Giovanna Vitale, la Repubblica 28/2/2014, 28 febbraio 2014
VIA I BUS FESTIVI, QUARTIERI AL BUIO A TURNO IN POCHE SETTIMANE CAPITALE ALLA PARALISI
Sarebbe come tornare indietro di cinquant’anni. Alla Roma del dopoguerra. Una città devastata: strade sporche e poco illuminate, buche dappertutto, autobus a singhiozzo, asili chiusi e scuole in rovina, anziani e bambini abbandonati a loro stessi. Senza più servizi, cultura, vita. Spenta ed esasperata. Alla maniera di De Sica e Zavattini.
È la capitale d’Italia secondo Ignazio Marino dopo il naufragio del decreto che avrebbe dovuto mettere in sicurezza i conti del Campidoglio. Il dossier che la Ragioneria comunale gli ha fatto planare sulla scrivania non lascia dubbi: la mancata conversione del Salva Roma sottrae alle casse cittadine 612 milioni di euro, una montagna di danaro che, sommata alla drastica riduzione dei trasferimenti statali e regionali, renderà matematicamente impossibile redigere il bilancio di previsione 2014. A meno di non recuperare la bellezza di 1,2 miliardi, tanti quanti sono gli euro mancanti per il pareggio.
Ieri il sindaco lo ha detto chiaro: «Se io non so quali sono i soldi di cui dispongo perché le leggi nazionali non me lo dicono, io non posso spendere. E questo significa che dal 1° marzo, cioè tra qualche giorno, dovrò togliere il 90% a tutti i contratti per le società che dipendono dal Comune. Quindi, niente più autobus, raccolta dei rifiuti, riscaldamento negli uffici pubblici, illuminazione e musei chiusi». Il dopoguerra, appunto: un destino difficile da evitare, senza l’intervento del governo.
ILLUMINAZIONE
“Lentamente muore” avrebbe detto Martha Medeiros. Una volta esaurite le risorse che Campidoglio e società partecipate hanno in cassa, infatti, la città via via si spegnerà. In senso letterale. Se il sindaco Marino dovesse davvero decidere di tagliare 54 dei 60 milioni annui erogati ad Acea, nel giro di pochi mesi si fermerebbero gli investimenti per le nuove tratte di illuminazione pubblica, la manutenzione ordinaria rallenterebbe sino ad essere azzerata e, a lungo andare, potrebbero persino diminuire la potenza delle luci e le ore di accensione dei lampioni, che qua e là resteranno spenti. Effetto macchia di leopardo.
BUS E METRO
Il contratto tra il Comune e l’Atac, l’azienda dei trasporti già gravata da un indebitamento spaventoso (oltre 700 milioni), scade il 31 marzo. Dopodiché scatteranno i tagli del servizio. Le prime a saltare saranno le linee notturne. Poi quelle festive. Subito dopo si aggrediranno le corse ordinarie di bus e metro: verrebbero garantite solo le fasce di punta, dalle 6 alle 9 del mattino e dalle 17 alle 20, anche per non incorrere in una denuncia per interruzione di pubblico servizio, mentre le fasce di cosiddetta “morbida”, cioè quelle non di punta, sarebbero a rischio, se non addirittura cancellate. «La città vivrebbe come se dovesse affrontare ogni giorno uno sciopero generale dei trasporti» dicono all’assessorato della Mobilità.
MANUTENZIONE STRADALE E SCOLASTICA
«Se dovessi risistemare con gli stanziamenti attuali tutte le strade
romane, 5.500 chilometri di asfalto, ci metterei 52 anni per finirle» si dispera l’assessore ai Lavori Pubblici Paolo Masini. «Stesso discorso per i tombini: con i soldi che ho riesco a pulirne sì e no 20mila l’anno, e siccome sono 500mila, la pulizia si finirebbe fra 24 anni». Se poi l’approvazione del bilancio dovesse tardare, la manutenzione si bloccherebbe del tutto: buche e voragini, specie quelle create dalla recente alluvione, resterebbero lì. Come pure la manutenzione scolastica: «Oggi, per questo capitolo, in cassa abbiamo appena 5mila euro».
PULIZIA DELLA CITTÀ E RIFIUTI
Già il servizio di spazzamento e raccolta, a Roma, lascia parecchio a desiderare. Con la scure sui finanziamenti comunali, sarà destinato a peggiorare a causa della riduzione dei turni di lavoro. L’estrema ratio di un piano che prevede: la chiusura di tutti i bagni pubblici della città; niente più cancellazione di scritte e defissione di manifesti abusivi; e neppure la pulizia in occasione di manifestazioni, eventi pubblici e visite ufficiali di delegazioni straniere e capi di Stato.
Servizi sociali e scolastici
Nel giro di qualche settimana scatterebbe la paralisi dei servizi di base: gli anziani e i disabili non riceveranno più l’assistenza domiciliare, chiuse le case di riposo, le mense per i senza dimora, i centri di accoglienza per i minori. E alla Scuola non andrebbe meglio. Via le mense di materne ed elementari, ogni bambino dovrà portarsi il pranzo da casa; via il servizio di trasporto per i disabili e la pulizia di nidi e asili. Con drastica riduzione degli orari di apertura a causa della contrazione del personale.
MUSEI
Fermo restando che «un taglio del 90% non sarebbe sostenibile», spiegano a Zétema, la controllata che gestisce musei civici ed eventi culturali, se si dovesse comunque operare una sostanziale riduzione del budget almeno 5 o 6 musei comunali su 19 chiuderebbero e tutti potrebbero restare aperti solo mezza giornata. «Ma sarebbe come tornare indietro di cinquant’anni».