Antonio Carlucci, l’Espresso 28/2/2014, 28 febbraio 2014
UNITED COLORS OF AUTOGRILL
Jeff Steelman ai fornelli, Tyler Pitman allo shaker, un tavolo apparecchiato al secondo piano di un edificio di cinque piani a Bethesda, sobborgo di Washington. Uno dopo l’altro arrivano una decina di piatti e due cocktail moderatamente alcolici. Thomas Fricke e Jeff Yeblun, il primo Ceo e presidente, il secondo vice presidente e responsabile commerciale di HMSHost, si fanno sotto e saltano con gusto da un crostino con formaggio, punte di asparago e chicchi di melograno a una mini patata al forno ripiena di verdura, da una tartina con prosciutto e melone a un trio di sorbetti alla frutta, senza dimenticare sul tavolo un hamburger di manzo kobe giapponese così piccolo che va via in un solo boccone. È una prova ufficiale: entro poche settimane alcune delle ricette di Steelman e le bevande di Pitman entreranno a far parte dei menu serviti in 30 aeroporti degli Stati Uniti e in 100 stazioni di ristoro sulle autostrade nordamericane.
È solo un ricordo annebbiato l’epoca nella quale il viaggiatore, che usasse l’automobile, il treno o l’aereo, si poteva considerare soddisfatto da un panino, un caffè e una bibita presi in fretta al momento di fare il pieno o prima di prendere posto su un convoglio ferroviario o su un jet. Adesso l’offerta deve essere varia e fantasiosa, deve poter soddisfare la voglia di un piatto di pasta o di una bistecca come di sushi o di guacamole, di un bicchiere di vino di qualità o di un semplice caffè, ma fatto a regola d’arte e magari proveniente da piantagioni bio. E, se si tratta di acchiappare al volo un sandwich, questo deve essere appena fatto e capace di soddisfare tutti i gusti.
Il gruppo di dirigenti e di specialisti della HMSHost è impegnato da anni a rendere più confortevoli i viaggi. E, pur avendo base nei sobborghi della capitale americana, la società è emanazione diretta dell’Italia e di un suo marchio storico: Autogrill, ex azienda pubblica dell’Iri che dal 1995 è sotto il controllo della famiglia Benetton.
La società americana è la rappresentazione dell’espansione fuori dai confini di una azienda nata, pensata e sviluppata per i viaggiatori italiani e riconosciuta attraverso il classico edificio a ponte costruito sulle autostrade italiane. Adesso in Autogrill si parlano una dozzina di lingue visto lo sviluppo in 38 paesi di tre continenti. «Fin dal momento in cui abbiamo acquisito Autogrill c’era l’idea di svilupparla sia in Italia che all’estero, facendone una società mondiale al servizio dei viaggiatori», racconta Gilberto Benetton, il presidente della società: «La mobilità - in auto, aereo, treno - è un fenomeno in crescita in tutto il mondo e così Autogrill, che era una società di nicchia delle Autostrade italiane, ma con grandi competenze nel settore, sarà sempre di più lo strumento per fornire un servizio a tutti coloro che si muovono per le ragioni più diverse. Che avessimo visto giusto lo dimostrano i numeri: quando abbiamo rilevato Autogrill, nel 1995, il fatturato era di 675 milioni di euro; oggi abbiamo superato i quattro miliardi, la metà dei quali vengono dall’estero».
Oggi Autogrill, attraverso le società con cui si è sviluppata nel mondo, serve quasi 900 milioni di clienti ogni anno: un dato che obbliga a tenere conto di necessità, gusti e stili di vita assai diversi tra di loro e di essere sempre pronti non solo a cambiare e a rinnovarsi, ma ad anticipare. «La strategia di espansione all’estero è stata condotta lungo due direttrici: la diversificazione geografica, che ci ha portati nei luoghi dove questa azienda poteva essere sviluppata al meglio, e quella per canale, che ci ha consentito di diventare leader non solo nelle autostrade ma anche negli aeroporti, a partire da quelli americani; e in tutti quei luoghi che appartengono ai viaggiatori, dalle stazioni ferroviarie sino ai musei», dice Benetton, che considera un fiore all’occhiello dell’azienda le installazioni all’interno del Louvre di Parigi: «Ogni passo compiuto in direzione del mondo non ci ha fatto mai dimenticare che dovevamo rispettare tradizioni e cultura dei Paesi dove abbiamo deciso di operare».
