Roberto Giardina, ItaliaOggi 28/2/2014, 28 febbraio 2014
CLOONEY RACCONTA TROPPE BALLE
Per Hollywood la storia è sempre stata un optional. Pellerossa crudeli e coloni bianchi vittime, la guerra di Secessione combattuta perché i buoni nordisti volevano liberare gli schiavi neri. L’entrata in guerra nel ’42 contro Hitler per salvare gli ebrei cui fino al giorno prima negavano il visto. L’Olocausto verrà scoperto oltre vent’anni dopo. Comprarono i diritti del romanzo di Graham Green Un americano tranquillo, ma nel ’58 il film di Mankwietich rovesciava la storia. Il funzionario Usa era il buono e non il cattivo che organizzava gli attentati da addossare ai comunisti nel Vietnam, che allora si chiamava ancora Indocina, ed era controllato dai francesi. Greene commentò: «Mi hanno pagato, e questo conta». Ma masticava amaro.
La seconda versione del film con Michael Caine, con la versione corretta, The quiet american è il vero cattivo, doveva essere lanciato nei giorni successivi all’attentato al World Center nel settembre del 2001. Lo bloccarono per un paio d’anni. Si fa male a malignare, pur non essendo un fanatico complottista? Quindi non ci sarebbe da scandalizzarsi per The Monuments Men, presentato al Festival di Berlino, e adesso giunto nei cinema in Italia. Ma da George Clooney, regista e attore, sempre attento alla storia del suo paese, non ci attendevamo tanta faciloneria e manipolazione.
Si vedono i nazisti distruggere con il lanciafiamme i quadri di Picasso e di altri pittori, quelli della Entartete Kunst, l’arte degenerata. Ma quando mai. Non saranno piaciuti a Hitler, ma i gerarchi se li portavano a casa, o li vendevano. Neanche un Picasso fu mai distrutto. Come dimostra il ritrovamento nei mesi scorsi della collezione segreta dell’ottantenne Cornelius Gurlitt a Monaco di Baviera. Quadri ereditati dal padre, famoso collezionista e consigliere artistico del Führer. Dopo il sequestro, gran parte delle 1.300 tele dovrebbe presto venir restituita. Nel film, si vede Montecassino rasa al suolo, senza accennare che furono gli americani a distruggere l’Abbazia. E dopo mandarono all’attacco i polacchi. «Una pellicola impregnata dalla retorica hollywoodiana, noi siamo nel giusto e ci battiamo per il bene», ha commentato la storico dell’arte Christian Fuhmeister, niente affatto un nostalgico.
I nazisti saccheggiavano i musei dei paesi occupati. È vero, poi fecero lo stesso gli americani nella Germania liberata. Un soldato si portò via persino il mappamondo di Hitler, quello ricordato da Chaplin nel «Grande dittatore». È stato di recente messo all’asta da ebay per centomila dollari. Dopo la guerra, per tre anni, ricorda il professor Fuhrmeister, l’esperta d’arte americana Evelyn Tucker, tentò invano di avere indietro le opere d’arte che i generali americani avevano preso per abbellire i loro uffici. Nella Gemälde Galerie si trovavano tre Caravaggio, e un San Matteo con l’Angelo spariti nei primi giorni di pace. Distrutto da un incendio molto opportuno? Il direttore della galleria è sicuro che, prima o poi, salterà fuori, probabilmente oggi si trova in una collezione privata negli Stati Uniti. Un altro Caravaggio preso dai sovietici è stato di recente restituito a Berlino, con grande sorpresa dei tedeschi. Antiamericanismo? Semplice rispetto per la verità storica: il saccheggio è sempre avvenuto da parte dei vincitori. Basta non credere alle favole raccontate da Hollywood. Ma Clooney dovrà farsi perdonare con il prossimo film.