Maria Silvia Sacchi, Corriere della Sera 3/3/2014, 3 marzo 2014
«DALLE FICTION AI RUOLI DA DIRIGENTE COSÌ LE DONNE STANNO CAMBIANDO LA RAI»
«La Rai sa bene quali sono le cose da fare. Il piano strategico varato dal consiglio di amministrazione è frutto di un’analisi molto seria che va dal palinsesto alle news, dalle procedure interne alla digitalizzazione. Ci sono questioni che la Bbc, che abbiamo preso come punto di riferimento, sta iniziando a guardare adesso».
Anna Maria Tarantola, presidente Rai, sottolinea con decisione quanto fatto dal cda insediato un anno e mezzo fa. «Abbiamo trovato un’azienda tecnologicamente molto arretrata — dice — ma con grandi potenzialità. Un’azienda che ha su di sé un’enorme responsabilità perché ciò che fa ha un impatto su tutto il Paese. Questo richiede equilibrio, capacità di capire e di prendere le decisioni; e anche di rallentare quando le modifiche sono delicate, per poi riprendere il cammino. L’importante è sapere dove si sta andando e noi l’abbiamo ben chiaro».
La conversazione parte dalla due-giorni dedicata alla «differenza di genere come risorsa» che la Rai ha organizzato per mercoledì 5 e giovedì 6 marzo prossimi in occasione del 90° anniversario della radio e del 60° della televisione. Titolo dell’iniziativa «Donna è», cui seguirà sabato una serata dedicata alla violenza sulle donne. Il discorso, però, necessariamente si allarga. Anche se sulle polemiche in corso — da Sanremo alle nomine — Tarantola mette un freno, rispondendo che «queste sono questioni che devono essere discusse all’interno del cda».
Perché un evento sulle donne?
«Il convegno ha due grandi scopi. Il primo è svolgere il nostro ruolo di servizio pubblico e dare attuazione a un obbligo che abbiamo — sulla base del contratto di servizio 2010-2012 ancora in vigore — di dare spazio a una rappresentazione corretta e non stereotipata delle donne. Lo facciamo sia intervenendo sulla qualità della nostra programmazione, sia aumentando il peso delle donne nella Rai, sia con iniziative come questo convegno con il quale vogliamo acquisire informazioni, conoscere meglio il Paese e metterci a confronto con gli altri per aprire un grande dibattito».
Il secondo scopo?
«Mettere in evidenza modelli positivi per diffondere il valore delle donne. Tutte le ricerche economiche e politiche ci dicono, ormai da tempo, che per un Paese è importante avere più donne nei ruoli decisionali: c’è una migliore amministrazione, un aumento del Pil… Voglio essere chiara: non intendo dire che le donne sono migliori degli uomini, quello che funziona è il mix uomo-donna, il fatto di portare e condividere modi e pensieri diversi».
La Rai ha approvato, prima in Europa tra i servizi pubblici, una policy di genere. Con quali risultati?
«Dal monitoraggio commissionato all’Osservatorio di Pavia emergono risultati positivi. Abbiamo una qualità ottima sulle fiction, nelle quali oggi troviamo donne reali: nel comune sentire deve passare l’idea che è normale che una donna sia avvocato o tenente di vascello o magistrato e che abbia una sua vita e capacità di contribuire alla crescita del Paese. È aumentato il numero delle giornaliste, che ora rappresentano più del 40 per cento del totale, ed è cresciuta anche la loro presenza in video. Così come è aumentato il numero delle conduttrici e la presenza delle concorrenti nei quiz. Da settembre 2012, quando è entrato in carica questo cda, a settembre 2013, inoltre, sono state nominate 12 dirigenti donne».
Dove si deve fare di più?
«Sulle esperte-donne che vengono consultate, un tema sul quale abbiamo comunque iniziato un lavoro di mappatura. E sulle persone intervistate e di cui si parla. Questo, purtroppo, non è un terreno sul quale la Rai può fare da sola: i portavoce dei politici sono prevalentemente uomini, così come i personaggi di cui si parla. È il riflesso del fatto che le posizioni apicali sono maschili. Noi possiamo fare di più ma dobbiamo fare i conti con la realtà».
La realtà dice che la Rai, così, è in calo di ascolti.
«La Rai ha sempre uno share del 40 per cento come media settimanale, che è di ben 5 punti sopra la concorrenza. Detto questo, se diamo una rappresentazione più sobria perdiamo ascolti? Ma noi siamo il servizio pubblico e il contratto di servizio ci dice che dobbiamo muoverci in questa direzione. Dobbiamo essere molto bravi. Io non sono una creativa e dico, con umiltà, che ho bisogno di autori che sappiano creare una fascinazione senza rappresentare la donna come un oggetto ma come una risorsa pensante. Si possono avere ottimi risultati, come con Don Matteo , Montalbano , anche con un tema triste come Braccialetti rossi ».
Per ogni promozione avete dato indicazione di esaminare il curriculum almeno di una donna.
«È una parte della nostra policy di genere sulla quale c’è stato consenso in azienda e che stiamo attuando. Tante volte, infatti, la discriminazione è implicita: si è portati a non prendere in considerazione le donne anche senza avere intenzione di escluderle. È la discriminazione più subdola».
Quali sono state le reazioni interne?
«Nei grandi processi di cambiamento è normale che ci possa essere del disorientamento, ma la struttura Rai ci sta seguendo».
La concorrenza è sempre più forte e le risorse scarse.
«Quando il nuovo cda si è insediato si è posto tre obiettivi: il riequilibrio economico-finanziario, gli investimenti in tecnologie e l’eccellenza dell’offerta. Su tutti e tre abbiamo perseguito buoni risultati, soprattutto sul riequilibrio economico-finanziario dove siamo in linea con il budget e, anzi, andiamo meglio. Quanto alle tecnologie, abbiamo investito moltissimo nella digitalizzazione: abbiamo digitalizzato il Tg2, in maggio toccherà al Tg3, poi al Tg1 e alla Tgr. Abbiamo, inoltre, avviato un importante processo di digitalizzazione aziendale. Sul fronte dell’offerta i miglioramenti si vedono. Infine, attraverso Rai Fiction e Rai Cinema investiamo oltre 250 milioni che vanno ai produttori indipendenti, i casi sono molti, per esempio Mamma imperfetta (co-prodotto con il Corriere della Sera ). Significa che la Rai crea valore».
La consigliera di amministrazione Luisa Todini ha criticato la governance Rai e ha proposto di avere un amministratore delegato con diritto di voto e consiglieri con meno poteri di oggi. È d’accordo?
«Sono una presidente di garanzia, devo tutelare tutti e rispettare il quadro normativo in cui tutti devono lavorare. La governance è l’argomento per cui sono stata chiamata qui: cerco di ottenere il massimo di indipendenza e di funzionalità nel rispetto dell’attuale legge. Se il Parlamento e il governo volessero chiedermi un’opinione la dirò in quelle sedi».
Come è stato il suo impatto con la Rai?
«Delicato, perché mi sono trovata in una realtà che non conoscevo e che aveva grandi complessità: alcune che riguardavano aspetti organizzativi-gestionali che sono comuni a tutte le aziende, altre completamente nuove. Ho passato i primi 6-8 mesi a studiare. Poi, questa è un’azienda che ha una grande potenzialità e una responsabilità enorme e che sta vivendo un momento di grande cambiamento. Forse va un po’ lentamente, ma non è che la Rai non ha capito che molto è cambiato. Anzi».