Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 02 Domenica calendario

BIMBI NATI DA PADRI DEFUNTI. CON L’UTERO SI AFFITTA L’ORRORE

«Se la scienza può farlo accadere, allora anche Dio è d’accordo». Il suo mantra sull’utero in affit­to, Maxim Kiyayev, l’ha sentito una volta da un prete di Salonicco. Lui di mestiere fa l’av­vocato, a San Pietroburgo. Lavora per la Ro­syurconsulting, uno studio legale russo spe­cializzato in maternità surrogata. L’idea di offrire quel tipo di consulenza, 15 anni fa, poteva sembrare una po’ balzana. Ma og­gi, alla porta lussuosa degli uffici (che han­no sedi e rappresentanti sparsi in tutte le ca­pitali d’Europa, Roma compresa), bussa­no l’80% e forse più delle coppie che scel­gono Mosca come meta della ricerca di un figlio.
La Rosyurconsulting offre loro una certez­za: qualunque problema possa insorgere, nel “programma”, con noi sarete in una bot­te di ferro. Che non è poco, visto che la pra­tica dell’utero in affitto – oltre che in Italia – è vietata in Austria, Francia, Germania, Svezia e Norvegia, mentre in Danimarca, Spagna e Olanda è permessa, sì, ma sol­tanto a titolo gratuito (e quindi, come ov­vio, assai poco diffusa). Lo studio d’altron­de si occupa di tutto: dalla scelta della ma­dre surrogata al certificato di nascita del bambino. Kiyayev e gli altri avvocati sono vocabolari viventi dell’utero in affitto. Co­noscono le problematiche, masticano i­dentikit e regole. Sanno che le aspiranti sur­rogate tendenzialmente sono povere, non hanno istruzione, vengono da paesini del­la provincia. «Spesso non considerano un lavoro quello che invece dovrebbe essere», spiega Kiyayev. Un atteggiamento che può creare dei problemi (per la Rosyurconsul­ting, s’intende). Le grane vere, però, lo studio le ha coi clienti. «Che hanno soldi da spendere – spiega un’altra dipendente, Natalia – e ten­denzialmente pensano di poter compra­re tutto quello che non hanno o non pos­sono avere». Persino il segno zodiacale di una madre surrogata, tra le richieste più frequenti.
Ma un buon oroscopo è niente in confronto a quello che si può pretendere (e ottenere) in Russia. Dove una legge sulle pratiche di fecondazione assistita non esiste e può tranquillamente succedere (anche se, pa­re, ancora per poco) che un padre single – un modo diplomatico per dire omosessuale – affitti un utero, in barba alla tanto odiosa e ostentata omofobia del Paese.
Sono poi già tre i casi di surrogazione post mortem. In cui, cioè, è stato utilizzato lo sperma di un padre ormai defunto per far nascere un figlio. L’idea è venuta per la pri­ma volta alla famiglia Zacharov, nel 2005: Georgy è nato orfano, di padre morto per malattia e di madre affittata. Ma il caso più recente, quello della signora Lamara Kele­sheva, è senz’altro il più incredibile. La don­na, 57 anni, nel 2005 ha visto il suo adora­to primogenito Misha ammalarsi di leuce­mia. E prima della sua morte, nel 2008, ha pensato bene (tra una chemioterapia e un’altra) di convincerlo a lasciarle un’ere­dità genetica. Detto fatto, a Lamara resta­va soltanto l’incombenza di trovare tre don­ne: una che donasse gli ovuli, le altre due che affittassero l’utero (già, due, nel caso una delle gravidanze non fosse andata a buon fine). Nel 2011 dalle due mamme so­no nati 4 gemelli: Ioannis, Feokharis, Misha e Maria. Per cui ora Lamara non reclama so­lo la nonnitudine, ma la maternità a tutti gli effetti. A dire il vero, con qualche problema legale persino in Russia. Certi nodi d’al­tronde vanno ancora sciolti, lo sa anche l’avvocato Kiyayev: «Come comportarsi quando i “genitori” muoiono mentre la ma­dre surrogata è incinta? E quando è la sur­rogata a morire?». Se la scienza può farlo accadere, la legge non sempre è d’accordo.