Gian Antonio Stella, Sette 28/2/2014, 28 febbraio 2014
RENZI METTA ORDINE NEI “DISTACCATI”
«Voglio la testa di Lubiana», avrebbe detto Tommaso Conti, il sindaco di Cori, antichissima cittadina ai piedi dei monti Lepini, in provincia di Latina, richiamandosi al film Voglio la testa di Garcia di Sam Peckinpah. C’è da capirlo. Anzi, è probabile che tutti i cittadini che aspirano a un’Italia diversa sgombrata dai furbetti del quartierino, conoscendo la storia, vorrebbero la testa di Lubiana. Metaforica, s’intende. Sarebbe sufficiente il licenziamento. Magari accompagnato da un mazzo di fiori: «S’accomodi, signorina, si cerchi un altro lavoro». La ricordate? Lubiana Restaini finì per qualche giorno sui quotidiani, un paio di anni fa, come “la Dama Bionda della Lega”. Era lei, infatti, la signora bionda assai vistosa e vistosamente vestita che stando all’inchiesta sul pasticciaccio brutto degli investimenti del Carroccio a Cipro e in Tanzania, mise in contatto l’imprenditore veneto Stefano Bonet, uno che secondo il Gazzettino di Venezia “moltiplicava i soldi senza averli”, con i vertici di via Bellerio. Vicinissima a tutti gli uomini che contavano nel partito del Nord passava per tutti come “distaccata in Parlamento” e, scrisse Repubblica, si tirò addosso l’attenzione dei magistrati (anche se non risulta essere stata indagata) quando saltò fuori che Bonet l’aveva «dotata di due schede telefoniche internazionali (una senegalese e una bengalese) per le “comunicazioni riservate”». E fu a lei che, come raccontò l’Ansa da Catanzaro, il faccendiere veneto mandò una specie di rapporto sulla faccenda degli investimenti africani finito in un dossier della Dia girato alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria: «Cara Lubiana, aggiornandoti dello stato dell’arte in merito ai fondi Tanzania, ti informo…». «Il gruppo della Lega Nord alla Camera dei deputati ribadisce ancora una volta, come già fatto nei giorni scorsi», si affrettò a dire il Carroccio in un comunicato, «che la signora Lubiana Restaini non è mai stata dipendente del gruppo parlamentare alla Camera, come invece, anche oggi, viene erroneamente riportato da alcuni quotidiani». Quindi? Chi pagava lo stipendio alla signora che tutti pensavano in servizio “oggi qui, domani là” in vari Palazzi della politica?
E torniamo a Cori. Ripartendo dalla cronaca sul corrieredilatina.it di Daniele Vicario il quale racconta come, su richiesta del sindaco di cui parlavamo, “la Guardia di Finanza di Cisterna (…) sta indagando sul curriculum della vigilessa di Cori che da quando è stata assunta in Comune – era il 2 gennaio 1999 – ha effettivamente lavorato (nel senso fisico del termine) circa 446 giorni nell’amministrazione lepina. Quattrocentoquarantasei. Poco più di un anno in quasi quindici lunghi anni di contratto”. E il resto del tempo? Distaccata. Ammalata. In ferie. Assente in aspettativa. Già nel maggio del 2008, racconta Vicario, il sindaco aveva scritto all’allora ministro anti-fannulloni Renato Brunetta lagnandosi della dipendente che aveva accumulato una montagna di assenze “sotto le voci malattia, ferie e infortunio”. Specificò per esempio che nel 2006 aveva inanellato “187 giorni di malattia e 116 di ferie, nel 2007 64 giorni di malattia e 218 giorni di infortunio e nel 2008, cessato l’infortunio, sono partiti altri 144 giorni di malattia”. Da allora in avanti, stessa storia: ora un distacco da una parte, ora un distacco dall’altra, ora una malattia, ora un periodo di ferie… Un peso morto per qualunque datore di lavoro. Più che mai per un comune alle prese con le difficoltà dei municipi in questi anni di vacche magre.
Un rubinetto che perde. Ecco, al di là dei destini personali della Dama Bionda cui dà evidentemente fastidio fare la vigilessa là dove viene pagata, un borgo troppo piccolo per le sue ambizioni, se Matteo Renzi vuole davvero mettere un po’ di ordine nel caos dei pubblici dipendenti, cominci da qui. Cominci imponendo di fare chiarezza sui “distacchi”. Perché, per dirla con un eufemismo, sono un tale casino che dopo anni e anni il datore di lavoro ufficiale (i comuni, le province, le regioni, la magistratura e così via) a volte non sa più dove sia finito questo o quel dipendente disperso nei meandri della burocrazia statale o sindacale. Per fare un solo esempio: dice un’inchiesta del quotidiano on-line tecnicadellascuola.it che i dirigenti della scuola (solo i dirigenti, poi ci sono i professori, i bidelli…) che risultano distaccati come dirigenti sindacali sono un esercito: 681. Che senso ha? Dopo avere visto abusi di ogni genere, non sarebbe ora di chiudere questo rubinetto che perde?