Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano 28/2/2014, 28 febbraio 2014
OGNI PROMESSA HA UN PREZZO RENZI A CACCIA DI MILIARDI
Chissà se è una promozione o una minaccia: il Fondo monetario internazionale dice che il governo Renzi sta andando nella direzione giusta. “Diamo il benvenuto ad alcune delle misure che ha toccato nel suo intervento in Parlamento”, ha detto il portavoce del Fmi Gerry Rice. Beati loro che hanno capito. Col passare dei giorni la proposta economica di Matteo Renzi diventa sempre più difficile da decifrare. Le domande sono sempre le stesse: cosa vuole fare esattamente? Dove trova i soldi? (la terza sarebbe: il premier improvvisa o segue i piani elaborati dal responsabile economico del Pd Filippo Taddei?). Ecco lo stato dell’arte sui temi principali che ha evocato.
“Lo sblocco totale dei debiti delle pubbliche amministrazioni deve costituire uno choc”.
Dei 90 miliardi circa di debiti arretrati della Pubblica amministrazione con i fornitori, il ministero del Tesoro ha stanziato per il 2013 24,3 miliardi di euro e ne ha pagati 22,8 (una parte non sono ancora arrivati alle imprese perché le amministrazioni regionali non ritirano le somme causa lentezze burocratiche). Altri 20 miliardi sono già previsti per il 2014. Renzi pare voglia pagare anche i rimanenti 50-60. Molti di questi non sono neppure certificati perché “fuori bilancio”, cioè mai contabilizzati correttamente. Come fare? Renzi vuole ricorrere al piano elaborato da Franco Bassanini, presidente della Cassa depositi e prestiti: lo Stato mette una garanzia su tutti i crediti, le banche li rimborsano subito trattenendo una percentuale e poi si fanno a loro volta rimborsare dalla Cassa depositi e prestiti in più tranche (la Cdp, una controllata del Tesoro che gestisce il risparmio postale, dovrebbe poi riavere le somme spese dal Tesoro che a sua volta si rifarebbe sugli enti pubblici titolari del debito). Metodo rapido, ma dalle molte incognite: c’è una remota possibilità che Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione europea, arrivi a “riclassificare” il debito della Cdp nel debito pubblico dello Stato, con un’impennata contabile di decine di miliardi. Eventualità troppo traumatica per essere credibile. Ma soprattutto c’è il rischio che si combinino pasticci colossali pagando crediti di dubbia natura, facendo arrivare soldi a chi non li meriterebbe, se prima non c’è una certificazione. Pare abbastanza improbabile che un’operazione così complessa si possa fare nei 15 giorni promessi dal premier.
“Ridurremo di almeno 10 miliardi il cuneo fiscale”.
Secondo quanto spiegato dal responsabile economico del Pd Taddei, l’idea è di tagliare il 10 per cento dell’Irap pagata dalle aziende (2,3-2,5 miliardi) e di 5 miliardi l’Irpef dei lavoratori fino a 55 mila euro di reddito lordo annuo. Un lavoratore che prende 1.600 euro al mese lordi, stima Taddei, avrebbe un beneficio di 500 euro all’anno (41 al mese). Dove trovare i 7,5-8 miliardi necessari? Tre quarti della copertura dovrebbero arrivare dai tagli di spesa del commissario Carlo Cottarelli (il piano ancora non è stato presentato), il resto da un aumento delle aliquote sulle cosiddette rendite finanziarie, che salirebbe dal 20 al 21 o al 23, senza più distinzioni. Cioè anche per i titoli di Stato (Bot, Btp, ecc) i cui rendimenti oggi sono tassati al 12,5 per cento. Queste coperture, però, al momento non sono mai state esplicitate da Renzi.
“Serve una gigantesca battaglia perché la stabilità della sicurezza scolastica sia più importante della stabilità dei conti”.
Renzi ha promesso un piano di edilizia scolastica i cui dettagli sono oscuri. Secondo quanto chiarito dal responsabile Scuola del Pd Davide Faraone, non ci sarebbe bisogno di copertura specifica perché esistono 1-2 miliardi di fondi già stanziati e mai spesi dai precedenti governi, oltre ai 450 milioni approntati da Enrico Letta. Serve anche una modifica del patto di stabilità dei Comuni così da permettere loro di usare risorse che hanno in cassa. Ma è tutto da dimostrare che i fondi su cui conta Renzi siano così facilmente spendibili.
“Non ci faremo dettare la linea dall’Europa”.
Renzi ha abbandonato i proclami bellicosi sulla necessità di sfondare il tetto del 3 per cento al rapporto tra deficit e Pil, prima di sfidare Bruxelles vuole avere qualche riforma avviata. Ma non ha mai chiarito se pensa di fare la riduzione strutturale del debito pubblico che la Commissione europea aveva chiesto – senza risultati – al governo Letta. É un intervento da 7,5 miliardi di euro che dovrebbe assorbire i primi risparmi della spending review di Cottarelli.
“Andremo al bilaterale del 17 marzo con Angela Merkel con le idee chiare sul piano del lavoro e con il jobs act sostanzialmente pronto”.
Il Jobs Act, finora, non è mai andato oltre una prima bozza. E anche in quel documento il Pd renziano si limitava a promettere la presentazione di un piano complessivo sul lavoro di cui mai si sono avuti dettagli. L’introduzione di un contratto unico di inserimento, con tutele basse all’inizio e poi crescenti, pare essere la prospettiva. Ma non si è mai capito come si adegueranno gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, Aspi ecc.) e quanto costerà l’eventuale modifica. Nell’ipotesi massima l’estensione a tutti di un assegno da 500 euro al mese costerebbe 18 miliardi. E, come ha notato ieri il Corriere della Sera nell’editoriale di prima pagina, questo sarebbe un po’ troppo anche per uno che ama pensare in grande come Renzi.
Twitter @stefanofeltri