Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 28/2/2014, 28 febbraio 2014
MORRA IL FILOSOFO, TRA GAFFE E PLATONE: IL CODICE C’È, GIUSTO ESSERE CONTROLLATI
[Nicola Morra]
Al terzo piano di Palazzo Madama con poche, scarne informazioni sul cittadino Nicola Morra: è tra quelli autorizzati a chiamare il capo con il nome di battesimo, Beppe; gentile ma di modi un filo sussiegosi, la voce impostata, continue citazioni strappate ai libri classici, gli altri senatori del M5S quando si alza — come poco fa, in assemblea — tacciono in un miscuglio di stupore e ammirazione: lo chiamano il filosofo .
«Beh, modestamente sono laureato in Filosofia e del resto, come dice Aristotele, noi non...».
Aristotele, magari, un’altra volta.
«Okay, di che vuol parlare?».
Di quello che sta succedendo nel vostro movimento.
«Siamo sotto assedio, è chiaro. E in un assedio non puoi certo far finta di niente se c’è chi, tra le tue file, trama contro».
Chi non è d’accordo con Grillo, trama.
«Ecco, mio gentile signore... Ora le spiego perché la sua analisi politica è sbagliata».
Wikipedia racconta che insegnava nel liceo classico Bernardino Telesio di Cosenza: 50 anni, sposato, due figli, un giorno si accorse che, candidandosi, la possibilità di arrivare al Senato era seria. Adesso è vicepresidente della commissione Affari costituzionali, nella rotazione trimestrale alla guida del gruppo ha sostituito il leggendario Vito Crimi; memorabili alcuni interventi nell’emiciclo.
Una volta, in cinque minuti, riuscì a citare Berlinguer, Sturzo, Dossetti, Manzoni, Ambrosoli. Chiuse dicendo: «La Finanza — come scriveva un certo Aristotele — troppo spesso eccede».
Un’altra volta si commemorava la strage di via D’Amelio. Morra il filosofo si alza e parte: «Siamo qui per ricordare Salvatore Borsellino e...». (Brusìo in aula). Interviene il presidente Pietro Grasso: «Veramente, senatore Morra, stiamo ricordando Paolo Borsellino... suo fratello Salvatore è vivo e vegeto, grazie al cielo».
L’altra sera, alla buvette. «Sapete dove siamo? Siamo a Stalingrado, anzi a Leningrado. E può accadere di tutto, la natura umana può avere dei cedimenti, sono noti certi casi di cannibalismo...».
Comunque tutte queste cose le dice senza mai alzare la voce.
Non perde mai la calma.
Anche adesso, per dire.
Con domanda diretta.
Sul web vi accusano, senatore: voi del M5S avete comportamenti da fascisti.
«Abbiamo un codice: tutti noi dobbiamo essere sottoposti a controlli. Il codice prevede anche sanzioni, compresa l’espulsione».
Se uno dissente, via, cacciato.
«Senta: a me dal punto di vista umano dispiace, però quelli se la sono proprio cercata».
O con Grillo, o contro Grillo. Strano concetto di democrazia.
«Guardi... ora non per fare la solita citazione... però Platone diceva che...».
Senatore, sul serio: Platone anche no.
«Vabbé, comunque questa cosa che non c’è democrazia è una balla di voi giornalisti. Perché io, per esempio, quando non sono d’accordo su qualcosa, alzo il telefono e chiamo Beppe oppure Gianroberto, e ci parlo, e ci discuto».
Lei chiama Grillo e Casaleggio?
«Sì, esatto».
È difficile crederle.
«E sbaglia, sbaglia...».
Ci sono suoi colleghi del movimento che sostengono di non aver mai scambiato mezza parola con il capo.
«E qui torniamo al punto di prima... Perché, vede, avevo ragione io: c’è chi semina cattiverie... c’è chi chiama il giornalista da una parte e gli racconta il retroscena... c’è quell’altro che va alla tivù e parte a ruota libera... Come la chiama lei questa roba qui?».
Libertà di pensiero.
«Macché! Io sono un dipendente pubblico. I miei datori di lavoro sono i cittadini che mi hanno eletto, e io sono qui per fare i loro interessi, non per fare e dire quello che mi passa per la testa».
Secondo Grillo, i senatori espulsi hanno un solo obiettivo: poter intascare l’intero stipendio da parlamentare.
«Vedremo. Se formeranno un altro gruppo, il sospetto è legittimo. I soldi fanno gola...».
Lei quanto guadagna?
«Mhmm... 3.269 euro netti. Da insegnante, invece, ero intorno ai 1.600».
Fabrizio Roncone