Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 4/3/2014, 4 marzo 2014
LA GIOIA DELL’«ORA»: ABBIAMO OSCURATO GLI OSCAR
COSENZA — «Raga’ ecco è confermato: si è dimesso Gentile». «Evvai». L’ovazione è da gol ai mondiali. C’è chi leva in alto le mani. Chi si copre il volto, felice. Chi grida. Chi abbraccia Saverio Paletta, l’autore dello scoop censurato sul figlio di Tonino Gentile, Andrea, indagato per aver riscosso una consulenza d’oro dall’Azienda sanitaria di Cosenza. Lui, «jolly della redazione», come si definisce con semplicità, afferra il telefonino, legge un sms e lo alza come un trofeo. È della sua fidanzata, avvocato, che ha appena sentito la notizia e ha scritto, acuta: «Era l’Ora».
Esplode di entusiasmo la redazione dell’Ora della Calabria quando Antonio Gentile, l’uomo forte del governatore Giuseppe Scopelliti, ras della provincia di Cosenza, molla la poltrona di sottosegretario. Ha un bel dire il caporedattore Francesco Ferro a redarguirli: «Non si fa così. Non si gioisce mai». Loro sorridono, mulinellano la mano in segno di esagerazione, e replicano: «E che sarà mai... Si è dimesso, mica è morto». È il giorno della rivalsa in questo open space spartano, nella zona industriale di Rende (Cosenza). Il rospo ingoiato martedì scorso, quando lo scoop difeso dal direttore Luciano Regolo a dispetto delle minacce sul «cinghiale ferito che ammazza» era stato vanificato dal misterioso incendio di una lastra della tipografia, è stato ripagato. Con gli interessi. E ai titoli del Tg5 c’è chi esulta: «Abbiamo oscurato pure l’Oscar a Sorrentino».
Al telefono con Ferro il direttore, ieri a Milano per il compleanno del figlio, reimposta il giornale. Cestina la lettera-appello che aveva preparato per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. E si mette a scrivere l’editoriale che oggi sarà in edicola dal titolo: «l’Ora della speranza». «È stata talmente grande la reazione della gente, con messaggi, telefonate, tweet, che mi ha ricordato la primavera araba. Questa è una terra dove la gente è stanca di chinare la testa. E questa prepotenza subita di non vedere addirittura pubblicato il giornale dove c’era una notizia che non doveva essere letta è stata pesante per la redazione, eccellente, di questo quotidiano, ma anche per le persone comuni».
Le quattro pagine sul caso Gentile riprendono forma. C’è n’è una che ricostruisce il peso politico del senatore, fratello di un assessore regionale, oltre ventimila voti in grado di tenere sotto scacco l’Ncd di Angelino Alfano. Soprattutto in vista delle elezioni europee. Un’altra con il seguito della notizia oscurata: l’inchiesta sulla maxi consulenza da 900mila euro che secondo la magistratura Andrea Gentile avrebbe incassato. Si corre con il fiato sul collo delle chiusure anticipate alle quali ora non intende concedere deroghe lo stampatore Umberto De Rose. Lui che si era fatto intermediario delle minacce del «cinghiale» e ora si ritrova per questo indagato con l’accusa di violenza privata. Non sapeva De Rose che in viva voce, oltre all’editore Alfredo Citrigno lo stava ascoltando e registrando anche il direttore Regolo. «Le prove delle pressioni di Gentile ci sono eccome — spiega il direttore — ci sono gli sms che aveva inviato il figlio Andrea all’editore. Citrigno la sera, a mezzanotte e mezzo, quando stavo uscendo dal giornale me li aveva riferiti. E la telefonata, annunciatami dall’editore e messa in viva voce, è inequivocabile. Per fortuna ho avuto la prontezza di registrarla».