Stati Uniti e Canada, attraverso HMSHost, fanno la parte del leone con quasi due miliardi di euro di fatturato. La società americana, che per i primi anni ha visto come numero uno l’italiano Gianmario Tondato Da Ruos (oggi amministratore delegato di tutto il gruppo), è presente negli aeroporti più trafficati del Paese, da Fort Lauderdale (l’ultimo nel quale HMSHost ha vinto una gara per l’allestimento dei punti di ristoro) ad Atlanta, primo al mondo con quasi 80 milioni di passeggeri, a Chicago e Los Angeles (rispettivamente 56 e 55 milioni). Anche sulle autostrade la presenza è visibile e il pezzo forte della collezione dei 100 autogrill made in Usa si trova sulla Turnpike 95, la strada più trafficata del nordamerica: un edificio di 4 mila metri quadri di superficie, naturalmente costruito con gli standard dei cosiddetti green building, dove il viaggiatore trova una offerta completa, dal cornetto caldo al pollo fritto a un piatto di frutta fresca o di insalata. Una fermata e poi si riparte.
Non è un gioco semplice quello di allestire la ristorazione per "l’homo viator". Intanto, bisogna vincere le gare che vengono bandite da aeroporti o autostrade: negli Stati Uniti prevedono contratti di otto anni dove al proprietario della installazione viene riconosciuta una percentuale sulla base di un fatturato previsto a tavolino che se non si raggiunge obbliga comunque al versamento della cifra pattuita.
Superato questo scoglio bisogna allestire in spazi di solito non pensati per la ristorazione una serie di punti diversi tra di loro: Autogrill e la sua longa manus americana hanno scelto la strada di fare accordi di franchising con noti marchi (Starbucks, Brioche Dorée, Entretapas, Brasserie, Frontera) e di inventare in casa altre offerte (le chiamano concept) per sviluppare marchi da far conoscere nel mondo: Bubble per le bollicine, Asia, Barcuterie, Trattoria Milano per menù molto leggeri, indirizzati in particolare al pubblico femminile, Beaudevin per i vini.
L’aeroporto O’Hare di Chicago, dove lavorano 80 mila dipendenti per far viaggiare 55 milioni di persone all’anno, è stato sicuramente un punto di sperimentazione importante per definire l’equilibrio dell’offerta: percorrendo i saloni dei diversi terminal si nota intanto la presenza costante di punti per il caffè della Starbucks (ce ne sono 17, ma a detta della HSMHost se ne potrebbe tranquillamente aprire un’altra mezza dozzina e andrebbero tutti fortissimo), insieme a offerte inusuali per uno scalo aereo come il Wicker Park Seafood and Sushi Bar, un lungo bancone rettangolare celeste e blu piazzato nel grande salone che collega i terminal 2 e 3 e dove in breve tempo si possono assaggiare ostriche, sushi e sashimi di buona qualità.
Alla HMSHost l’attività di ricerca e sviluppo non si ferma mai: se Jeff Steelman, esperienze da capo-cuoco dal Connecticut a New York, è stato assunto in pianta stabile e fatto vice presidente per occuparsi dello sviluppo dei menu, l’azienda ha fatto accordi con diversi chef per offrire le loro specialità nei punti di ristoro sparsi per l’America: ci sono in squadra Wolfgang Puck, David Burke, Lorena Garcia, Rick Bayless, mentre i giovani talenti del Culinary Institute of America hanno la possibilità di lavorare 18 mesi in uno dei ristoranti del gruppo. Una volta certi di chi sta ai fornelli, i responsabili di HMSHost seguono la strategia per esaudire ogni desiderio della clientela nel tempo di attesa di un volo o durante una sosta per fare benzina. E se non sono loro a cercare qualcosa, perché sono pigri o non hanno tempo e voglia di girare per l’aeroporto o la stazione di servizio, è l’azienda che gli mette letteralmente sotto il naso i suoi prodotti.
Dal prossimo mese sarà sperimentato in uno scalo del Tennessee un triciclo che girerà senza sosta tra i vari gate di imbarco a caccia di chi non si può muovere perché ha da badare a bambini piccoli o è troppo anziano. E chi va di corsa scendendo dall’aereo per arrivare in tempo a un appuntamento potrà ottenere un caffè o un cappuccino da Starbucks passando sotto una macchina a lettura ottica un coupon stampato sulla carta di imbarco. Mentre chi non ha proprio voglia di sedersi al ristorante e vuole impiegare il tempo di volo mangiando può utilizzare Vyaggio, l’applicazione per iPhone e Android che permette di ordinare quello che si desidera e riceverlo direttamente al momento dell’imbarco.