Sandro De Riccardis, la Repubblica 28/2/2014, 28 febbraio 2014
PENATI, LA PRESCRIZIONE È DEFINITIVA IL PG: NON VI HA VOLUTO RINUNCIARE
La conferma, inevitabile, è arrivata ieri. La sesta sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui Filippo Penati chiedeva di annullare la sentenza di prescrizione del Tribunale di Monza, pronunciata lo scorso 22 maggio. Quel giorno, l’ex presidente Pd della Provincia di Milano ed ex braccio destro di Pierluigi Bersani, non si presentò in aula per rinunciare alla prescrizione e «difendersi nel processo», come ripeteva spesso nelle interviste, e i giudici non hanno potuto far altro che dichiarare l’estinzione del reato.
Anche il procuratore generale Giuseppe Volpe, ieri, nel chiedere di «rigettare la richiesta del ricorrente», ha ricordato quell’udienza, l’unico luogo in cui il politico avrebbe dovuto dichiarare di volere il processo. «Anche nel momento clou — ha ricordato Volpe — quando si doveva dichiarare cosa manifestare al tribunale, la difesa non ha espresso la sua decisione». Così la Suprema Corte si è limitata a condannare Penati al pagamento delle spese processuali.
«Celebrare il processo mi avrebbe consentito di difendermi e dimostrare la mia innocenza — ha commentato ieri Penati — Contro di me ci sono solo menzogne, e io non intendo fermarmi. Non rinuncio comunque a dimostrare la mia totale estraneità ai fatti che mi sono stati contestati». Ma il tempo processuale è ormai scaduto, ponendo fine a uno dei filoni d’inchiesta dei pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, che indagano sul “Sistema Sesto”: i presunti appalti truccati e le tangenti relativi alla riqualificazione delle ex aree industriali Falck e Marelli a Sesto San Giovanni, comune a nord di Milano.
Già il “decreto anticorruzione” dell’allora ministro della Giustizia, Paola Severino, aveva abbattuto i tempi di prescrizione per la concussione, salvando Penati ma anche gli uomini delle coop rosse indagati a Monza. Poi, lo scorso 22 maggio, Penati non si è presentato in udienza. Quando il presidente del tribunale, Letizia Brambilla, ha chiesto al suo legale, Matteo Calori, se il politico intendesse presentarsi per dichiarare un’eventuale rinuncia, l’avvocato tentò di contattare l’ex presidente, senza riuscirci. «Penati non verrà, non posso dire altro sulla sua volontà» rispose Calori, che non aveva una procura per pronunciarsi sulla prescrizione. Evaporarono così i tre capi d’imputazione sulle presunte tangenti per le Falck e le Marelli di Sesto, dove Penati è stato sindaco dal 1994 al 2001, il filone più corposo dell’inchiesta di Monza. È invece ancora in corso il processo per i finanziamenti ricevuti dalla fondazione di Penati, “Fare Metropoli”; per l’appalto per i lavori della terza corsia della A7; e per la finta compravendita di un immobile tra i Gavio e il grande accusatore di Penati, l’imprenditore Piero Di Caterina, con una caparra da due milioni che per i pm serviva a «restituire i prestiti» in contanti che Di Caterina aveva fatto negli anni al politico.