Massimo Solani, l’Unità 27/2/2014, 27 febbraio 2014
OMICIDIO STRADALE – [CENTINAIA DI MORTI MA IL REATO NON C’È]
«Un’emozione grande e inaspettata». Stefano Guarnieri è il papa di Lorenzo, che la notte del 2 giugno 2010 nel parco delle Cascine a Firenze fu investito ed ucciso da un’auto guidata da un uomo ubriaco e sotto effetto di sostanze stupefacenti. Aveva diciassette anni Lorenzo, stava finendo il quarto anno di liceo scientifico, progettava un viaggio all’estero con gli amici e giocava a volley. «L’uomo che l’ha ucciso si chiama Piero Passerò, oggi ha 49 anni, non ha fatto un minuto di carcere e non ci ha mai cercato, neppure per chiederci scusa», ricorda mamma Stefania. Del loro caso, del destino che si è portato via Lorenzo e della battaglia giudiziaria che Stefano e Stefania hanno combattuto nel nome di quel ragazzone a cui hanno dedicato una onlus per salvare vite umane dalla violenza stradale, ha parlato il presidente del Consiglio Matteo Renzi chiedendo la fiducia al Senato. Fu infatti lui, da sindaco di Firenze, a firmare per primo la proposta di legge per introdurre il reato di omicidio stradale. «Abbiamo raccolto più di 76mila firme – ricorda Stefano Guarnieri – Adesso vorremmo che quella norma possa diventare una realtà». L’uomo che uccise Lorenzo, in tribunale, fu condannato a due anni e otto mesi di reclusione. «La stessa pena che rischia chi ruba un portafogli sull’autobus», ripete sconsolato papà Stefano.
In Italia, nel 2012, 3653 persone hanno perso la vita in incidenti stradali e la causa di un terzo dei sinistri secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ma la stima è approssimata per difetto a causa di un complicato sistema di catalogazione delle cause) sarebbe provocata dall’abuso di alcool o dall’uso di sostanze stupefacenti. «Stato psicofisico alterato», certificano freddamente le statistiche burocratiche. «Vi rendete conto cosa possa diventare incontrare nel giorno del 18° compleanno di Lorenzo i suoi amici che festeggiano il suo compleanno senza di lui ricordandolo? – ha insistito Renzi a Palazzo Madama – Vi rendete conto di cosa possa significare andare a dire che io rappresento le istituzioni? E vi rendete conto che sguardo vi gettano addosso quelle ragazze e quei ragazzi, accusando la politica di non essere capace di dare delle regole chiare, delle regole che non valgono semplicemente un dibattito politico, ma che valgono la vita di un ragazzo come loro? Questa è la vita reale che vorremmo informasse di più la discussione sulla giustizia».
Così, nel giorno del dibattito sulla fiducia al governo, per la prima volta un presidente del consiglio è tornato a parlare del reato di omicidio stradale per chi ha causato vittime guidando in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, un tema che la politica ha ricorrentemente sollevato per poi lasciarlo cadere nel silenzio. Il giorno di Ferragosto del 2011 lo fecero l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni e il Guardasigilli Nitto Palma dopo il caso di un automobilista albanese ubriaco che, guidando contromano e ubriaco sulla A26 Voltri-Sempione, si era scontrato frontalmente con un’auto uccidendo 4 giovani turisti francesi. Non se ne fece nulla. Tornò a parlarne, nel febbraio 2012, l’allora ministro dello Sviluppo economico e dei Trasporti Corrado Passera nel corso di una audizione della Commissione Trasporti alla Camera. Anche in quel caso, però, il suo impegno restò lettera morta. Fino al 1 gennaio scorso quando l’allora ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri promise la presentazione di un disegno di legge apposito, o addirittura di un decreto, entro la fine di gennaio. Anche in quel caso, a scuotere l’opinione pubblica erano stati alcuni drammatici fatto di cronaca, con una bimba di 9 anni, Stella Manzi, uccisa vicino Roma mentre viaggiava in auto con la mamma a Santo Stefano e due donne morte sulla Salerno-Reggio Calabria. Gennaio, però, è passato, il governo Letta è caduto e la discussione è ancora ferma al palo.
Lo sa bene Umberto Guidoni, segretario generale Fondazione Ania per la Sicurezza stradale, che da anni si batte per l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio stradale. «I fatti di cronaca rilanciano sistematicamente il dibattito, e per questo abbiamo accolto con favore le parole del premier Matteo Renzi – commenta – Siamo convinti che è necessario fornire ai giudici uno strumento che renda certa la pena nei confronti di chi commette quelli che, in taluni casi, sono dei veri e propri omicidi. Quando ci si mette alla guida con un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o sotto l’effetto di droghe, si deve superare il concetto della sola colpa e configurare l’ipotesi di dolo eventuale del conducente e cioè che porsi alla guida in determinate condizioni significa accettare il rischio di poter provocare un danno gravissimo, fino alla morte».
In Italia, oggi, il reato stradale rientra nella fattispecie colposa ed è punito con la reclusione da due a sette anni mentre le lesioni personali colpose, perseguibili solo su querela, prevedono una pena che va da uno a tre anni. Diverso, invece, è il caso in cui l’incidente stradale sia provocato da una persona ubriaca o drogata, fattispecie per cui è prevista una reclusione da tre a dieci anni mentre qualora i morti siano molteplici «ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici». Sanzioni considerate un po’ da tutti sufficientemente eque se non fosse che quasi mai vengono comminate nella loro totale severità e che la loro connotazione colposa permette il ricorso al patteggiamento che prevede sostanziali riduzioni di pena. C’è poi la questione dell’arresto: i favorevoli all’introduzione del reato di omicidio stradale, infatti, premono perché sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza visto che con le norme attuali è possibile unicamente il fermo in caso di omicidio colposo plurimo.
Sul tema, però, dopo l’ultimo annuncio fatto dalla Cancellieri si è riacceso un dibattito che spacca a metà i commentatori. Fra i più scettici anche l’Associazione Nazionale Magistrati. «Si rischia di creare un equivoco. La norma di omicidio colposo per violazione del codice della strada esiste già», commentava a gennaio il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli citando il pacchetto sicurezza del 2008. «Tutte le volte che c’è un omicidio colposo sotto droga o alcool si invoca l’arresto in flagranza, ma questo già ora è possibile. Occorre coerenza – concludeva Sabelli – non ha senso da un lato chiedere più severità e dall’altro sostenere una riforma della custodia cautelare che, se approvata, renderebbe più difficile applicare misure agli autori di un delitto come questo».
Il dibattito, quindi, resta aperto e dopo le parole del premier Renzi ha avuto una nuova accelerazione. Se sarà destinato ad arenarsi di nuovo, soltanto il tempo potrà dirlo ma di certo leggi specifiche contro l’omicidio stradale esistono già nel Regno Unito e in Spagna. «La determinazione della natura delle infrazioni stradali, compresi i casi da considerare omicidi stradali e il tipo di sanzioni applicabili – ha spiegato il commissario europeo Siim Kallas nel marzo 2012 – non sono contemplati dalla vigente legislazione Ue in materia di sicurezza stradale e sono pertanto di competenza esclusiva delle autorità nazionali interessate». «Per ora parliamo dei reati di oggi», ha risposto ai cronisti ieri il ministro della Giustizia Andrea Orlando. E in quel «per ora» si specchia la famiglia di Lorenzo, e quella di centinaia di altre vittime della strada che aspettano ancora.