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 2014  marzo 03 Lunedì calendario

CAOS DI NAVI A NORD: L’ARTICO È UN’AUTOSTRADA


È un colossale business. Può essere un colossale rischio. E’ destinato a cambiare gli equilibri geopolitici ed economici del mondo. In tempi nemmeno troppo brevi. E’ il Passaggio a Nord-Est. La via dell’Artico, la Northern Sea Route che attraverso il mare di Barents, l’Oceano Artico e lo stretto di Bering collega Cina, Giappone, Asia all’Europa. La Russia è il padrone che controlla i passaggi. Putin lo dichiara apertamente. “La nuova rotta è in arrivo”, lo ha rassicurato Sergei Frank, direttore della compagnia di navigazione statale Sovcomflot. “Stiamo costruendo tre rompighiaccio atomici e cinque diesel - snocciola l’ambasciatore russo per gli Affari artici Anton Vasiliev - dieci centri di ricerca e soccorso e altrettanti porti. Ed è in preparazione una nuova costellazione di satelliti per assistere la navigazione”.
I ghiacci si sciolgono e l’ampio braccio di mare sta diventando un’affollata rotta commerciale. Nel 2011 le navi dall’Europa e arrivate in Asia da nord erano 34, nel 2012 sono state 36, l’anno scorso 71. Il tragitto è del 30-40% più corto rispetto al Canale di Suez da cui passano 18 mila imbarcazioni l’anno. “Vista da Pechino, Kirkenes è la destinazione più vicina d’Europa” dice Tang Guoqiang, l’ex ambasciatore di Pechino a Oslo. Il paese norvegese è a 15 chilometri dalla Russia, 500 dal circolo polare.
Rompighiaccio in azione
Il rompighiaccio Snow Dragon nel 2012 è stata la prima imbarcazione cinese ad attraversare il passaggio a Nord-Est. Il Yong Sheng del colosso cinese Cosco Group il primo porta-container ad aver mai navigato quel tratto di mare, 19 mila tonnellate di prodotti asiatici, partenza da Dalian l’8 agosto, arrivo a Rotterdam l’11 settembre 2013.
Si progettano grandi viaggi e grandi affari. Colossi del mare e delle trivelle. L’United States Geological Survey ha stimato che sotto l’Artico siano conservate il 30% delle rimanenti risorse globali di gas e il 13% del petrolio. La paura è però che salti in un altro tappo decisivo del sistema-Terra. Nel nord del pianeta la temperatura negli ultimi 50 anni è cresciuta quattro volte in più che nel resto della superficie terrestre. I ghiacci scomparsi in 20 anni sono 13 volte la Norvegia.
In Groenlandia l’anno scorso si è sciolta una superficie di ghiaccio equivalente a quella che, spessa due metri, ricoprirebbe tutta l’Australia. Il paese scommette sull’effetto serra per potersi permettere l’indipendenza totale dalla Danimarca. L’Ultima Thule è una delle zone in assoluto più ricche di risorse naturali: petrolio, nickel, argento, molibdeno, rubini, uranio , terre rare, rame e molto altro. I suoi 57.000 abitanti sperano di diventare come i norvegesi, ritrovatisi improvvisamente ricchi per il petrolio.
Il business gioisce, l’ambiente trema. Sono ormai più di 400 all’anno le navi che chiedono il passaggio a Nord-Est: anche una perdita di piccole quantità di sostanze inquinanti, olio o residui diesel, possono avere conseguenze drammatiche. I rischi di un disastro ambientale in questi luoghi estremi sono molto più alti. “Le sostanze tossiche hanno un impatto molto maggiore qui che in altre latitudini, perché degradano molto lentamente”, dice il fisico Marcel Nicolaus dell’Istituto Alfred Wegener per la ricerca polare e marina nella città portuale settentrionale tedesca di Bremerhaven. “Le piccole, ma continue perdite inevitabili se il traffico nell’Artico aumenta – sostiene Paul Wassman, professore di biologia marina artica all’università di Tromso - avrebbero un impatto maggiore su questo fragile ecosistema persino rispetto a eventuali grandi ma circoscritte fughe di petrolio legate all’attività estrattiva”. I tempi per un’operazione di salvataggio sono più lunghi, soprattutto se si deve operare sotto il mare gelato dove non si può né bruciare il petrolio né contenerlo ed estrarlo con metodi meccanici: non resta che aspettare primavera.
I rischi di un disastro
“La Northern Sea Route può ridurre il consumo di energia per i trasporti, ma porta più inquinamento . Può così accelerare lo scioglimento dei ghiacci, in aggiunta ai rischi di uscita di carburante”, attacca Nina Jensen, presidente del Wwf norvegese. Chiede un bando che escluda dall’Artico tutte le navi alimentate con combustibili inquinanti (dunque non a gas), come è stato fatto in Antartide e alle isole Svalbard. Lo scioglimento dei ghiacci è una “bomba economica a orologeria”. Secondo uno studio delle università di Cambridge e Rotterdam pubblicato dalla rivista Nature può costare al mondo intero 60 mila miliardi di dollari. “Alle estreme latitudini il riscaldamento climatico è doppio, sparendo la neve viene riflessa solo il 5% dell’energia solare, invece dell’85-95%» osserva Lars Otto Reiersen, uno dei responsabili dell’Artic monitor assessment program.
L’aumento di attività nell’Artico preoccupa i Sami e le altre popolazioni delle terre dell’estremo nord. “Temiamo per l’allevamento delle renne, che ha bisogno di grandi spazi vergini, e per un’altra attività tradizionale, la pesca”, dice Aili Keskitalo, presidente del Parlamento Sami. “Viviamo a contatto con la natura e tocchiamo con mano ogni giorno il cambiamento climatico, che altera la vita degli animali e degli uomini. Le nuove attività economiche devono portare beneficio anche alle popolazioni indigene e coesistere con le loro tradizioni. Non essere fatte a loro spese”. Vari esperti ritengono che il Polo Nord sarà completamente libero dai ghiacci nei mesi estivi già a partire dal 2030, altri arrivano fino al 2080. I Paesi dell’Artico si sono riuniti per stabilire linee guida per lo sfruttamento “sostenibile” delle risorse off-shore, che loro stessi definiscono molto stringenti. Gli ambientalisti sono preoccupati che non sia previsto un organismo di controllo internazionale per verificare periodicamente che le norme siano applicate e rispettate. Il business corre troppo veloce. La Cina ripete di voler puntare sempre più sul Passaggio a Nord-Est. Poveri ambientalisti, povero ambiente? “In Groenlandia i vantaggi dell’effetto serra sono maggiori degli svantaggi” si bea Aleqa Hammond, primo ministro della Groenlandia.