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 2014  marzo 01 Sabato calendario

LE RIVOLTE BUONE E QUELLE CATTIVE


Sappiamo che la storia dell’Ucraina è particolare. Nondimeno la cacciata con la violenza delle armi del presidente Yanukovich, di cui è stata richiesta anche l’incriminazione davanti al Tribunale internazionale dell’Aja, pone importanti questioni di principio. Finora per le democrazie occidentali era pacifico che una rivolta armata della popolazione fosse legittima quando era contro un dittatore, come in Tunisia con Ben Alì, in Egitto con Mubarak, in Libia con Gheddafi (anche se, per la verità, in questo caso più che il popolo furono i missili francesi a cacciare il rais). Ma Yanukovich era arrivato al potere democraticamente nel 2010 col 51,8% dei voti, in elezioni che erano state considerate regolari anche da quell’Occidente che deve sempre ficcare il naso dappertutto. Eppure in Ucraina l’Occidente si è schierato dalla parte della piazza e di una rivolta armata estremamente violenta (quando si sequestrano una sessantina di poliziotti si è fuori da qualsiasi manifestazione, per quanto dura, espressa democraticamente) e contro il presidente che aveva dalla sua il suffragio della maggioranza e che ha reagito con altrettale, e forse anche maggiore, violenza. Yanukovich, sotto le pressioni della piazza e dell’Occidente, è stato costretto a fuggire.
Ebbene, se vale un principio affermato dall’Occidente in Ucraina, e cioè che anche un regime democraticamente eletto può essere legittimamente rovesciato con la violenza, non si vede perché non possa essere applicato anche in Italia. Anzi a maggior ragione in Italia, in cui da cinquant’anni almeno non esiste più una democrazia ma una partitocrazia, dove cioè i partiti, scavalcando completamente il ruolo loro affidato dalla Costituzione (art.49), hanno arbitrariamente e illegalmente occupato tutto l’occupabile, dalle Istituzioni (Presidenza della Repubblica, Parlamento, consigli regionali, provinciali, comunali, comitati di zona), il parastato, la Rai e anche ampi settori del privato spingendosi giù giù fino ai Consigli di circolo didattico, che sono associazioni di genitori all’interno degli istituti scolastici.

TRANQUILLI. Non succederà nulla. Gli italiani sono troppo slombati, infiacchiti dal cosiddetto benessere per avere la vitalità di ribellarsi. Solo se la crisi economica dovesse acuirsi ulteriormente e se si arrivasse alla fame, quella vera (che non vuol dire essere costretti a fare acquisti più oculati alle Coop), poiché “il bisognino fa trottar la vecchia”, come dicono in Toscana, ci potrebbe forse essere una rivolta violenta anche da noi contro questo regime (oltretutto ladro in maniera al cospetto della quale gli struzzi e i rubinetti d’oro di Yanukovich fanno ridere). Solo il Movimento 5 Stelle avrebbe potuto tentare un’avventura del genere. Ma Grillo ha scelto, responsabilmente, la via di una rivoluzione pacifica, ma pur sempre antisistema. Lo disse chiaramente fin dall’inizio, l’8 settembre del 2007, al primo V-day di Bologna, cui partecipai anch’io, Gabanelli, la Guzzanti, Travaglio: “Noi viviamo in una partitocrazia, non in una democrazia”. E lo ha ribadito fino alla nausea e ancora pochi giorni fa nello streaming con Renzi: “Io non posso essere democratico con te” (sottinteso: perché tu rappresenti un regime antidemocratico). Ecco perché non si può essere “aperturisti” come i quattro senatori che sono stati espulsi. Sarebbe come se, durante il regime mussoliniano, un gruppo di antifascisti avesse cercato un accordo con i fascisti. Con i fascisti, per restare a questa metafora, non si tratta.

SEMMAI l’errore di Grillo, nella sua ansia di democratizzazione universale via web, è stato quello di affidare la decisione delle questioni più importanti alla Rete e di non aver capito che un movimento rivoluzionario, sia pur pacifico, ai suoi inizi non può che essere leninista. Trotskij represse nel sangue la rivolta dei marinai di Kronstadt cui pur era sentimentalmente vicino. Siamo in un’altra epoca, in un’altra situazione, in un altro tutto. Qui ci sono state solo quattro espulsioni di senatori che, come probabilmente molti elettori di 5 Stelle, non hanno capito qual è l’autentica sostanza del movimento di Beppe Grillo.