sconti sul prezzo praticato a Kiev: 268,5 dollari per mille metri cubi, contro un prezzo precedente di circa 400 dollari.
Ma l’inverno sta finendo e in questi giorni gli ucraini riempiono di gas scontato i loro depositi importando più del doppio del metano che normalmente passa nei tubi. Anche nell’Europa Centrale e in quella Occidentale le cose non sono favorevoli a Gazprom. Un inverno mite e migliori infrastrutture hanno fatto ridurre a tutti i consumi. Inoltre i depositi non sono vuoti: i polacchi hanno il 70 per cento delle riserve possibili; cechi e slovacchi sono al 35 e 45 %; la Germania, il maggior consumatore, è al 60 per cento. Pure in Italia i depositi hanno parecchio gas, mentre le linee che arrivano dal Nord Africa hanno ripreso a funzionare abbastanza regolarmente.