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 2014  marzo 01 Sabato calendario

LE 45 TOP LADY DI BORSA


Otto ministri donna su un totale di 16. Ma non solo. Il premier Matteo Renzi è andato oltre sulle quote rosa alla guida del Paese. «In Parlamento non penso sia possibile raggiungere l’obiettivo centrato con la formazione dell’esecutivo», ha ammesso nei giorni scorsi Renzi nel suo intervento alla Camera, «ma il governo può prendere un impegno serio: la presenza di donne manager competenti, a prescindere dalle loro posizioni politiche, nelle posizioni apicali delle aziende pubbliche». Dove per apicale si intende anche il ruolo di ad.
Insomma, il neo premier si è sbilanciato anche se su questo fronte nella selezione di viceministri e sottosegretari ha dovuto fare un passo indietro per mantenere gli equilibri all’interno della compagine che lo sostiene. Alla fine su 44 sottosegretari (di cui 9 viceministri) soltanto 9 sono donne (al Lavoro, Teresa Bellanova e Franca Biondelli; allo Sviluppo Economico, Simona Vicari; alle Riforme e Rapporti con il Parlamento, Maria Teresa Amici; all’Ambiente, Barbara Degani e Silvia Velo; all’Istruzione, Angela D’Onghia; alla Cultura, Francesca Barracciu e Ilaria Borletti Buitoni). E pensare che nelle liste indicate ai partiti il rapporto era ancora più penalizzante quanto a quote rosa: una su otto.
Ma se all’interno del governo le donne sono rappresentate in modo più che onorevole e se nelle seconde linee lo sono un po’ meno, com’è la situazione nelle aziende quotate? Perché, se è vero che ormai le società di Piazza Affari devono per legge adeguare le presenze in consiglio di amministrazione alle quote di genere, è anche vero che spesso la soluzione trovata per soddisfare il rispetto delle quote rosa è stata quella di arruolare signore in cda nel ruolo di consiglieri indipendenti. Il che significa che, benché forti di curriculum di peso, non entrano poi nella gestione operativa aziendale. Un esempio per tutti è quello dell’economista Lucrezia Reichlin, consigliere indipendente di Unicredit che secondo indiscrezioni è stata in corsa per il ministero dell’Economia ed è tuttora candidata alla vicepresidenza della Bank of England.
In alternativa, più spesso nelle quotate, le donne che siedono in cda hanno ruoli non esecutivi in rappresentanza delle famiglie azioniste. Per esempio, è questo il caso di Fulvia e Giovanna Ferragamo o di Antonella e Maria Paola Merloni in Indesit.
Mentre poi certo non mancano esempi di donne che siedono nei cda oppure nei consigli di gestione nel caso di governance duale con ruoli non esecutivi in rappresentanza di azionisti istituzionali. Per esempio, in Moncler siedono due rappresentanti del colosso francese del private equity Eurazeo, Virgine Morgon e Vivianne Akriche, dove la prima è in realtà una vera top manager, perché di Eurazeo è chief operating officer.
MF-Milano Finanza ha condotto un’indagine sulle principali società quotate a Piazza Affari, vale a dire sulle 40 che compongono l’indice Ftse Mib, sulle 69 dello Star e sulle 60 dell’indice Ftse Mid Cap (parecchie di queste ultime sono anche componenti dello Star).
L’obiettivo era appunto individuare quali fossero le donne con un ruolo esecutivo di peso. Il risultato è nella tabella in pagina e non è certo confortante, visto che sul totale di oltre 130 società esaminate, emergono soltanto 45 donne manager in cda o comunque con ruoli nella prima linea di management. In particolare, spiccano tra le blue chip con ruoli di primo piano Marina Natale, il cfo di Unicredit, e Ilaria Dalla Riva, responsabile delle risorse umane di Mps. Ma anche Paola Mungo, direttore generale di Azimut Holding. Quanto alle società a media capitalizzazione, spiccano l’amministratore delegato di Cir e del Gruppo L’Espresso, Monica Mondardini, e il direttore generale di Moncler, Monica Sottana, oltre ovviamente a donne manager che sono anche tra i principali azionisti delle società che guidano, come Alberta Ferretti in Aeffe. Infine, sempre nelle società a media capitalizzazione, si trovano anche donne che appartengono alla famiglia principale azionista e che hanno anche ruoli manageriali in azienda, pur non essendone il motore principale. Il riferimento è a Cristina Bombassei in Brembo, a Silvia Grassi Damiani in Damiani o ad Alessandra Parpajola in Biesse.
La tabella, invece, esclude tutte le donne che siedono nei board con ruoli non esecutivi o di consiglieri indipendenti. Così, per esempio, Marina Berlusconi compare solo come presidente esecutivo di Mondadori, mentre non compare in tabella in relazione a Mediaset, di cui è solo consigliere non esecutivo. Marina è poi presidente esecutivo di Fininvest, che però non è quotata e quindi non rientra tra le società sottoposte all’analisi.
In ogni caso, va segnalato che tra le 40 società del Ftse Mib ce ne sono ancora nove che non hanno nemmeno una donna nel board, neppure come membro non esecutivo o come indipendente, evidentemente perché non è stata ancora rinnovata la struttura di governo sulla base dei nuovi canoni normativi.
Secondo i calcoli di Spencer Stuart pubblicati nell’Italia Board Index 2013, l’Osservatorio sui cda delle società quotate italiane, l’anno scorso erano in rinnovo 37 consigli (di cui 10 di società del Ftse Mib). Nelle 37 società in rinnovo, sono stati nominati 113 consiglieri donna, che rappresentano il 25,2% dei consiglieri rinnovati. Interessante anche osservare che tra i 113 consiglieri donna nominati nell’ambito delle società in rinnovo, 61 di loro sono entrate per la prima volta negli ultimi 5 anni nel board di una società quotata (di cui 19 in società del Ftse Mib). Di queste 61 donne, ben 50 sono connotate come indipendenti e le rimanenti 11 come non esecutive.