Tommaso Montesano, Libero 28/2/2014, 28 febbraio 2014
IL DEBITO DI NAPOLI AFFONDA DE MAGISTRIS
L’allarme era scattato da tempo, ma adesso a Palazzo San Giacomo sede dell’amministrazione comunale napoletana è diventato più rosso che mai. Perché dopo il nuovo ritiro del decreto «salva Roma», con conseguente rischio default per la Capitale denunciato dal sindaco Ignazio Marino, per la giunta di Luigi De Magistris diventa più difficile invocare un analogo intervento per il Comune di Napoli, alle prese con un debito di 3,1 miliardi di euro. E se il sindaco non si dà per vinto «il governo intervenga immediatamente » il suo ex assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo, lo gela: «Oggi il Comune di Napoli, dal punto di vista tecnico, è fallito. Non vedo possibilità di una soluzione diversa dalla dichiarazione di dissesto». A meno che Palazzo Chigi non ci metta una pezza «con rinvii o nuove rogazioni finanziarie ». Fari puntati, dunque, sul consiglio dei ministri di oggi, nel quale sarà approvato, secondo quanto anticipato dal premier Matteo Renzi, un ennesimo decreto sugli enti locali.
CORSA CONTRO IL TEMPO
De Magistris è disperato. Appena saputo dell’affossamento del «salva Roma», si è affrettato a mostrarsi solidale con l’«amico Ignazio Marino. Condivido il suo allarme e la sua preoccupazione». Naturale: il destino di Napoli è legato a doppio filo con quello di Roma. «Se i soldi non arrivano per la Capitale», è il ragionamento che va per la maggiore a Palazzo San Giacomo, «perché dovrebbero essere erogati per Napoli e gli altri Comuni in difficoltà o in dissesto?». Così è iniziato il pressing nei confronti di Palazzo Chigi attraverso il sottosegretario Graziano Delrio, ex presidente dell’Anci, l’associazione che raggruppa i Comuni italiani, ma soprattutto ex ministro degli Affari regionali del governo di Enrico Letta. L’esecutivo nel quale De Magistris ha sperato fino all’ultimo per allontanarsi dal ciglio del burrone.
Proprio con Delrio, infatti, il sindaco di Napoli aveva raggiunto un’intesa che prevedeva l’emanazione di una legge che concedeva ai Comuni in crisi finanziaria più tempo per varare un nuovo piano di rientro dal debito. Ma poi è arrivato Matteo Renzi e la norma, giocoforza, è finita nel cassetto. Un provvedimento che a Palazzo San Giacomo, alle prese dal 20 gennaio con la bocciatura del primo piano di riequilibrio da parte della Corte dei Conti, aspettano con ansia. L’amministrazione presenterà ricorso contro la pronuncia della magistratura contabile, ma intanto il tempo stringe. Da qui il negoziato con Roma per individuare una via d’uscita in grado di bypassare i rilievi della Corte dei Conti.
I giudici contabili, che hanno denunciato anche come un napoletano su due non paghi le tasse, hanno smontato il piano di rientro per quattro ragioni: dismissioni del patrimonio pubblico gonfiate; ipotesi di maggiori entrate non credibili; riduzione della spesa per il personale difficile da attuare; eccessivi buchi e conti in rosso nelle aziende partecipate. Una bocciatura che ha messo in moto il conto alla rovescia verso il default. Nessuna sorpresa, per l’ex assessore Realfonzo: «Nel 2011 la situazione dei conti del Comune era nota e già molto grave. C’erano due possibilità: lasciare che Napoli scivolasse verso il dissesto,oppure avviare un’azione riformatrice molto seria. Ma non c’è stata la volontà politica di farlo». E Realfonzo, nel luglio 2012, è stato estromesso dalla giunta. Giunta che ieri è stata oggetto di una redistribuzione delle deleghe da parte di De Magistris.
IL DUELLO CON IL PD
La trattativa per scongiurare il fallimento procede serrata. Secondo quanto riportato dal quotidiano napoletano Il Mattino, tutto si gioca sul rapporto tra lo stesso De Magistris e il Pd. I democratici, per salvare Palazzo San Giacomo, avrebbero chiesto al sindaco di fare un passo indietro in vista delle elezioni del 2016. Ovvero l’assicurazione sulla non ricandidatura di De Magistris. Il primo cittadino, però, non ne vuol sentir parlare.