Paolo Fallai, Corriere della Sera 28/2/2014, 28 febbraio 2014
LA CAPRIA E LA BELLEZZA DI ROMA: «TRADITA DALLE ANIME MORTE»
[Raffaele La Capria]
«Tutte le strade conducono a Roma e qui si perdono». Intessuto di un pessimismo barocco, su un tessuto narrativo fantastico eppure disincantato, l’ultimo libro di Raffaele La Capria (La bellezza di Roma , Mondadori) non lascia dubbi su una città «dove le apparenze si sono organizzate in istituzioni vuote di significato». Viene da chiedere, al più romano degli scrittori non romani se per questa città esista ancora una speranza.
«Roma è stata sempre così — risponde La Capria —. È il suo modo di vivacchiare, la sua forza negativa, che cerca di far permanere nella città situazioni che sono di vantaggio alle anime morte che ne approfittano».
Il suo libro è uscito da pochi giorni ed è una raccolta di pensieri «romani» che La Capria ha disseminato nel corso di due decenni, eppure sembrano parlare di oggi.
«Uno è stato scritto addirittura nel 1985, ma Roma è sempre la stessa. Perché è una città burocratica e della burocrazia ha tutti i difetti, primo tra tutti l’essere una forza ritardante. E schiava dell’inefficienza, che è stata sempre la sua malattia. Ho voluto dare l’idea dell’aria che tira: una città di gente che finge di fare delle cose che poi non fa».
Eppure non è sempre stato così e il suo libro contiene molte pagine intrise di nostalgia.
«Faccio coincidere il racconto con gli anni più belli della mia giovinezza, quando ho messo le forze migliori che avevo nel realizzare le mie ambizioni. Qui ho scritto Ferito a morte , premio Strega nel 1961, ho scritto le sceneggiature che mi hanno fatto conoscere, Roma è stata la possibilità di realizzarmi ed è stata al centro della rivoluzione culturale italiana. È una città che non ti chiede niente, puoi fare quello che vuoi e questo ti dà grande libertà. Non è come Napoli che ti fa sempre domande. Roma ti lascia come uno che sta in albergo».
Eppure in quegli anni Sessanta lei scrive «Avevo la sensazione che Roma fosse come Parigi per la Francia, New York per gli Stati Uniti».
«Oggi non si valutano più le persone per quello che meritano. Sembra sempre che tutti vadano in soccorso a chi ha già successo. Come alla televisione o nei giornali, vengono sempre promossi quelli che già sono stati promossi dalla vita e da se stessi. Non c’è mai qualcuno che si azzarda a scoprire delle persone per lanciarle, farle venire fuori. C’è tutta una parte della cultura che viene completamente ignorata».
E come vive la realtà quotidiana?
«Abito nel centro storico da più di mezzo secolo. Ci sto bene, mi piace. Certo, so che intorno a questo centro c’è una periferia sconvolta, che intorno c’è un traffico caotico, ci sono mille cose che non funzionano».
Del sindaco Ignazio Marino cosa pensa?
«Non mi piace granché. Era partito con idee minime e sono proprio quelle che i romani preferiscono, come tenere in ordine le strade. Ma la città non è mai stata così piena di buche. Una città deve essere amata. Se uno capisce qual è la vera bellezza di Roma, tante cose le metterebbe in atto, ci vuole un punto di vista estetico che viene sempre trascurato».
E non ha una proposta da fare?
«L’ho scritta nel mio libro. Creare un nuovo corpo dei vigili urbani da scegliere per concorso tra gli studenti laureati in storia dell’arte, architettura e materie affini. Sarebbe un modo di dare lavoro, e uno stipendio, a giovani amanti del bello e dotati di senso estetico. A ciascuno di loro dovrebbe essere dato “in custodia”, con pieni poteri, un monumento, una piazza, un luogo da salvaguardare. Giovani che capiscono quanto sono belle Piazza del Popolo o Piazza Navona e le difendano come “una cosa propria”. Oggi Roma spesso viene sfigurata. Completamente negletta dagli abitanti. È una città piena di graffiti ed è uno scempio vedere le mura di Roma ferite da questi tatuaggi orrendi. Multe, multe da orbi dovrebbe infliggere il nostro superattivo indignatissimo studente-custode!».
Paolo Fallai
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