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 2014  marzo 04 Martedì calendario

CROLLA IL RUBLO E TRASCINA AL RIBASSO ANCHE LE BORSE EUROPEE


MILANO —Il precipitare della crisi tra Russia e Ucraina spaventa gli investitori, che fuggono dal rischio in cerca dei beni rifugio tradizionali: oro, yen e franco svizzero. Ma, in previsione del peggio, si impennano anche i prezzi del petrolio e del grano, visto che l’Ucraina è considerata il granaio d’Europa. Il Brent risale a quota 112,40 dollari al barile, mentre l’oro torna ai massimi di fine ottobre, a 1.355 dollari l’oncia. Il risultato, dopo mesi di rialzi, è una vendita generalizzata di azioni, che ieri ha mandato a picco i principali listini del pianeta.
La parola d’ordine, fin dall’apertura delle Borse, è uscire dal rischio russo. Così Mosca paga il prezzo più alto: alla chiusura l’indice Micex crolla del 10,8%, il peggior ribasso degli ultimi 5 anni, mentre il rublo scende ai minimi storici sull’euro, fino a 50,20, mentre il cambio sul dollaro scivola a 36,44, il minimo dal 2009. E a poco è servito l’intervento della Banca centrale guidata da Elvira Nabiullina che, per arginare la caduta della valuta, ha alzato i tassi di interesse dal 5,5% al 7%, il maggior rialzo dal 1998, due mesi prima che il Paese finisse in default.
Il pericolo adesso è che la stretta monetaria freni ulteriormente la crescita russa in un momento di difficoltà per l’economia, con il settore manifatturiero in contrazione da 4 mesi consecutivi (il dato è di ieri).
Ma anche l’Ucraina paga un prezzo altissimo. Per capire quanto sia drammatica la situazione, basti pensare che ieri i titoli di Stato denominati in dollari in scadenza nel 2014 sono schizzati di 17 punti percentuali portando il rendimento al 43%, mentre l’interesse pagato sui bond decennali (sempre denominati in dollari) è intorno al 10,5%. E in caduta libera è anche la valuta ucraina, che dall’inizio dell’anno ha perso il 22% sul dollaro.
L’incertezza contagia però anche le monete dei Paesi più fragili, lo zloty polacco, il fiorino ungherese, e la lira turca, mentre si rafforzano il franco svizzero, che va ai massimi (da un anno) sull’euro e (da oltre 2 anni) sul dollaro, e lo yen giapponese. Le scosse generate dalla crisi di Crimea si trasmettono agli altri listini europei, penalizzando soprattutto quelli più connessi con l’area di crisi. A cominciare dalla Germania: a Francoforte l’indice Dax perde il 3,44%. Ma anche Milano chiude in profondo rosso: il Ftse All Share scende dello 3,25% e il Ftse Mib il 3,34%. E se i segni sono tutti meno, i ribassi più forti riguardano il gruppo di cemento Buzzi Unicem (-8,08%), molto esposto in Russia e in Ucraina, Unicredit (-6,16%) e UnipolSai (-6,13%). A Parigi il Cac40 arretra del 2,66%; mentre la Borsa di Londra si ferma a -1,49%.
In ribasso anche Wall Street. A circa un’ora dalla chiusura, il Dow Jones perdeva l’1,1% e l’indice Nasdaq dei titoli tecnologici oltre lo 0,8%.